Intervista a Laura Delli Colli: “Non basta un computer per fare il giornalista”
La nostra intervista, breve ma intensa, con Laura Delli Colli, presidente del SNGCI, nella giura dell'Ortigia Film Festival 2023.
Il sorriso sempre stampato in faccia e la forza trainante di chi crede fortemente in ciò che fa. Se a qualcuno venisse mai in mente di affidarle un ruolo per il grande schermo, Laura Delli Colli sarebbe senza dubbio “la critica della porta accanto” per via di quel savoir faire verace e delicato, per la sapienza con cui intinge la complessità nella semplicità, consegnandola a chi l’ascolta senza filtri.
La incontriamo al centro storico di Siracusa in occasione della XV edizione dell’Ortigia Film Festival, in cui è stata chiamata in causa come presidente di giuria del Concorso Lungometraggi opere prime e seconde italiane e la nostra prima curiosità riguarda proprio l’OFF, una manifestazione molto sentita dalla comunità locale che, a detta della stessa Laura Delli Colli (Presidente del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani, ovvero l’organismo che assegna il famoso Nastro d’argento, dal 2003), si lascia notare sicuramente per “l’attenzione alla settima arte e nello specifico ai documentari, ai cortometraggi e a tutti i vari formati del cinema che qui vengono accolti con una bellissima risposta da parte del pubblico”.
Un festival così, cosa potrebbe esportare in altre kermesse simili? “Difficile dirlo, certamente non deve importare nulla dagli altri perché ogni festival è un modello a sé. Mi augurerei che esportasse questo stesso affetto del pubblico ai personaggi, ai film, ma soprattutto questa voglia di stare insieme che manca nelle sale. Qui c’è un’attenzione molto forte anche al cinema sullo schermo e questo mi piacerebbe che arrivasse altrove. Tutti i festival, facendo rete, dovrebbero portare il pubblico verso le sale”.
A proposito di questo, cosa potrebbero fare distribuzioni, produttori, esercenti e persino noi della stampa per aiutare il cinema in sala?
“Noi come sindacato dei giornalisti abbiamo fortemente sostenuto Cinema Revolution, quindi tutto il progetto del cinema a € 3,50 e in automatico tutta la possibilità di fare un po’ di rete di sostegno. Per il resto è difficile trovare una ricetta che finora nessuno ha trovato. Certo, gli esercenti dovrebbero fare la loro parte e l’industria dovrebbe capire che il pubblico non dovrebbe essere orientato solo sulle multisale. Le piccole sale, quelle di quartiere, dovrebbero tornare a esistere, perché soprattutto nelle grandi città il problema è quello di muoversi e raggiungere il cinema, il che comporta anche l’aumento delle spese. Quindi oltre a proporre biglietti dal prezzo più contenuto occorrerebbe facilitare il pubblico ad andare in sala”.
Con Laura Delli Colli si affronta anche la spinosa questione degli scioperi che hanno coinvolto di recente i lavoratori di Hollywood, arrivando in parte anche in Italia. Si deve fare ancora tanto affinché chi opera nel mondo dell’entertainment abbia delle vere garanzie? Certamente lo scoglio culturale è stato superato e la situazione d’oltreoceano non può essere paragonata a quella italiana.
“In America ci sono vere e proprie contestazioni che riguardano percentuali d’incasso e rapporti di potere che riguardano diverse categorie.” – ci spiega – “Tuttavia ci sono delle questioni universali, credo che quello che è successo anche attraverso la pandemia abbia dimostrato che il cinema è fatto di gente che lavora, di categorie che hanno bisogno di essere sostenute, ma soprattutto di essere supportate da un quadro legislativo che fino a oggi non è stato del tutto considerato“.
Laura Delli Colli dice la sua sull’attuale mondo della stampa
Da qui, è inevitabile parlare anche della stampa: “Viviamo in un mondo del giornalismo profondamente cambiato. La carta stampata non ha più lo stesso peso di una volta e i social hanno cambiato irrimediabilmente il mercato e in automatico il mondo del lavoro. C’è una parte di freelance che non ha le garanzie che si avevano un tempo, ma alla fine oggi chi è davvero garantito?
I garantiti sono quelli sotto contratto, ma abbiamo anche visto che nei giornali purtroppo il tema forte è anche quello di garantire le pensioni a chi verrà dopo e su questo mi pare che dei contrattualizzati di oggi nessuno riesca più a poterlo fare. Una categoria che evidentemente non ha quel ricambio necessario a garantire certe regole”.
E sulla situazione attuale del mondo giornalistico asserisce: “Non basta un computer per fare il giornalista, ci sono delle regole, anche deontologiche. È un mestiere che i social hanno trasformato. L’informazione fatta solo di poche righe, come se fossero notizie d’agenzia, non ci sono più approfondimenti, d’altro canto è questo quello che l’utente cerca. Credo ostinatamente di appartenere a una generazione che invece ha fatto un buon giornalismo e per questo mi riesce un po’ difficile comprenderne le ragioni“.
Che responsabilità ha a tal proposito l’Ordine dei Giornalisti? “Non è l’Ordine che deve fare tutela ma il sindacato. L’Ordine ha creato problemi con i corsi di giornalismo: chi fa delle scuole di giornalismo esce con una sorta di patente di guida che però spesso è totalmente inadeguata rispetto a ciò che si impara sul campo. Una volta il giornalismo era fatto sia di diritti che di doveri. Oltre ad arrivare al famoso numero di articoli necessari a prendere il tesserino da pubblicista (o a conseguire l’esame da professionista), si faceva anche un percorso che garantiva una qualità di accesso alla professione. E poi soprattutto nelle redazioni attuali mancano i quadri intermedi e le strutture che devono in qualche modo insegnare. Per fare il giornalista serve etica ed esperienza!”.