Paola Cortellesi e Michele Soavi su La Befana vien di notte: una vera supereroina!
Un film per ragazzi e adulti, che regista e cast sperano possa diventare nel tempo un punto di riferimento per le feste natalizie.
Ogni anno, il 6 gennaio, una vecchina con le scarpe rotte entra nelle case per lasciare doni e carbone ad ogni bambino. Quest’anno, quella simpatica donnina, ha decido di passare per ben due volte durante queste feste, non aspettando l’anno nuovo, ma giungendo prima ancora nelle sale cinematografiche. Esce il 27 dicembre La Befana vien di notte, ultimo film di Michele Soavi, sulla sceneggiatura dell’ormai noto Nicola Guaglianone. Una Befana che si trasforma tutte le notti dalla mezzanotte fin alle otto del mattino, quando prende le sembianze di una donna qualunque, interpretata da Paola Cortellesi. Il film ha richiesto, dunque, un gran lavoro di trucco, così come lo sforzo di affrontare il freddo e le intemperie per la lavorazione, di cui ci parlano regista, sceneggiatore, protagonista e il cattivo della pellicola, un Stefano Fresi tra giocattolaio e Umpa Lumpa.
Paola, cosa hai pensato quando ti hanno proposto il ruolo della Befana? E come è stato poi dover indossare i panni di questo personaggio, nella mente e nelle storie di tutti dall’aspetto rugoso e vestita di stracci?
“Per togliere ogni dubbio sul fatto che fossi adatta al ruolo mi sono fatta vedere di mattina appena sveglia così sapevano che la Befana potevo interpretarla tranquillamente senza trucco! In ogni caso il mio interpretare questo ruolo era anche un po’ il cercare di sdoganare quello che da tutti viene riconosciuto come un insulto. In questo caso, ho visto la Befana più come una supereroina, cosa che, in genere, sono tutte le donne. Ha una doppia finalità nel film: sia quella di consegnare i dolci, sia quella del ruolo da insegnante, che si propone di formare i caratteri dei più piccoli. Dà loro importanti insegnamenti, tra tutti quello di prendere le misure gli uni con gli altri e imparare a vivere in società e in gruppo. Il consiglio della maestra è questo: non si combina molto da soli, in squadra invece si vince. E questa è un’occasione per capirlo tutti.”
A livello di trucco, come è stato affrontare il cambiamento da semplice Paola a Befana?
“Ci mettevamo ogni volta quasi cinque ore di trucco, prendeva davvero molto tempo. Era incredibile però, era uno di quei trucchi che asseconda le espressioni quindi non mi ci perdevo dentro.”
Lo scorso anno, nello stesso periodo delle feste, sei stata campione di incassi con Come un gatto in tangenziale. Speri di fare il bis anche con La Befana vien di notte?
“Non è a quello a cui penso quando faccio un film. L’unica cosa che davvero spero è che possa diventare un classico del genere. È un film fatto per i bambini, per ricordare loro che è importante continuare a credere. Bisogna alimentare i sogni. Spero lo vedano in tanti e che i piccoli possano apprezzarlo, e così anche i grandi.”
E come la metti con tua figlia piccola? Non si è fatta qualche domanda vedendoti nei panni della Befana?
“L’ho pensata bene. Ha seguito tutta la trasformazione, le ho fatto vedere il trucco in modo che non si impressionasse. Sul set però era timorosa vedendomi conciata in quel modo, non voleva neanche avvicinarsi. Lei sa che sono un’attrice e faccio per finta, ma le ho detto che interpretavo un personaggio veramente esistito. L’unica cosa che mi ha poi chiesto è se la Befana ha visto il film.”
È da diverso tempo che, oltre alla recitazione, ti dedichi anche alla parte della sceneggiatura. Sei intervenuta su questo script?
“Non metto bocca sulle sceneggiature altrui. Ma Nicola è un grande sceneggiatore, questo significa che ascolta tutti e chiede se si hanno dei consigli. Così gli ho proposto l’odio della Befana verso Babbo Natale e lui l’ha accolta.”
Nicola, vuoi raccontarci, dunque, la nascita della tua Befana e della storia che le hai creato attorno?
