Kaouther Ben Hania parla di Quattro figlie (Les filles d’Olfa): la nostra intervista alla regista e di quelle “inquietanti” scene di gioco

Dal tema della radicalizzazione allo stile di ripresa, dalla costruzione delle scene inquietanti ai prossimi lavori in cantiere. La nostra intervista alla regista dell'innovativo documentario Quattro figlie, presentato in anteprima italiana al Biografilm 2024.

In occasione dell’uscita nei cinema italiani, dal 27 giugno 2024, del docu-film Quattro figlie (Les filles d’Olfa), abbiamo intervistato la regista tunisina Kaouther Ben Hania (La bella e le bestie – Un certain regard 2017; L’homme qui a vendu sa peau – Selezione ufficiale Oscar 2021) la quale ha deciso, questa volta, di portare sul grande schermo il dramma della radicalizzazione in un racconto al femminile, che vede al centro una madre e il rapporto con le sue quattro figlie. È la storia di Olfa Hamrouni, una vicenda passata alle cronache e diventata molto nota in Tunisia: madre imperfetta ma tenace, che viene travolta quando due delle sue quattro figlie scompaiono; si radicalizzano, fuggono in Libia e si uniscono all’organizzazione terroristica Daesh. Da qui prende avvio un’irrimediabile discesa negli inferi per l’intera famiglia. Dopo essere stato candidato all’Oscar per il miglior documentario, essersi aggiudicato tre premi al Festival di Cannes e aver vinto numerosi riconoscimenti tra cui Miglior documentario ai César e agli Spirit Award, il lungometraggio di Kaouther Ben Hania, autentico e innovativo, è stato presentato in anteprima italiana al Biografilm 2024, nella sezione Beyond Fiction – Oltre la finzione, dedicata alla scoperta e all’espansione dei confini che separano finzione e documentario.

La nostra intervista a Kaouther Ben Hania, alla regia dell’innovativo documentario Quattro figlie, presentato in anteprima italiana al Biografilm 2024

Perché ha scelto di girare questo film?
Mi sono fatta una domanda, cercando di capire perché molte donne fanno questa scelta. Ho deciso perciò di lavorare su qualcosa che non capisco, che non arrivo a capire. Per cercare di capire…”.
Continuando a parlare del suo stile di ripresa Kaouther Ben Hania ha detto: “ho raccontato la storia delle figlie di Olfa attraverso una ricostruzione un po’ brechtiana, cioè usando gli attori per analizzare la situazione, per entrare nell’interiorità dei personaggi”

Il suo stile di ripresa ci ha colto di sorpresa, è il punto forte del film. Lo aveva immaginato così sin dall’inizio?
No! Inizialmente volevo fare un documentario in modo più classico, con interviste e immagini d’archivio, e poi mi sono accorta che non era la forma giusta per raccontare questa storia. Ho preso le distanze, ho fatto il mio film precedente; e quando sono tornata sul progetto, mi sono accorta che la soluzione poteva essere quella di andare a scavare nel passato di queste donne partite per l’Isis. Allora, come filmare il passato per ripercorrerlo? Il modo molto più usato è quello di fare una ricostruzione, cioè far interpretare a degli attori i personaggi, ma io ho utilizzato questo metodo in modo un po’ brechtiano, cioè usando degli attori che non servono solo a raccontare la storia, a interpretare un personaggio, ma anche ad analizzare la situazione; facendoli entrare, in modo introspettivo, nell’interiorità dei loro personaggi“.

“Le scene di gioco inquietanti con le quattro sorelle sono state improvvisate. Facevo raccontare alle minori e alla madre un ricordo al giorno, poi questi venivano messi in scena insieme alle attrici che interpretano le sorelle maggiori”

Ci hanno colpito anche le scene con le sorelle minori che interpretano se stesse, sui loro giochi inquietanti. Potrebbe svelarci qualcosa sulla loro costruzione?
Ha funzionato così: facevo raccontare alle sorelle minori e alla madre Olfa un ricordo al giorno, poi questi venivano messi in scena, li interpretavano insieme alle attrici nel ruolo delle sorelle maggiori che mancano. Ho dato carta bianca e le due sorelle minori sono molto brave, come la madre, a parlare ma anche a giocare: hanno iniziato a giocare con le due attrici, sono diventate amiche, una nuova famiglia. Ma in grandissima parte queste scene sono state improvvisate“.

Lei stessa si è messa in gioco nel film, perché?
La mia presenza è solo come voce dietro la macchina da presa. In realtà Quattro figlie è un metafilm – un film su un film – che viene girato, dove avviene la rottura della “quarta parete”. Quindi, mi sono chiesta, perché non far vedere chi lo dirige?

Ha già pensato al prossimo film? Magari sarà un altro lavoro al femminile
(Sorride) “In effetti ho due nuovi progetti, sono entrambe storie di donne“.