Old Henry: il regista e il cast parlano del western a Venezia 78
Tim Blake Nelson, Scott Haze e Potsy Ponciroli raccontano Old Henry, il microwestern presentato nella 78ma edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia.
Potsy Ponciroli entra in sala stampa per presentare il suo Old Henry con stivali da cowboy e un cactus di pezza cucito in rilievo sul lato del cappello. La roundtable si fa interessante quando è lui a stringere la mano ai giornalisti, a presentarsi con garbo e a domandare cosa abbiano amato del festival. Una personalità dirompente, appassionata al mestiere e al racconto, che emerge nel dialogo sulla pervasività delle esperienze vissute nel periodo dell’infanzia.
L’amore per i western e per l’anarchia del selvaggio West sono stati la premessa per l’avverarsi di un film completo, compatto, esaltato da un cast corale di personaggi coinvolti nell’atavico conflitto tra bene e male, ragione e torto. Un personaggio storico realmente esistito trova respiro in un racconto di finzione, fatto di perimetri e indizi sussurrati, di protezione e devozione alla famiglia, misurati da una regia bilanciata, scrupolosa, attenta alle mosse del singolo concorrente.
“Amo il genere western“, dice il regista. “Sono un grande fan del film Young Guns, avevo l’età giusta per amarlo quando è uscito. Nei western tutti sono cattivi, anche i buoni uccidono le persone. Terra di confine – Open range è uno dei miei preferiti. In tempi recenti, ho amato molto western crepuscolari dal ritmo più riflessivo, come Hostiles o L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford, ho cercato di ispirarmi a quei film. Sono anche un grande fan di Star Wars, spero un giorno di poterne girare uno“.
“Il nostro western è contenuto in una cornice limitata“, sostiene il regista. “Il tutto era svolto in uno spazio ristretto e fin dall’inizio abbiamo cercato di girare tenendo presente il budget che avevamo a disposizione“.
La trama di Old Henry, l’ultimo film di Potsy Ponciroli con Tim Blake Nelson e Scott Haze
Oklahoma, 1906. Henry (Tim Blake Nelson) è un vecchio agricoltore alle prese con la rigida educazione del figlio Wyatt (Gavin Lewis), un ragazzo assennato che vorrebbe imparare a maneggiare le armi ma che il padre spinge ad un temperamento pacifico e al
rifiuto della violenza. Un giorno alla porta si presenta Curry (Scott Haze), un uomo misterioso con una borsa piena di soldi. Gli uomini capeggiati da Ketchum (Stephen Dorff) vogliono arrestarlo e riconsegnare il denaro, ma Curry si nasconde in casa dell’uomo costringendolo a riesumare una storia inedita, mai raccontata
Per il personaggio di Henry, il regista non ha subito alcuna influenza: “Tim è uno di quegli attori che già sai porterà a casa un’ottima performance. Ha contribuito all’aspetto del personaggio, al suo accento, voleva rappresentare un uomo animalesco. L’unica cosa su cui non ci siamo trovati sono stati i capelli troppo “selvaggi”, perché volevamo un look più ordinato, ma sin dall’inizio abbiamo concordato sul fatto che il suo personaggio dovesse essere stoico, un uomo dalle poche parole che solo verso la fine, in modo sorprendente, abbraccia di nuovo i tempi ribelli della gioventù”.
Sul suo protagonista Tim Blake Nelson si è espresso chiaramente: “L’ultima cosa che le persone vogliono sentire è cosa ha fatto l’attore per prepararsi al personaggio. Alla fine fare una parte come questa è divertente. Ho lavorato molto nel genere, ho interpretato il ruolo di Buster Scruggs e ho preso parte ad altri film western. Sapevo come muovere la pistola. Il personaggio di Henry la maneggia in modo particolare, riprende confidenza con la pistola con il procedere del film, deve reimparare ad usarla dopo molti anni. La ricerca è stata fatta pensando a Billy the Kid, ci son voluti sei mesi di pratica e la tenevo con me in albergo ogni singolo giorno“.
Scott Haze parla del suo personaggio in Old Henry: “Sentivo il bisogno di tornare sul palco”
L’ignoto antagonista, interpretato da Scott Haze, si definisce invece nel rapporto sensibile con gli spazi della scena. Il suo personaggio sembra volteggiare, fluttuare nello spazio intorno che lo delimita e costituisce, quasi fosse su un palcoscenico e non dietro la macchina da presa. “Dopo Jurassic sentivo davvero il bisogno di tornare sul palco. Ho un teatro di mia proprietà a Los Angeles, ma neanche lì mi sono esibito per molti anni”. Per l’attore, Old Henry si presterebbe benissimo ad una trasposizione teatrale, forse per questo motivo hanno lavorato al film come fosse una pièce, gestendo i confini dell’opera con un gusto coreografico che esaltasse la performance di ciascun personaggio.