Maria Elena Matteucci parla di Moi c’est moi. Questa sono io, la serie TV under 30
Figlia del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, Maria Elena Matteucci presenta Moi c'est moi, un viaggio di consapevolezza che rafforza il legame di tre giovani amiche.
Perseverante è l’artista che, mosso dai sogni, dalle ambizioni e dalle aspettative di una vita colma e cangiante, si dedica con tutta la passione e la forza d’animo ad un mestiere volubile, bandiera orientata al soffio del vento più incostante. L’artista, lontano dalla scena, culla e madre del talento, resta tale e si ingegna per trovare una via alternativa che gli consenta – come ossigeno – di tornare a respirare e godere della propria linfa vitale. È quello che racconta Maria Elena Matteucci, attrice, cantante, scrittrice diplomata presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma che ha sfruttato il periodo del lockdown per non perdersi, e così nell’abbraccio ritrovato e nella presenza della sua famiglia ha lasciato che le Marche facessero da cornice al suo flusso emotivo, canalizzato in Moi c’est moi. Questa sono io, un prodotto seriale che l’attrice ha lanciato – insieme alle colleghe – l’8 marzo con una diretta Instagram sul suo profilo.
“Moi c’est moi è un inno alla bellezza, al talento, alla gioventù e alle idee. Una storia semplice con un messaggio forte“.
Maria Elena Matteucci: la fisionomia di un’artista
Danza, canta, recita, scrive articoli, sceneggiature e si racconta senza filtri, con un entusiasmo trasparente e una presenza magnetica che convincono ancor prima di essere tradotti in atto. Per presentare il progetto Maria Elena ha ripercorso le tappe della sua formazione scolastica e artistica dall’infanzia alla maturità, passando dagli aneddoti di un provino, osato con coraggio e una sana dose di ingenuità, all’esaltazione dell’arte in tutte le sue forme, condensando nel suo ultimo lavoro prospettive e aspettative di una categoria esistenziale sospesa in bilico tra sogni e incertezze.
“Ho sempre abbracciato il mondo dell’arte a 360°, ma con le idee chiare. Non ho mai cambiato strada: volevo diventare come Liza Minnelli, nelle recite scolastiche ero sempre in pole position. Ho iniziato il mio percorso artistico nella mia terra natìa, Civitanova Marche, per trasferirmi dopo il diploma classico al MAS (Music, Arts & Show) di Milano, un’accademia dove praticavo giornalmente le tre discipline. Dopo un anno ho tentato l’audizione per il CSC – Centro Sperimentale di Cinematografia ma non sono entrata subito, così ho iniziato l’Università ed è arrivato il primo lavoro come attrice in una tournée annuale nei Teatri di Pietra in Sicilia e nelle Marche. Le cose belle, come di consueto, capitano tutte insieme: tre mesi dopo l’ingresso al Centro Sperimentale mi sono laureata in Comunicazione e Spettacolo presso l’Università degli Studi Roma Tre”.
Nasci come cantante, poi ballerina, attrice e ora sceneggiatrice. La formazione artistica ha fatto da traino all’esercizio della scrittura?
“La scrittura c’è sempre stata. Nel periodo delle scuole medie ho aperto uno dei primissimi blog, un diario virtuale che leggevo solo io. A 18 anni quando ho cambiato aria e mi sono trasferita a Milano la scrittura mi ha aiutata moltissimo, mi piaceva raccontare ciò che osservavo, appuntavo le scene di vita quotidiana e le riscrivevo a casa. Scrivevo flussi di coscienza e stati d’animo, ma mai avrei pensato di scrivere una sceneggiatura. E invece…“.
Il mestiere dell’attore è un bagaglio di emozioni difficili da tradurre a parole, esperienze che è possibile collezionare e riguardare nel corso degli anni con una maturità artistica differente. Ricordi il tuo primo provino?
“Avevo 18 anni quando ho provato ad entrare al CSC per la prima volta. Ho portato Meryl Streep in The Hours, ma come mi è venuto in mente? Ero pazza. Nel cortile del Centro c’è un pozzo che raccoglie tutti i ragazzi, un punto di riferimento. Eravamo lì in attesa, poi mi hanno fatta entrare in una stanza buia. Da lontano riuscivo a vedere il riflesso negli occhi della giuria, e tra i tanti occhi c’erano quelli di Giancarlo Giannini. La gioventù forse ti libera, ti rende più menefreghista: affrontavo i provini meglio di come li affronto ora, senza l’angoscia, la responsabilità o il peso delle aspettative. A 18 anni vuoi arrivare dove vuoi arrivare, così mi sono tuffata in questo palcoscenico nero e ho portato a termine il monologo. Sono errori che si fanno, mi è servito per prepararmi meglio”.
Il CSC è un’occasione unica, un luogo di formazione in cui è possibile stringere rapporti e collaborazioni di importanza vitale per chiunque voglia addentrarsi nel mondo cinematografico e nelle sue maestranze. Cosa può trovare un giovane nel Centro Sperimentale di Cinematografia?
