Il cast racconta P-Valley: “La serie getta luce su una parte della società da sempre all’ombra”
Intervista esclusiva a parte del cast della serie dedicata al mondo dello strip clubbing, dal 12 luglio disponibile su Starz Play.
Basata sull’opera omonima di Katori Hall, drammaturga e attivista afroamericana tra le più interessanti dell’ultimo decennio, P-Valley – P sta per ‘pussy’ ed è già evocativo della prospettiva femminocentrica dello show – entra in uno strip club sul delta del Mississippi, nel profondo Sud americano, per raccontarne, oltre agli scintillii e ai cortocircuiti criminali, l’umanità varia che vi ruota attorno. Visivamente affascinante per via di un’estetica sabbiosa che salda glam a impressioni nostalgiche, dinamico nella scrittura e corale per vocazione, P-Valley conta su un cast nutrito e ben preparato che alterna recitazione e danza. Un ruolo essenziale è, inoltre, assunto dalla musica trap, qui filologicamente restituita alla sua natura tanto di agente di narrazione quanto di interprete di una rivendicazione sociale, di una domanda di cambiamento.
Grazie a un press junket organizzato dalla casa di distribuzione, abbiamo avuto l’occasione di incontrare quattro degli attori principali della serie: Elarica Johnson, Parker Sawyers, Shannon Thornton e Skyler Joy, che interpretano rispettivamente Autumn, Andre, Keyshawn e Gidget. Con loro abbiamo parlato, tra le altre cose, di come una serie come questa possa, ai tempi del Black Lives Matter, contribuire alla rappresentazione di una società più inclusiva e rispettosa dei diritti della comunità afro-americana.
Iniziamo parlando delle vostre interpretazioni, che sono a dir poco straordinarie. Quali sono state le sfide maggiori a livello tecnico e quali, invece, quelle a livello emotivo?
Elarica Johnson: il racconto ci mette a confronto con molte difficoltà tecniche perché, oltre a recitare, danziamo. Naturalmente, questo prevede una preparazione, un lavoro di addestramento. Personalmente, poi, il mio personaggio viene da Houston, dal Texas: io sono londinese e, quindi, ho lavorato molto anche sull’accento, sul linguaggio. A livello emotivo, quando si interpreta un personaggio, si passa molto tempo con quel personaggio ed entrare in profondità nel suo vissuto è un processo complesso. Lavorando sempre a stretto contatto con lo staff tecnico, sia le difficoltà pratiche sia quelle psicologiche si sono stemperate man mano.
Parker Sawyers: Per me la difficoltà maggiore è stata riprodurre l’accento. Io non sono inglese come Elarica, sono americano, vengo dallo stato dell’Indiana, ma il modo che hanno di parlare da quelle parti (la serie è ambientata in Mississippi, N. d. R.) è molto particolare. Le parole, pronunciata una dopo l’altra, creano un flow, replicarlo non è facile. Poi anche il vocabolario mi è risultato ostico, diverso da quello a cui il mio orecchio era abituato.
Shannon Thornton: nel mio caso, il coinvolgimento emotivo è stato preponderante perché il mio personaggio si ritrova in una relazione abusiva ed esplorare questa relazione è stato per me psicologicamente sfinente, però senza dubbio anche necessario.
Skyler Joy: per quanto mi riguarda, la questione che ho dovuto affrontare è stata quella di rappresentare al meglio il conflitto del mio personaggio con la vergogna, col fatto di dover accettare di essere sexy, di dover eliminare uno stigma interiorizzato.
C’è qualcosa che avete imparato sul vostro corpo lavorandoci così duramente per preparare e realizzare le coreografie richieste?
Skyler Joy: le donne che praticano pole dance sono estremamente atletiche. La forza del loro corpo è incredibile, è stata una grande lezione di forza.
