Jake Gyllenhall: “Stronger alla fine è un’opportunità di affrontare la vita”
Jake Gyllenhaal a Roma per Stronger insieme a Jeff Bauman: vero protagonista di una storia fatta di lotta e di vita.
Stronger è il film diretto dal regista David Gordon Green basato sulla storia vera di Jeff Bauman, interpretato magistralmente da Jake Gyllenhall. La storia narra di quest’uomo rimasto senza gambe dopo l’attacco terroristico di Boston del 15 aprile 2013. A parlare del film, dell’empatia e di insegnamenti, l’attore Jake Gyllenhaal e lo stesso Jeff Bauman, presenti alla dodicesima edizione della Festa del Cinema di Roma.
Jeff, come è stato vedere rappresentata la tua storia sul grande schermo e come si è arrivati alla parte produttiva del film?
“Ho prima cominciato con l’autore del libro e poi si è arrivati presto ad una sceneggiatura. È stato tutto molto veloce devo dire, era un periodo caotico, mi trovavo davvero all’inizio della mia ripresa. Presto siamo entrati in contatto con il regista, poi è arrivato Jake nel progetto, così il film è cresciuto sempre di più, per questo siamo qui.”
Jake, come mai hai deciso di interpretare un ruolo così difficile come quello di Jeff Bauman?
“Quando mi è arrivata la storia ho capito subito che poteva trattarsi di un film grazie al quale avremmo potuto comprendere qualcosa su noi stessi. Appena cominciata la lettura dello script poi ho riso appena arrivato a pagina quattro, questo perché Jeff è un ragazzo ironico e dal gran cuore. Di lui conoscevo solo la foto che girava dopo l’attentato. Quindi ho deciso di partecipare perché avrei avuto molto da imparare, Stronger è una storia di lotta, ma alla fine è l’opportunità di affrontare la vita.”
Come è avvenuto il vostro primo incontro?
Jeff: “Pensate, è stato in un ristorante italiano, ed ora siamo alla Festa di Roma. Come se la storia di chiudesse qui.”
Jake: “Trovo buffo ripensarci adesso, non mi sarei mai immaginato di arrivare a vivere un’esperienza del genere. Devo ammettere che ero intimidito, Jeff ha come una luce, una qualità diversa rispetto a ogni altra persona che ho conosciuto. Ci siamo conosciuti in questo ristorante e subito dopo aver parlato ho cominciato a pensare “Non ce la posso fare, non riesco, non posso farcela, non ho quella luce né le caratteristiche per sopravvivere.”. Poi improvvisamente dopo avergli stretto la mano mi sono trovato di fronte alla persona più gentile che avessi mai incontrato ed ho capito che avrei potuto farcela.”
Jake, quale è stata la lezione più importante che hai appreso partecipando al film Stronger?
“Credo che la cosa che ho imparato è stato che si è più forti nelle piccole cose, nei piccoli momenti. Tendiamo a definire le cose sui grandi momenti, ma sono quelli piccoli che ci toccano. Dove pensiamo di non farcela poi invece riusciamo. L’importante è esserci, è ascoltare. Questo è il succo dei rapporti reali e questa è la cosa più importante che ho appreso e sulla quale continuerò ad applicarmi.”
Come vi siete rapportati alla realizzazione di un film sul recupero post-traumatico e come lo vivete, soprattutto Jeff?
Jake: “Questo è un tema molto ampio. Ho degli amici militari, altri che sono stati nelle forze dell’ordine e che hanno passato un periodo di recupero post-traumatico. Il mio lavoro in quanto attore è quello di dover interpretare diversi mestieri, quindi ho parlato molto con queste persone. È bello poter apprendere dagli altri anche cose che magari non metterai nel film. Non dimenticherò mai il consiglio che mi ha dato una volta un soldato: tratta chiunque pensando che abbia un cuore spezzato. Jeff fa questo e insegna che tutto si può superare.”
Jeff: “Quello che mi piace di Jake nel film è che è riuscito a capire cose di me che neanche gli ho raccontato. Questo mi ha colpito molto. È riuscito a cogliere quella mia parte cupa, come nella scena della doccia. Dopo l’incidente tendevo ad isolarmi, bevevo molto, questo era il mio modo di affrontare il trauma subito, volevo sparire in un buco nero. Ed è su questo che ho dovuto lavorare molto e Jake lo ha rappresentato perfettamente nel film. Risulta infatti molto potente. In casi di recupero post-traumatico bisogna lavorare su sé stessi, sulla propria salute mentale e fisica. Ora ho una vita diversa, ho smesso di bere tanto, ho cura di me.”
Nel film si parla molto del rapporto con le persone, di quanto sia importante parlare, condividere. Cosa pensate dell’apertura verso gli altri?
Jeff: “Fare un libro e poi dopo un film mi hanno permesso di mostrare agli altri cosa di brutto può avvenire, far capire cosa significa essere disabili. Sono fiero del fatto che molte persone disabili potranno andare a vedere il film, per far capire che non si è soli. È questo che alla fine dice il film, è un tendere la propria mano. Anche per me la parte più difficile all’inizio è stato riaprirmi con gli altri.”
Jake: “Personalmente nel cercare di comprendere il vissuto di Jeff ho capito quanta confusione si era creata in lui nel vedersi trasformato come simbolo e quindi portatore di responsabilità. Quando vieni ferito davanti a tutti in quel modo incredibile, enorme, tutti vogliono aiutarti, ma alla fine rimangono l’ascolto e il sostegno le parti fondamentali. Per questo si fanno i film, per far vedere che ci sono situazioni non facili, ma si può comunque camminare accanto alle persone.”
Jake, la scelta dei tuoi film è sempre molto ponderata e questo ti permette di esprimerti in ruoli sempre molto importanti. Come si è formato questo percorso di scelta, che sembra avvicinarti molto a quello di tua sorella Maggie?
“Mia sorella ed io siamo stati allevati, come Jeff, da due incredibili e complessi genitori. La cosa importante che mi hanno insegnato è stata quella di credere sempre fermamente in quello che si vuole fare prima di compiere il primo passo. Avere la convinzione di fare qualcosa più grande di te, che ti fa entrare in un maggiore spazio creativo. Questo ci hanno indicato e ci ha dato motivo di intraprendere questo strana e meravigliosa professione. Anche Maggie mi ha insegnato moltissimo, essendo lei mia sorella maggiore, anche se i nostri percorsi sono differenti essendo lei una donna in questo settore. Cerca di affermarsi come cineasta e sfidare sempre i propri confini. È una tosta, che porta avanti i suoi ideali di femminismo ed io l’ammiro moltissimo. Per questo penso anche a lei quando devo accettare un ruolo in qualche film.”