Manuel Agnelli su Noi siamo Afterhours: “è il concerto che decide”
Manuel Agnelli e Giorgio Testi spiegano la realizzazione del docufilm Noi siamo Afterhours, presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma.
Gli Afterhours sono tra i grandi protagonisti musicali della 13° edizione della Festa del Cinema di Roma, dove in data odierna (23 ottobre) hanno presentato il docufilm dedicato a loro e diretto dal celebre Giorgio Testi, Noi siamo Afterhours. Il progetto omaggia i 30 anni di carriera della band, prendendo come spunto il grandioso evento che si è tenuto il 4 aprile 2018 al Forum di Assago a Milano. Di seguito potete scoprire cosa è stato rivelato, riguardo a questo ambizioso docufilm, nel corso della conferenza stampa.
Manuel Agnelli su Noi siamo Afterhours: “il palco è liberatorio e consolatorio”
Giorgio Testi, ci può raccontare come è riuscito a lavorare insieme agli Afterhours, catturando questo momento bellissimo del 10 aprile?
“Abbiamo iniziato a ragionarci circa un anno prima del concerto, nell’estate 2017, parlando dell’aspetto anche scenografico del concerto, del palco, elementi visual ecc. Volevamo creare un documentario che non fosse solo un concept film, ma che raccontasse 30 anni di storia della band. Un aspetto che mi ha sempre affascinato, è quello che avviene nel backstage prima di salire sul palco. Spesso, in quel momento, esce fuori il vero artista, la trasformazione da off stage a on stage. Volevamo far sentire i pensieri di Manuel prima di salire sul palco, come voce narrante di tutto il film, trasmettendo una certa intimità. Abbiamo diviso la scaletta in blocchi per epoche (già il concerto, a suo modo, era stato diviso per epoche) e, all’inizio di ogni blocco, abbiamo aggiunto spezzoni narrativi in maniera originale. Abbiamo messo a nudo anche gli errori, per esempio il concerto inizia con una nota sbagliata di Manuel.”
Manuel, com’è stato fermarsi per un attimo, trovare tempo per questo grande evento del 10 aprile e iniziare questo percorso insieme a Giorgio Testi?
“È stato un po’ tutto casuale, sia il trovarci sia quello che ne è uscito fuori dopo. Voglio precisare che dietro a tutto questo progetto c’è un grande lavoro professionale (sia nostro che di Giorgio). Sarebbe stato inutile se il caso non fosse intervenuto positivamente. È il concerto che decide, non sei tu che decidi. Spesso se ti fossilizzi non rischi il disastro. Che sia venuto tutto bene (le immagini, l’emozione, la magia, il suono) è significativo. Era il momento di fare una pausa di riflessione per non ripeterci, per capire anche cosa vogliamo diventare. Per noi quel concerto è un punto d’arrivo, ma anche un punto di partenza. È come se fossimo in pace con noi stessi, come se non dovessimo più dimostrare niente a noi stessi.”
Ci può dire qualcosa sul progetto acustico del film?
Manuel: “Ci tengo a ribadire che prima di tutto si tratta di un concerto, quindi di un qualcosa che poteva veramente andare male, facendoci rischiare tutto. Il docufilm rappresenta esattamente la magia che c’era quella sera, riprodurre il concerto in tre diversi concerti non sarebbe stata la stessa cosa. Abbiamo fatto un gran lavoro di mixaggio e pulizia, grazie al fonico Daniele Tortora. Abbiamo usato molto anche gli ambienti del forum, dunque usando questi spazi potevamo fare poco in studio successivamente.”
Giorgio: “Anche per me c’era il rischio che tutto poteva andare storto, proprio perché era un evento unico. Non ho curato io l’aspetto acustico, ovviamente la band collabora con grandi professionisti. Abbiamo avuto un’attenzione precisa pensando a una fruizione cinematografica.”
In questi anni, quanto siete cambiati a livello personale e quanto è stato importante creare questa band e trasmettere la vostra musica ed esperienza anche alle generazioni più giovani?
“Ciascuno di noi ha un motivo diverso per cui questa esperienza è stata importante. Per me significa riuscire a esprimere le cose che non si possono esprimere tutti i giorni perché non sono sociali. Sul palco uno può essere più libero di esprimere quelle cose che non sono ritenute accettabili. È liberatorio e consolatorio rispetto a delle situazioni che si vivono nella realtà. La nostra musica è energetica e serve a superare alcuni momenti. Siamo cambiati tutti, siamo cresciuti molto e quindi è cambiato anche il significato di fare musica. All’inizio il nostro lavoro era disturbante, poi successivamente abbiamo cercato un nuovo modo di rapportarci al pubblico. È stato un percorso lungo e tormentato, ma alla fine abbiamo accettato quello che siamo adesso, una sorta di gruppo diversamente disturbante. Per quanto riguarda i giovani, è bello continuare ad avere un senso per qualcuno di presente.”