Costanza Quatriglio parla de La bambina che non voleva cantare: “una favola con i toni del realismo magico”
La regista palermitana racconta a Cinematographe.it il processo creativo che l'ha portata a realizzare il film ispirato alla storia di Nada, ma anche qualche curiosità dietro le quinte e i suoi progetti per il futuro.
Il cinema può essere tante cose per ciascuno di noi, ma per qualcuno è una vera e propria vocazione. Lo è sicuramente per Costanza Quatriglio, giovane regista originaria di Palermo che si è fatta notare negli ultimi anni per i suoi lavori, sempre caratterizzati da una commistione di generi davvero unica. Lo ha dimostrato con il film L’Isola, presentato nella sezione Nuovi Territori della 60° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, e con il documentario Terramatta, Nastro d’Argento per il Miglior Documentario 2013. E poi lo ha confermato con Triangle, prodotto unico grazie alla sua forte commistione tra finzione e documentario. L’amore per il cinema del reale, e per il mescolare realtà e immaginazione, c’è sempre stato nei lavori di Costanza Quatriglio, e si ritrovano anche nella sua ultima opera. Si tratta di La bambina che non voleva cantare, film andato in onda il 10 marzo su Rai Uno e incentrato sull’infanzia di una grande della musica italiana, Nada.
La bambina che non voleva cantare: Costanza Quatriglio racconta come è nata l’idea del film
Come mai la scelta sia ricaduta proprio sulla vita di questa artista ce lo racconta Costanza in persona, nell’intervista rilasciata a Cinematographe.it: “L’idea è nata quando ho letto il libro di Nada Il mio cuore umano, l’autobiografia del 2008 in cui Nada racconta, con sguardo incantato di bambina, l’infanzia e l’adolescenza nel suo paese di origine in provincia di Livorno, Gabbro. L’affresco di un’epoca lontana in cui spicca la storia di una bambina dal talento straordinario con la mamma preda di una forte depressione. Ho capito che c’era un grande potenziale. Così, qualche mese dopo, nel 2009, con Nada abbiamo realizzato il documentario il cui titolo è preso a prestito proprio dal libro, film che abbiamo presentato al Festival di Locarno ed è andato in onda su Rai3: lì racconto “il cuore umano” di Nada artista, la sua straordinaria poliedricità e il fatto che per tutta la vita ha fatto i conti con la figura della madre, tanto amata ma anche tanto complessa. La genesi del film, quindi, è legata a un processo creativo che mi ha permesso di elaborare questi aspetti sinceri della vicenda esistenziale di Nada e farne materia narrativa. La chiave di lettura è quella di una bimba che canta nella speranza di guarire la madre dalla depressione, sebbene non ami esibirsi, non ami andare alle lezioni di canto né partecipare alle gare canore.”
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Ma come ha reagito Nada, quando le è stato proposto un film sulla sua vita? La cantante ha raccontato come, all’inizio, si sentisse un po’ titubante all’idea che la sua infanzia diventasse un film, soprattutto visto che lei è ancora in vita. Poi però ha ascoltato l’idea di Costanza e ha deciso di darle fiducia, come ci racconta la regista: “Nada ha avuto molta fiducia in me, questo mi ha dato libertà nell’approccio al film che avrei fatto. Mi sono potuta permettere questa libertà proprio perché conoscevo bene i fatti e la sincerità dei sentimenti di Nada, avendoli condivisi con me a partire già dalla realizzazione del documentario. Nada quindi ha letto la sceneggiatura una volta che è stata scritta, e ha visto il film finito, una volta chiuso il montaggio. Una cosa bellissima che abbiamo fatto io e Nada insieme è stata quella di cercare nel suo quaderno di canzoni di quando era ragazza i titoli che la nostra protagonista avrebbe cantato nelle scene del film. È stato un bel viaggio nella tradizione della canzone italiana, ho cercato di restituire questo viaggio nel film”.
Dietro le quinte: la scelta della protagonista Tecla Insolia, il rapporto con la musica e gli aneddoti dal set del film Rai
Trasformare un libro in un’opera visiva non è mai semplice, e anche se Costanza Quatriglio già aveva trattato la storia di Nada, adattarla in un film è stato un processo creativo che ha rappresentato una sfida stimolante. “L’aspetto che mi è piaciuto di più del lavoro di trasposizione del racconto autobiografico di Nada è stato anche quello che mi ha messo alla prova: indovinare il tono del racconto.” spiega Costanza “Il libro ha una voce persino ironica su un dramma esistenziale fortissimo; io, dal canto mio, ho deciso che avrei realizzato una favola con i toni del realismo magico e così, sia nella fase di sceneggiatura condivisa con Monica Rametta che nella messa in scena e nel lavoro con gli interpreti mi sono fatta guidare da questo desiderio cercando di non tradirlo nemmeno nelle scene in cui si esprime dolore e commozione.”
