Intervista a Martina Avogadri, oltre Lift: “Recitare per me è prestare il mio corpo ad altre vite” 

L’intervista all’attrice Martina Avogadri, nel cast del film Netflix diretto da F. Gray Gray, Lift, nel ruolo di Leviathan Leader.

Per la sua ultima fatica dietro la macchina da presa dal titolo Lift, un heist movie ad alta quota targato Netflix, F. Gray Gray ha voluto per lo strepitoso cast internazionale a sua disposizione, del quale fanno parte tra gli altri grossi calibri come Kevin Hart, Gugu Mbatha-Raw, Sam Worthington, Jean Reno e Vincent D’Onofrio, anche qualche talento nostrano. La scelta del regista newyorchese è caduta sull’attrice e produttrice bergamasca Martina Avogadri, alla quale ha affidato il ruolo di Leviathan Leader, il capo di un gruppo internazionale di hackers conosciuto nel mondo criminale per le sue potenti connessioni e per la sua brutalità, apparentemente senza remore né limiti. L’abbiamo intervistata a pochi giorni dal debutto del film sulla piattaforma a stelle e strisce lo scorso 12 gennaio 2024, rivolgendole alcune domande sulla sua performance, sulla sua carriera e sul suo modo di vivere alla recitazione.

La nostra intervista a Martina Avogadri, nel cast del film Lift nel ruolo di Leviathan Leader

Martina Avogadri cinematographe.it

Quando è scoccata la scintilla per la recitazione?
Tardi, in realtà. Inizialmente il mio desiderio era diventare una pallavolista professionista. La pallavolo è stata la mia prima ossessione. Ma non ero sufficientemente brava perché diventasse la mia carriera e quella è stata la mia prima grande “delusione d’amore”. All’arte e in particolare alla recitazione sono arrivata per vie traverse. Dopo il liceo ho studiato filosofia. Il sistema universitario è spesso estremamente cerebrale e astratto ed è stato estremamente doloroso riempirmi la testa in quel modo, nonostante amassi molto di quello che studiavo. L’ultimo anno in cui con fatica frequentavo filosofia, passavo le mie serate a teatro alla ricerca di corpo ed emozione. In quegli anni ho incontrato Emma Dante con i suoi primi spettacoli iconici e in quelle sere ho ripreso a respirare. Ho quindi deciso di seguire quel filo di ossigeno. Mi sono preparata e sono entrata alla Paolo Grassi e in un altro paio di accademie a cui mi ero proposta e poi ho scelto Milano e la Civica.

Cosa rappresenta e che significato ha per te la recitazione?
Recitare per me è avere il privilegio di attraversare il mondo con occhi, menti e cuori diversi dai miei e di prestare il mio corpo ad altre vite. Penso sia un dono straordinario da fare a se stessi e anche ad altri, visto che credo che questo mestiere sia il mestiere del ‘dare’. In un’intervista recente con IndieWire Juliette Binoche ha detto a proposito della recitazione: «Se non sei pronto a dare tutto te stesso, cambia lavoro». E non potrei essere più d’accordo.

Cosa ti auguri di trovare in un personaggio che ti viene proposto o che hai la possibilità di scegliere?
In generale amo personaggi psicologicamente complessi, che mi danno la possibilità di esplorare contraddizioni e di attraversare molti stati emotivi diversi. Ogni personaggio è un progetto, una tesi per me, perciò tendo ad innamorarmi di qualsiasi personaggio mi venga affidato. Amo molto anche i personaggi estremi che spesso si trovano in film di genere (dark comedies, horror, sci-fi). Esempio eccellente sono i personaggi nei film di Yorgos Lanthimos. Da personaggi che richiedono il massimo naturalismo nell’esecuzione, a personaggi che richiedono una recitazione quasi ‘espressionista’, l’unica cosa importante per me è che siano scritti bene.