“È una storia che contiene una contaminazione di generi diversi. Forse la Befana è il primo supereroe della mia infanzia. Volevo unirle questo immaginario degli anni ’70-’80, che si rifà tanto a Gremlins o a I Gooneis. Mi piaceva poter rendere dei giovani ragazzi il centro del racconto e mostrare come giungono veramente ad un’epifania, che non è un regalo materiale, ma capire come superare le loro paure. È un lato che avvicina molto il film ad un coming-of-age. Anche la Befana poi ha una propria paura, che è quella di poter essere libera di amare nonostante la sua maledizione.”
Quello sguardo finale che ci riserva la Befana, potrebbe star a significare un ritorno?
“Mamma mia, i sequel stanno diventando la mia persecuzione! Nelle masterclass che tengo, dopo che per una o due ore ininterrottamente parlo di sceneggiatura, la prima domanda che mi fanno è se gireremo il sequel di Lo chiamavano Jeeg Robot. Comunque, tornando alla Befana, è un finale che non chiude definitivamente. Ho amato talmente tanto tutti i personaggi che mi dico, perché no…”
Paola Cortellesi: “Spero che La Befana vien di notte possa diventare un classico delle feste”
E Michele Soavi, come sei arrivato alla regia di La Befana vien di notte?
“Qualcuno, non so ancora chi, ha detto alla produzione che sarei stato un regista adatto a questo film. Che sarei stato il solo a poterlo fare. Perciò che dire, sono contento di come è andata.”
Cosa hai pensato quando hai letto la storia e mentre ti sei messo al lavoro per girarla?
“La Befana vien di notte è un film per sognare. Quello che ha scritto Nicola è una di quelle storie con cui noi siamo cresciuti. Quando ero piccolo molti film di genere con effetti visivi, anche di avventura, erano nostri. Purtroppo ora sono dominio degli americani. Sarebbe bello se questo piccolo film potesse far risorgere quel cinema italiano di cui eravamo campioni indiscussi. Speriamo sia un nuovo inizio. Ringrazio molto i bambini per aver avuto la pazienza di sopportarmi, ma devo dire che sono stati tutti preparatissimi. E spero che abbiano imparato qualcosa con questo film, che i sogni devono sempre venir alimentati.”
Come sono stati i giovani attori sul set? E quali motivazioni vi hanno spinto a scegliere loro?
“Devo ringraziare Stefania Rodà per il magnifico lavoro di casting che ha svolto. Abbiamo fatto una tonnellata di provini e alla fine abbiamo scelto questi mascalzoni. Avevamo l’intenzione di incrociare le razze, essendo diventati degli italiani multirazziali e sono felice dell’assortimento di personalità che ognuno ha portato. Anche nei campi lunghi nessuno poteva sbagliarsi nel riconoscerli, hanno tutti una propria aurea.”
P.C.: “Vero, lavorare con i bambini poi è stato bellissimo, sono davvero straordinari. L’ho ripetuto per tutto il film. Ero ammirata dalla loro preparazione e dalla professionalità mostrata, più di molti adulti che fanno questo mestiere. Sapevano tutte le battute e sapevano come meglio interpretarle. Noi spesso ci stancavamo, anche a causa del freddo, ma la loro energia era sempre incredibile.”
Stefano Fresi: “Concordo con Paola. È stato bello lavorare con questi ragazzacci. E menano davvero! Meno facile, da cattivo, era odiare la Cortellesi, anche se ero felice di interpretare il mio Mr Johnny. Anche perché, quando era più piccolo mio figlio, facevo una pubblicità in cui ero Babbo Natale, quindi lui non solo è convinto che, insieme alla Befana, esiste, ma anche che è suo padre.”
Avete accennato al freddo e alle difficoltà sul set. Sono state molte?
M.S.: “Abbiamo sofferto il freddo come cani. L’ultimo giorno in Trentino è stato faticosissimo, bisognava girare la scena con i bambini a bordo della bicinave. Neanche il momento di finire di dire “Grazie” per la conclusione delle riprese, che già erano fuggiti tutti per il freddo.”
S.F.: “Pur non avendo un corpo esile, la leggerezza della mia mente penso riesca ad essere trasposta anche nei miei movimenti e, questo, credo si veda. Poi gli stunt ci hanno aiutato molto, così come il reparto costumi e tutti gli altri. Insieme, anche la cosa più difficile, si riesce a fare.”
P.C.: “Le difficoltà c’erano, ma erano programmate. Come le mie scarpe rotte in Alto Adige. Ma lo sapevamo, avevamo letto la sceneggiatura ed eravamo pronti ad affidarci a persone più che competenti.”