“Puoi trovare ciò che vuoi, se sai dove cercare e come prenderlo. È una scuola che offre molto, ti tiene in sala dalla mattina alla sera tutti i giorni dal lunedì al venerdì; richiede un impegno così dedito e totalizzante che talvolta può provocare un rigetto. Dipende dalla tua resistenza e dalla tua motivazione, ogni insegnante può regalarti esperienze che ti cambiano a livello personale, ancor prima che artistico. Ti metti alla prova, ti trasformi, fai tesoro di ogni consiglio, nozione e incontro proposto e accetti consapevolmente difetti e fragilità, il bagaglio più profondo di questo training artistico e formativo. Porterò sempre nel cuore il Centro Sperimentale.”
Passiamo al nodo focale: Moi c’est moi. Questa sono io. Come nasce una sceneggiatura, dall’idea al prodotto?
“Vengo da un settore grazie al quale gravitano attorno a me colleghe e colleghi professionisti e professionali. Sempre – ma ancor più in questo periodo – ad animarli è il pensiero costante del che ne sarà di noi. Una domanda lecita, vista l’instabilità del mestiere. Per raccogliere e rispondere a queste domande ho approfittato del periodo del lockdown per creare un prodotto innovativo, uno spettacolo teatrale che ci tenesse allenati e portasse un po’ di visibilità nel momento delicato che stiamo affrontando. Ho scritto una storia in fieri, con l’esigenza di realizzare qualcosa che fosse leggero ma si lanciasse con un messaggio forte e positivo verso tutti quei giovani che hanno bisogno di un incoraggiamento per proporre le proprie idee e fare i conti con le proprie capacità. La situazione drammatica che ha coinvolto le sale e i teatri ha voluto che l’idea dello spettacolo si trasformasse in una serie tv, inizialmente pensata per essere fruita sul web. Al momento però ci stiamo spostando su altri tipi di idee, non sappiamo ancora quanto durerà un episodio, ma saranno all’incirca una quindicina. Con i colleghi di produzione del CSC abbiamo deciso di realizzare un episodio pilota della serie per mostrare il progetto più concretamente alle case di produzione.”
Parliamo delle protagoniste di Moi c’est moi. Questa sono io. Di Emi sappiamo che è una giornalista coinvolta in una relazione amorosa instabile, Mati e Niki chi sono?
“Emi (interpretata da me), Mati (interpretata da Elisabetta Mirra) e Niki (Simona di Bella) sono amiche e compagne di vita che si ritrovano a dover fare le valigie e partire per un avvenimento che ruota attorno ad Emi. Un evento scatenante che le porterà a mettersi a nudo in un viaggio emozionale durante il quale faranno incontri assurdi. Scopriranno di non essersi dette molte cose e questo le porterà ad accettarsi con una consapevolezza diversa, per ciò che sono realmente. Nella stesura mi sono ispirata, anche se non direttamente, ad alcuni lati del carattere di persone che fanno parte della mia vita. Mati è un avvocato in carriera, razionale, analitica, una donna dal carattere forte che tiene tutto sotto controllo. Niki è un architetto, si circonda di ragazzi che vogliono solo relazioni occasionali e soffre il conflitto tra la voglia di restare “bambina” e la necessità di crescere”.
Un team under 30 è una bellissima speranza per il futuro cinematografico. Come hai scelto il cast?
“Sono uscita dai confini del CSC per scegliere le coprotagoniste, le mie compagne di viaggio in tutti i sensi. Ho conosciuto Simona dieci anni fa in uno spot pubblicitario; Elisabetta invece si è formata presso l’Accademia Silvio D’Amico e ho avuto modo di conoscerla grazie al mio compagno, anche lui attore. Ho pensato di mixare le influenze formative che ci hanno viste crescere: Elisabetta viene dal teatro, Simona dal cinema, mi interessava amalgamare i percorsi di queste giovani donne per dare vita e voce a personaggi particolari, decisamente sopra le righe”.
Moi c’est moi. Un titolo in francese, perché questa scelta?
“Mentre scrivevo la sceneggiatura stavo seguendo un corso online di francese. Amo la Francia, e volevo che la serie avesse un respiro internazionale. Probabilmente inseriremo anche i sottotitoli in francese. La serie è girata tra il Lazio e le Marche, ma il punto d’arrivo sarà proprio la Francia. Il titolo in francese suona bene, ha un non so che di musicale”.
Moi c’est moi. Questa sono io – Linee guida per un corretto sostegno al progetto: crowdfunding e dirette Instagram
L’8 marzo sul profilo privato Instagram di Maria Elena è stato presentato il progetto con un doppio appuntamento (alle 12.00 e alle 21.30). Per sostenerlo è stata lanciata una campagna di crowdfunding su Eppela, nella speranza che un piccolo contributo anonimo possa aiutare concretamente nella realizzazione dell’episodio pilota della serie.
Bonne chance!