Miriam Zammataro e Gabriele Torrisi su Voce Disumana: è “la spasmodica necessità di riempire il silenzio”
La nostra intervista a Miriam Zammataro e Gabriele Torrisi per Voce Disumana, presentato al Marzamemi CineFest 2024.
Voce disumana è stato scritto in una notte: il regista Nikolaos Nikos “ha messo insieme tanti pensieri, estrapolando il film da un monologo di sessanta pagine; […] non c’era una sceneggiatura vera e propria, non c’era un piano, ma un monologo che veniva creato minuto dopo minuto tra me e il direttore della fotografia”, racconta l’attrice protagonista Miriam Zammataro, che con emozione dialoga con noi dopo la proiezione del film, avvenuta nel bucolico e ancestrale cortile di Palazzo dei Principi a Marzamemi (tra le location del Marzamemi CineFest 2024).
Premiata da RAAI Registro Attrici Attori Italiani (associazione nata per il riconoscimento dell’identità e la tutela della professione di attrice e attore) per la sua interpretazione l’attrice – palermitana di nascita con domicilio tra Roma e Santo Stefano di Camastra – racconta della sua esperienza con l’autore greco insieme al coprotagonista Gabriele Torrisi (siracusano espatriato in Olanda), il quale rompe il ghiaccio deliziandoci con una sua personale interpretazione del titolo del film: “Per me la voce disumana è la spasmodica necessità di riempire il silenzio, il più delle volte di contenuti inutili. Questo è realmente disumano: dover forzarsi a riempire un silenzio senza necessità alcuna, perché è già evocativo di per sé. Il silenzio è d’oro”.
“Anche il silenzio è un modo di dire qualcosa”, apostrofa Miriam Zammataro, la quale asserisce: “una voce disumana è quella che esce quando una persona è sconnessa dal proprio sentire. Tutti abbiamo una realtà oggettiva e soggettiva; ultimamente mi è capitato di parlare con chi non aveva conoscenza di una verità esistente e riconoscibile, così come è vero che noi oggi siamo in questo cortile seduti su queste sedie bianche. Mi è capitato di parlare con chi una verità così oggettiva non era in grado di vederla e lì ho visto una voce disumana. Non so se mi sono spiegata…”.
Entrando nel cuore della recitazione, Miriam Zammataro ha sottolineato la difficoltà di far coincidere la sua personalità con quella della protagonista, rimarcata altresì dalla mancanza di un nome da affibbiare ai personaggi, i quali appaiono con un generico “lui” e “lei”. “Il regista mi ha chiesto di non costruire il personaggio e questa è un’arma a doppio taglio, perché quando crei un personaggio vieni meno come persona per dare voce a un’altra. In questo caso Nikolaos non mi ha dato nessun tipo di indicazione, se non quella di fare un lavoro il più documentaristico possibile.”
Parlando del Marzamemi CineFest 2024, del concetto di identità che monopolizza questa terza edizione e del rapporto tra cinema e territorio, Torrisi ha elogiato la manifestazione, senza nascondere il rammarico di aver appreso dell’esistenza del festival “solo in calcio d’angolo. […] Mi piacerebbe che il processo di autenticazione venisse elargito maggiormente, perché è meritevole sotto ogni punto di vista; che ci sia un’attenzione [a questo territorio] al di là della stagione [estiva]”.
Per Miriam Zammataro è invece un desiderio che si avvera: “ho conosciuto il festival l’anno scorso e ho detto, ‘che bello, come vorrei partecipare!'” – racconta esplodendo in una risata – “quando il nostro distributore (Guglielmo Brancato di Marte Studio) mi ha chiamata dicendomi che il film era stato preso al CineFest di Marzamemi mi sono emozionata. Cosa ritrovo di me qui? Io sono della provincia di Messina e devo dire che quando vengo in questa parte della Sicilia provo una sintonia maggiore, che penso sia dettata dalla luce. La luce che c’è qui e che riflette questo bianco della pietra è diversa”.