Shannon Thornton: spesso,dopo aver provato, vedevo il mio corpo dolorante, avevo dei lividi, mi sono slogata una caviglia, eppure ho anche notato che la sua capacità di ripresa era incredibile. Il nostro corpo è resiliente, esporlo alla fatica ci fa comprendere come sia più forte di quel che crediamo. Sono molto orgogliosa di quello che sono riuscita a fare, pur senza avere nessuna formazione da danzatrice alle spalle.
P-Valley getta luce sul mondo misconosciuto dello strip clubbing
Lo show ha senz’altro implicazioni politiche. Porta sul piccolo schermo storie di vita notturna, è ambientato perlopiù in uno strip club, racconta il profondo Sud americano e le sue donne, nonché, più in generale, la comunità nera. Credete che possa contribuire, in questo preciso momento storico, a rappresentare un’istanza di cambiamento, l’urgenza di costruire una società più equa, inclusiva e bilanciata?
Elarica Johnson: la show porta sulla scena donne pagate per spogliarsi, per offrire un intrattenimento sessuale. Questo potrebbe suscitare reazioni contraddittorie nel pubblico perché è un’attività su cui potrebbe pesare un giudizio. Ma queste donne, donne che hanno dei talenti, devono essere viste, devono essere ascoltate. P-Valley getta luce su una parta della società che è da sempre all’ombra.
Parker Sawyers: l’America è una nazione molto grande, talvolta non conosciamo neppure i nostri vicini. Gli Stati del Nord conoscono poco quelli del Sud e viceversa, è importante quindi entrare uno spazio geografico e sociale, farlo conoscere, mostrarne le reminiscenze e i retaggi coloniali. In P-Valley vengono mostrate delle piantagioni, quelle piantagioni testimoniano un passato di schiavitù a cui le popolazioni africane sono state costrette. I paesaggi contengono dei segni, delle tracce di qualcosa che è stato e che deve essere conosciuto.
Skyler Joy: la serie esce in un momento perfetto, perché mette in scena molte situazioni che trovano un’eco nell’attualità, soprattutto se pensiamo al movimento Black Lives Matter, al MeToo dell’anno scorso.
Shannon Thornton: le donne che ballano pole dance sprigionano determinazione e assertività perché assumono la loro sessualità, ne sono consapevoli. C’è una forza che le donne rilasciano quando vivono che è incredibile, già solo vivendo pienamente comunicano molta di quella forza. P-Valley è una storia di sogni e di riscatto: i personaggi provengono da una piccola città in uno stato americano povero. Ci sono inoltre numerosi fili narrativi, numerosi subplot e il pubblico non può non trovare qualche vicenda in cui riconoscersi. Questo fa sì che la serie sia inclusiva, dia rappresentanza a molte istanze.
I personaggi di P-Valley lottano per cambiare la loro condizione
La strip club culture è poco esplorata, forse è persino tabù. Ma qual è l’idea che vi siete fatti di quello stile di vita? È lo strip club un luogo di liberazione o di sfruttamento?
Parker Sawyers: io ci sono stato un paio di volte in vita mia. Da un certo punto di vista è un luogo di libertà, permissivo. Da un altro, riunisce loschi impresari e spacciatori, flirta con la malavita. Ma P-Valley non si concentra solo sullo strip club, ci racconta di come le persone che lo vivono vogliano andare oltre a quel mondo, è la storia di un desiderio di riscatto, della speranza di uscire da un certo ambiente, di non restarne vincolati.
Elarica Johnson: la serie vuole rompere il tabù, intende far cambiare idea alla gente. Penso che questo sia il momento storico più adatto per una storia del genere.
Dietro P-Valley un team tutto al femminile per raccontare che femminilità è forza
P-Valley ha anche a che fare con il concetto di femminilità: è difficile definire che cosa sia una donna, perché ogni donna è donna a modo suo, ma la serie non elude la questione nella sua complessità.