A complicare ulteriormente la trasposizione, nel caso de La bambina che non voleva cantare, ci si è messo anche l’aspetto musicale. Dato che Nada è una cantante, la musica era un elemento fondamentale del film, che ha richiesto tutto un processo di selezione a parte. Come si fa a scegliere i brani giusti, le melodie giuste, che rappresentino esattamente il tipo di sentimenti che si vogliono trasmettere? “L’aspetto musicale del film è nato insieme all’idea. Ho sempre trovato interessante che a una bimba molto piccola si insegnassero canzoni d’amore con testi romantici e appassionati. Quelle canzoni hanno contribuito a costruire un immaginario, ed è questo immaginario uno dei temi portanti del film. Ecco perché il film è un viaggio anche attraverso la nostra memoria, il sentimento collettivo di appartenenza a qualcosa che ci riguarda. Questa cosa l’ho sperimentata su di me perché dopo aver cercato le canzoni da inserire nel film, ho scelto quelle che stavano da qualche parte depositate nella mia memoria di bambina perché le cantava mia zia.”
Alla luce di questo, era ancora più fondamentale trovare la perfetta protagonista, una ragazza giovane che sapesse anche cantare, e che trasmettesse la profonda dolcezza e fragilità della piccola protagonista. Costanza ha trovato la “sua” Nada nel talento di Tecla Insolia, che ha spiccato nei casting tra tante giovani colleghe: “Ho scelto Tecla sulla base di un provino molto convincente. Con la casting Chiara Polizzi cercavamo bambine e ragazze che sapessero, prima di tutto, essere delle interpreti convincenti sul piano della recitazione, anche se naturalmente cercavamo anche tra le giovani cantanti. Di Tecla abbiamo intuito la sensibilità. Sul set infatti Tecla si è rivelata capace di sentire le emozioni delle scene in modo profondo e raro. Considero la sensibilità, insieme al talento indiscusso, la sua maggiore virtù.” Ma tutti sul set hanno dovuto fare i conti con il Covid, visto che il film è stato girato a ottobre, quando la seconda ondata di pandemia stava incalzando. La paura più grande? Quando proprio Tecla ha preso il virus. “Tecla si è ammalata di Covid prima delle riprese. Abbiamo stravolto il piano di lavoro per terminare tutte le scene senza di lei e, per fortuna, quando le abbiamo terminate, dopo qualche giorno è tornata sana come un pesce.” ci racconta Costanza “Oltre a questo, abbiamo avuto le difficoltà di tutti i set in questo periodo, mascherine, tamponi, l’ansia dei risultati…”
Nonostante tutto, però, alla fine Costanza e la troupe sono riusciti a portare a termine il lavoro di La bambina che non voleva cantare, e a farlo debuttare in televisione. Sono tantissimi i momenti che la regista potrebbe raccontarci del dietro le quinte del film, ma quando le chiediamo un aneddoto particolare, le viene in mente una scena precisa, quella della partenza di madre e figlia nella nebbia: “Avevo desiderato tantissimo che ci fosse la nebbia. Era un desiderio segreto, impossibile da condividere con un piano di lavorazione che non ci avrebbe consentito di girare così tanto presto al mattino e invece… la nebbia ci ha aspettato! Mi ha permesso di girare la scena e solo quando ho finito, allo stop dell’ultimo ciak, se ne è andata. L’ho considerata un riconoscimento per la parte documentaristica di me che sa il valore dell’attesa.”
Quali sono i progetti futuri di Costanza Quatriglio?
La pandemia non ha colpito solo l’aspetto lavorativo, ma anche la vita quotidiana di tutti noi e le nostre abitudini. “Mi mancano gli spostamenti.” ci racconta Costanza “La prima cosa che farò quando tutto questo sarà finito è ricominciare a viaggiare. Questa situazione è difficile, e cosa mi ha insegnato non lo so. Sto ancora imparando.”
Le abitudini cambiano, ma la vita continua e, per fortuna, fare progetti non costa nulla. Quando le chiediamo che cosa prevede per il suo prossimo futuro, la regista ci risponde: “Spero di poter presto tornare sul set, vorrei fare un film su una grande donna.”
Dopo averle chiesto della lavorazione del film, degli aneddoti dietro le quinte e dei suoi progetti futuri, non abbiamo potuto non chiedere a Costanza Quatriglio qualche curiosità culinaria per la nostra rubrica Cinematografood. “In cucina mi diverto a fare piatti tradizionali e a inventare. Mi piace indovinare anche i cibi di altri paesi, a volte ci azzecco, altre volte rimangono esperimenti e ciao!” ci racconta. E se La bambina che non voleva cantare fosse un piatto, una bibita o un luogo, quale sarebbe? “Direi che se fosse un piatto sarebbe la crostata di mele di mia nonna. Se fosse una bibita, un bicchiere d’acqua e anice. Se fosse un luogo, sarebbe il pianoforte di mio zio.”