Martina Avogadri: “Del personaggio di Leviathan Leader in Lift mi ha subito affascinato la possibilità di immergermi in un mondo e in una psicologia così lontani da me

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Come sei stata scelta per interpretare il ruolo di Leviathan Leader in Lift e qual è stato il tuo percorso di avvicinamento e preparazione al personaggio?
Sono stata scelta attraverso un percorso di audizione molto tipico. Il personaggio è poi cresciuto durante le riprese, una bellissima sorpresa. Il mio personaggio è il capo di un gruppo di hacker ed essendo la mia dimestichezza con la tecnologia molto limitata, ho fatto ricerca per avvicinarmi a questo mondo. Ci sono elementi di un personaggio che non emergono necessariamente nella narrazione sullo schermo, ma che costruiscono il sostrato, la base di un personaggio, quello che io (e non solo io) chiamo ‘the character’s point of view about the world’ o, in altre parole, chi il personaggio è. La ricerca e il lavoro su questi aspetti è una delle parti del mio mestiere che più mi affascina. E nel caso di Leviathan Leader, la possibilità di immergermi in un mondo e in una psicologia cosí lontani da me mi ha subito affascinato. È un personaggio che se potessi continuerei ad esplorare. In potenza pieno di conflitti. Sono pronta per uno spin-off!

Quali sono stati gli aspetti che più ti hanno intrigata di lei quando hai letto il copione e ti sei poi ritrovata a interpretare sul set?
L’audacia e al contempo la compostezza di questo personaggio mi hanno da subito affascinato. E il lavoro che ho fatto è stato cercare di incarnare queste qualità. Approccio qualunque personaggio senza giudizio: fascino e curiosità devono essere al di là della morale nel nostro lavoro, altrimenti sarebbe impossibile impersonare i cosiddetti “cattivi”. Che tipo di persona è in grado di condurre una vita del genere? È la prima domanda che mi faccio, il mio punto di partenza per l’esplorazione.

Che tipo di regista è Gary Gray e come ti sei trovata a lavorare con lui?
F. Gray Gray è un timoniere fantastico. Lavora equamente con tutti gli attori, senza mai perdere contatto con la sua precisissima visione. Mi sono sentita al contempo guidata e libera di creare. Spero davvero di avere la possibilità di essere diretta da lui anche in future occasioni!

Ha mai giudicato un personaggio e le sue azioni? La stessa Leviathan Leader che interpreti in Lift è una figura poco cristallina con una fedina per nulla pulita.
Il giudizio non può essere parte del lavoro dell’attore. Il mio giudizio personale su certe azioni e scelte non viene trasportato nel mio lavoro attoriale. Il mio compito è rendere al meglio (il che significa comprendere a fondo nel corpo e non solo nella testa) qualunque personaggio, in modo tale da lasciare il giudizio al pubblico. Io sono un veicolo, non un giudice. Ho scelto un lavoro che mi permettesse di mettermi a disposizione di una storia, così che chi osserva possa decidere per sé.

Martina Avogadri: “Dell’esperienza di Lift mi porterò dietro la bellezza di lavorare con grandi professionisti come Jean Reno

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Martina Avogadri e Jean Reno in una scena di “Lift”

Cosa ti porterai dietro in termini professionali dell’esperienza in Lift?
La bellezza di lavorare con grandissimi professionisti. Queste star sono prima di tutto bravissimi attori, eccellenti e generosi colleghi. Mi porto via anche il divertimento di un set e di un progetto di questo tipo: amo i film d’azione! E poi la mia esperienza accanto a Jean Reno. La meraviglia di vederlo all’opera e per me di elevarmi come professionista accanto a lui.

Una volta visto il film e il risultato finale, quale o quali ritieni siano i punti di forza di Lift?
Lift mi ha intrattenuto e tenuta incollata allo schermo e penso sia un film che dimostra la maestria di Gary e dei suoi protagonisti. Per il resto preferirei fosse il pubblico ad esprimersi a riguardo.

Lift è entrato a fare parte del catalogo di uno dei più importanti broadcaster dello streaming, ossia Netflix. Che rapporto hai con le piattaforme e qual è il tuo pensiero a riguardo?
Le piattaforme hanno aperto molte possibilità e credo e spero possano diventare un grande riferimento (sempre di più) anche per il cinema indipendente.