Elarica Johnson: la femminilità è sempre qualcosa di complesso, non è un percorso lineare. Nel modo in cui le donne di P-Valley ballano, nella loro nudità, c’è una forma di libertà. Inoltre, i personaggi sono costruiti in maniera tale da suscitare empatia e identificazioni. Seguendo le loro storie, è impossibile per una donna non ritrovare qualcosa della madre, della nonna, della sorella, della zia. Per me è stato così. Le donne devono essere forti perché la società glielo impone. Il crescere figli, il trovarsi in situazioni di abuso… questo le obbliga a tirare fuori le unghia.
Parker Sawyers: sì, aggiungerei anche che il team dietro lo show è tutto al femminile: le registe dei vari episodi, l’autrice, tutte donne… A P-Valley ha lavorato una squadra di donne, le più adatte a raccontare le storie che le riguardano.
Skyler Joy: ciascuna delle registe, l’autrice Katori Hall, le assistenti di produzione sono tutte donne e non solo, sono tutte donne straordinarie, che motivano all’impegno. Lo sguardo femminile dietro e su P-Valley è molto chiaro.
Shannon Thornton: Sì, quanto detto è tutto vero. Inoltre, credo ci sia un’altra angolatura da cui considerare la questione. La serie non si occupa solo di sesso, ma delle donne come oggetti sessuali e come, dalla posizione di oggetti sessuali, cerchino di essere viste, di essere ascoltate.
P-Valley: la trap è riflessione sulla realtà, empowerment, modello culturale
In P-Valley grande importanza è rivestita dalla musica trap. In Italia la trap è negli anni divenuta estremamente popolare, ma periodicamente riaccende controversie per via dei suoi testi violenti. In America la trap è parte integrante di un patrimonio culturale ed è del tutto assorbita a livello mediatico. Qual è il suo ruolo in questa storia?
Parker Sawyers: la trap è un altro personaggio del racconto. Personalmente io amo la trap alla follia, così come tutto l’hip hop di cui è emanazione. La amo perché riflette la realtà e riflette sulla realtà. I rapper non fanno ciò che dicono di fare nelle canzoni ma usano la canzone per testimoniare la realtà, quello che vedono nella vita reale. Adoro la soundtrack di P-Valley, dà un grosso contributo allo show.
Elarica Johnson: la trap è puro storytelling, in P-Valley gioca una parte enorme.
Parker Sawyers: la trap è anche un mezzo d’empowerment. Per scrivere e registrare canzoni basta un computer, la trap è uno strumento concreto di emancipazione non solo morale, ma anche materiale.
Shannon Thornton: nel prepararmi ad interpretare il mio personaggio ho ascoltato molta trap, la musica ha contribuito a nutrire e formare la mia interpretazione. Dunque, non solo è un vero e proprio personaggio, ma anche un’ispirazione, un modello culturale che forgia comportamenti, modi di fare, espressioni, stili di movimento. I nostri personaggi respirano trap, fa parte del loro immaginario, del loro mondo interno e di quello esterno.
Con P-Valley speriamo che cada lo stigma sui lavoratori sessuali
Che cosa vi aspettate dal pubblico? Che accoglienza riserverà a P-Valley?
Elarica Johnson: spero che la gente cambi idea sul mondo della vita notturna, sulle donne che vi lavorano e che cercano di sopravvivervi. Se anche una sola persona sarà spinta a modificare punto di vista, lo show avrà fatto il suo dovere.
Parker Sawyers: io spero che i personaggi siano in grado di suscitare empatia, di spingere chi guarda a tifare per loro.
Skyler Joy: mi auguro che il pubblico possa immedesimarsi nella lotta che questi personaggi affrontano in situazioni di difficoltà materiali a cui, però, cercano di non soccombere. La comprensione delle intime motivazioni di chi non si arrende è ciò che mi aspetto e a cui vorrei P-Valley spingesse lo spettatore.
Shannon Thornton: la storia è di per sé così potente e pioneristica che spero possa essere ben accolta anche solo per questo. Ciò che, però, è più urgente è che la voce di donne rimaste a lungo inascoltate venga ascoltata. Sulle sex workers c’è uno stigma duro a morire e sarebbe bello che potesse finalmente cadere per lasciare spazio a un po’ d’umanità.