Intervista a Mia Hansen Love su Le cose che verranno – L’avenir: “ho pensato a Isabelle Huppert fin dall’inizio”
Mia Hansen Love, al cinema con L'avenir - Le cose che verranno, parla della scelta di Isabelle Huppert come protagonista del film, dell'amore per Eric Rohmer e non solo.
Un Rendez Vous sempre più sopraffino in termini di ospiti. Grazie alla collaborazione con l’ambasciata francese il rinomato festival capitolino ha permesso la presenza di una delle registe più talentuose del momento ovvero Mia Hansen Love. In tale occasione la giovane regista ha rilasciato importanti dichiarazioni a Cinematographe riguardo il suo ultimo film, Le cose che verranno – L’avenir.
Con Le cose che verranno – L’avenir passi da un film in cui affronti l’età giovanile e a uno in cui parli di un’altra età. Vuoi parlarcene ?
“Penso che l’argomento principale per sviluppare L’Avenir l’avevo già da tempo ma avevo paura che una donna di 50 anni doveva reinventare una vita più appropriata per una donna di vent’anni. Diciamo che l’ho scritto all’ombra di Eden, che era stato difficile da produrre anche finanziariamente o comunque un percorso più complesso.”
Aveva già pensato a Isabelle Huppert come protagonista?
“Ho pensato a lei fin dall’inizio e ciò mi ha dato slancio per scriverlo ma sapevo anche che poteva manifestare humor e ironia al tempo stesso, con piena sinergia, aspetto non da trascurare. Comunque sapevo che era l’unica attrice a poter esprimere questa ambivalenza, crudeltà e leggerezza ed è stata lei a darmi questo coraggio. Ed è stata la prima volta per me che in sceneggiatura ho già pensato ad un’attrice precisa come personaggio, anche se con lei già ci lavorai in termini attoriali. Per me lei ha come una forma d’innocenza, un candore procace. Isabelle non doveva nella maniera più assoluta, evitare un’interpretazione amareggiata favorendo un timbro più edulcorato.”
Autori filosofici sono parte della tua vita precedente?
“Sono degli autori che mi hanno accompagnata nella vita: sono stati presenti nel mondo in cui sono cresciuto. Ho letto vari di questi autori ma sono comunque personaggi che hanno segnato la mia infanzia: sono stati loro che si sono imposti…”
Nei suoi film c’è sempre un rapporto con la natura particolare…
“La natura rappresenta lo spazio, la natura, la libertà. Ho sempre visto mia madre come qualcosa semplice che nutre, l’amore per la vita, qualcosa di estremamente profondo e diverso dal risaputo legame convenzionale che si può creare con un uomo…”
Qual è il rapporto con la musica nei suoi film?
“Rapporto quasi sacro con la musica, per cui spesso sono minuziosa nella scelta. Per me è arduo chiedere una consulenza a un compositore per un film. La musica si sente per qualche motivo – poi magari continua nella scena successiva – ma comunque la ripropongo con funzionalità nel film, nei momenti in cui lascio ampio spazio all’eloquio …”
In Francia molti critici autoritari ti vedono come erede di Eric Rohmer. Ti senti esageratamente responsabilizzata da questo?
“Io non ho un rapporto astratto quindi spingo per la teoretica stilistica. Eric Rohmer è uno dei registi che più preferisco e quindi mi sentirei onorata di riprendere – o meglio riavvicinarmi – stilisticamente a lui. Io comunque premo a fare qualcosa di mio, cercando di glissare ogni forma di ispirazione.”