La cosa migliore: intervista agli attori “il vero modo per combattere la discriminazione è informarsi” [VIDEO]
La nostra video intervista agli attori Abdesammad Bannaq e Lawrence Hecham Ebaji del film La cosa migliore, da Alice nella città 2024.
La cosa migliore, diretto da Federico Ferrone e con nel cast Luka Zunic, Abdessammad Bannaq, Lawrence Hachem Ebaji, Fabrizio Ferracane, Giulia Valenti e Francesca Rabbi è stato presentato alla 22ª edizione di Alice nella città, durante la 19ª Festa del Cinema di Roma. Un film che tratta numerose tematiche, dall’adolescenza all’elaborazione del lutto, dalla fede islamica all’estremismo religioso, fino alle varie situazioni e vicende che si diramano attorno a queste dinamiche. Trattando anche la componente religiosa, scegliendo di concentrarsi sulla comunità islamica, il film tocca anche il tema del razzismo, della discriminazione, della scelta di convertirsi e abbracciare un altro credo. L’adolescente al centro della storia è un simbolo delle inquietudini comuni e di un vuoto, presente in Occidente, un bisogno di appartenenza che rimanda a forme diverse: la religione, la musica, lo sport, la politica. Ambientando la storia in Occidente, la scelta dell’islam, a detta del regista Federico Ferrone, poteva essere un’attrattiva molto forte, mostrando queste fede come portatrice della sua dimensione egualitaria, transnazionale e spirituale. Sensazioni e scelte si legano infatti tanto al personaggio principale della storia quanto a un’esigenza universale.
Protagonista del film La cosa migliore è Mattia, 17enne nato e cresciuto nella provincia post-industriale del nord Italia. Ragazzo sensibile e fragile, si sente spesso arrabbiato con il mondo, ricercando quel senso di spensieratezza che in passato aveva cercato di trovare attraverso la connessione con la musica. Ma più di tutte le sue certezze e il mondo attorno a sé hanno iniziato a crollare quando ha perso suo fratello. Sentendosi responsabile e non trovando il confronto con la propria famiglia e i propri amici, Mattia, lavorando in fabbrica, conosce Murad, collega marocchino che gli rivela un’importante verità e cioè che suo fratello frequentava la moschea. Mattia, dapprima evasivo, entra in confidenza con Murad e si avvicina all’islam. Fa poi amicizia anche con Rashid, fratello di Murad. L’islam per Mattia non rappresenta solo ciò che viveva il fratello poco prima di morire, ma anche quel senso di appartenenza, fratellanza e accoglienza. Mattia sente di star dando un senso alla propria vita. Almeno fino a quando non rischia di imboccare una strada pericolosa, e cioè quella della violenza.
La cosa migliore: intervista video agli attori Abdessamad Bannaq e Lawrence Hachem Ebaji
Gli attori Abdessamad Bannaq e Lawrence Hachem Ebaji, che prestano il volto rispettivamente a Murad e Rashid, hanno raccontato i loro personaggi, soffermandosi sulla comunità islamica e sulla connessione tra l’islam e l’avvicinamento alla violenza del personaggio di Mattia. Come si evidenzia dal film, esiste l’islam di Murad e quello di Rashid, e solo il secondo è quello estremista che porta Mattia a isolarsi, a radicalizzarsi e a rischiare di perdere se stesso. Ma l’ambito religioso, come ogni altro, può essere intaccato dalla violenza e dalla rabbia. Poteva trattarsi della religione come di qualsiasi altro settore, la stessa fede islamica non viene vista con l’accezione sovversiva del fanatismo religioso. Abdessamad Bannaq e Lawrence Hachem Ebaji hanno sottolineato l’importanza di capire che “l’islam non è estremismo“, comprendendo a pieno come Mattia abbia conosciuto la persona sbagliata, nel film Rashid, nel momento in cui è più vulnerabile, e quindi nel momento giusto, dal punto di vista di Rashid, che aveva l’intento di “arruolarlo”. La vera arma per combattere la discriminazione e l’astio che si prova verso chi ha un altro credo o verso chi è originario di altri Paesi è l’informazione, solo così si può evolvere ed entrare in contatto con le persone e con il mondo. “È importante che il film non porti a giudicare“, ha affermato l’attore Lawrence Hachem Ebaji. La cosa migliore è uno spunto di riflessione su più tematiche e se il disagio giovanile parla maggiormente alle nuove generazioni, il dialogo interreligioso, la discriminazione e l’intolleranza religiosa comunica maggiormente con la generazione passata, essendo le nuove, da questo punto di vista, più integrate.
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