Neruda: Pablo Larraín parla del suo anti-biopic sul poeta misterioso [Intervista]
Acclamato all’ultima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia per il suo primo film in lingua inglese Jackie, il regista Pablo Larraín presenta a Roma il suo poetico film Neruda (trailer), un lavoro che l’ha tenuto impegnato per ben cinque anni e che vede protagonisti Gael García Bernal e Luis Gnecco.
Dietro al tuo film, Neruda, ci sono cinque anni di duro lavoro, quali sono state le fonti dalle quali hai tratto ispirazione e a quali documenti, libri o film hai fatto riferimento?
Di biografie su Neruda ce ne sono veramente tante, per il film mi sono basato su tre di queste di cui una è la sua autobiografia “Confesso che ho vissuto”. In più ho fatto alcune interviste a persone ancora in vita che lo hanno conosciuto e incontrato. Neruda era un amante del buon vino, del cibo, delle donne, delle cose belle delle vita, era un poeta, ma anche un personaggio politico.
Mi spaventava l’idea di dover affrontare tutti questi aspetti della sua vita, ma dopo la prima stesura della sceneggiatura mi sono rilassato poiché era impossibile racchiudere tutto questo, soprattutto quando ci si riferisce ad un uomo misterioso e vasto come lui, quindi abbiamo trattato solo alcuni aspetti della sua vita. Neruda è il Cile. È nell’acqua del paese, nelle piante, è nel mio sangue.
Come è stato possibile conciliare la parte artistica con la parte politica di Neruda?
È impossibile fare una divisione. I tempi in cui è vissuto Neruda sono diversi, lì si parlava di un mondo immerso nel modernismo. Pensate se ora un poeta statunitense iniziasse a scrivere, per esempio, dei versi contro Donald Trump, risulterebbe sicuramente ridicolo!
Invece Neruda faceva continuamente riferimento ai nemici nei suoi versi e tutto questo veniva considerato poesia. Neruda e gli artisti dell’epoca volevano cambiare il mondo, far valere il proprio punto di vista, credo che noi oggi non ne siamo più in grado.
Riferendoci anche al tuo lavoro No – I giorni dell’arcobaleno, quanto sei affascinato dalla comunicazione e come viene vissuta in Neruda?
Nel nostro mondo penso che il modo in cui si comunica è diventato più importante rispetto al contenuto che vogliamo diffondere, il che è grave.
Neruda è un road-movie, un noir, una commedia, un dramma, un anti-biopic e sì, è anche un film sulla comunicazione. Ho preso un personaggio e l’ho messo in pericolo. Gli ho fatto attraversare insieme al suo avversario un viaggio che in fondo non è altro che il destino. E tra i due c’è una tacita comunicazione, la consapevolezza di una completezza che si crea dal loro bilanciarsi a vicenda. È puro amore.
“Neruda è il Cile. Eppure dopo tutti gli studi che su di lui ho condotto, sento che rimarrà per sempre un personaggio sfuggevole.”
Nei tuoi film c’è sempre una ricerca estrema dell’estetica, in questo film come si è svolta?
Tutto parte dalla sceneggiatura. Mio fratello, che ha prodotto il film, mi ha subito avvertito che per mancanza di fondi dovevamo togliere venti pagine dalle nostre centosessanta già scritte. Quindi il mio collaboratore alla sceneggiatura Giullermo Calderòn è venuto da me in Cile e dopo una settimana chiusi in una stanza del mio appartamento sono tornato da mio fratello con venti pagine in più rispetto alle precedenti.
Guillermo è un drammaturgo brillante, viene dal teatro, ed ha la capacità di rendere lineare quello che invece io stravolgerò durante le riprese. Avere la sicurezza di avere qualcuno che tenga a bada la linearità così che io possa essere libero con la regia per me è tutto. E con il mio direttore della fotografia cerchiamo sempre di restituire attimi, respiri, momenti, pezzi di vita che verranno poi assemblati nel montaggio. Il cinema si fa ovviamente con le scene, ma è una cosa più viscerale, per questo con il direttore della fotografia cerchiamo di cogliere sempre l’intensità dell’atmosfera.
Secondo te, che regista sarebbe Neruda?
Non saprei proprio, pur avendo passato tanto tempo a studiarlo ho capito che Neruda è un uomo talmente immenso e misterioso che mai si potrà comprenderlo pienamente.