Oltre a Lift, puoi già contare su altre importanti esperienze in progetti internazionali come le serie Emergency Exit e The Diplomat. Quali sono le differenze che hai trovato rispetto all’Italia?
In Italia ho lavorato soprattutto a teatro, dunque è difficile fare un paragone. I set internazionali come Lift hanno grande dinamicità e apertura. Nel caso di Emergency Exit e The Diplomat il set è più “riservato” e risponde maggiormente alle peculiarità culturali e alle abitudini dei paesi in cui le riprese sono state effettuate. In tutti i casi ho trovato grandissima professionalità e talento sia davanti che dietro alla macchina da presa. Ogni set è una piccola città, un piccolo universo reso unico e specifico dai suoi “abitanti”.”

Martina Avogadri: “Preferisco le sfumature emotive e la verità che il cinema esige, alla potenza performativa che il teatro chiede all’attore

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Cinema, tv e teatro, dove pensi di esserti espressa al meglio del tuo potenziale e dove invece ti senti più a tuo agio?
Ho cominciato a teatro, dopo aver finito l’accademia e ho avuto la fortuna di lavorare con teatri, in produzioni e con attori eccellenti. Ma nel cinema ho trovato un mezzo di espressione che amo completamente e che mi permette di darmi nel modo più totale. Cinema e teatro richiedono all’attore di utilizzare il proprio strumento in modo diverso e diciamo che preferisco le sfumature emotive e la verità che il cinema esige, alla potenza performativa che il teatro chiede all’attore. Mi sento protetta dalla macchina da presa e questo mi concede di abbandonarmi e prestarmi completamente al lavoro e dunque di essere un’attrice migliore. Mi permette di rompere l’identificazione con me e di mettermi al servizio di qualcun altro.

Al mestiere di attrice affianchi anche quello di produttrice. Nel tuo portfolio ci sono diversi cortometraggi pluripremiati e un lungometraggio in cantiere. Come scegli i progetti che poi andrai a produrre? C’è qualcosa che non deve venire meno?
Il mio lavoro di produttrice è cominciato per necessità. La necessità è quella di creare. E per creare non si può sempre aspettare di ottenere una parte. Così con la mia business partner ho creato la mia compagnia di produzione in Inghilterra, Aberrant Gene Films e a breve sarà completa la post-produzione del nostro lungometraggio di debutto, Omio, un horror psicologico. Al momento produciamo i nostri film, che sono in prevalenza film di genere: sci-fi, horror e thriller. Il genere è la nostra modalità preferita per esplorare temi complessi senza le restrizioni strutturali di un dramma classico. Facciamo quello che oggi viene definito ‘elevated genre’, ovvero film di genere con una premessa drammatica, pensa ad Ari Aster o ad alcuni lavori di Yorgos Lanthimos. Se in futuro produrrò progetti di altri autori, il criterio sarà sicuramente trovare una storia che sia necessaria per me raccontare come artista e che desidererei vedere sullo schermo come pubblico.

Cosa pensi ti distingua come artista e come donna?
Non ho paura di continuare a cercare e in generale ho scoperto di amare la libertà più della sicurezza. Penso sia il marchio di ogni forma d’arte, ma non è una presa di posizione scontata. E spero di trovare sempre più persone e colleghi che cerchino in questa direzione insieme a me.

Cosa bolle in pentola e cosa ti aspetta nel futuro?
A breve sarà completa la post-produzione del lungometraggio di debutto della mia compagnia di produzione inglese. Si tratta di un film che ho co-prodotto e di cui sono protagonista, il cui titolo è Omio. È una produzione inglese, ma girata in Italia, in linea con il mio desiderio di ricreare un ponte con il mio paese. Si tratta di un film vivo, crudo e spero “difficile”, in cui nessuno si risparmia e che non risparmia. Si tratta di un lavoro molto personale e che mi sta molto a cuore e, sinceramente, non vedo l’ora di condividerlo con il mondo e di portarlo ai festival! Ho anche alcuni progetti in attesa di conferma, grazie alla dedizione e al lavoro della mia agenzia DBA, di cui spero di poter parlare molto presto!”

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