Paolo Genovese a Roma per The Place: “Una riflessione su quanto poco conosciamo”
Abbiamo incontrato il cast di The Place e ci hanno raccontato com'è nato il film, chiarendo il senso del ruolo interpretato da Valerio Mastandrea
L’ultimo film della Festa del Cinema di Roma è The Place, dramma corale di Paolo Genovese con un cast molto ampio formato da attori e attrici quali Marco Giallini, Alessandro Borghi, Valerio Mastandrea, Silvio Muccino, Alba Rohrwacher, Vittoria Puccini, Sabrina Ferilli, Rocco Papaleo e Vinicio Marchioni. Abbiamo incontrato il cast di The Place assieme al regista, che ci hanno raccontato come è nato il film, chiarendo alcuni punti di vista circa il senso del ruolo interpretato da Valerio Mastandrea.
Paolo Genovese, rispondendo ad una domanda che gli chiedeva se avesse voluto ripercorrere e riprendere il gioco della verità di Perfetti Sconosciuti, ha affermato:
No, non c’ho pensato perché mi è capitato di imbattermi in questa serie americana che mi ha folgorato. Perfetti Sconosciuti e The Place hanno un filo rosso che li unisce, che mostra quella parte nera e oscura dell’essere umano. The Place ci fa riflettere su quanto poco conosciamo noi stessi, il motivo per cui volevo farlo è per fare un film diverso, la grande opportunità che ti da un film di successo, come Perfetti Sconosciuti, è proprio cercare qualcosa di ambizioso, anche perché il pubblico ti da fiducia e comincia a seguirti. Cerchiamo sempre di dare al pubblico quello che potrebbe piacergli ma che non si aspetta, per me è stato un film più difficile, drammatico, molto stimolante.
Paolo Genovese continua descrivendo il suo punto di vista circa l’idea di cinema e la coralità e del ruolo di Valerio Mastandrea:
Nel caso di The Place gli attori hanno girato in un piccolo spazio, ed è proprio nella natura del film avere una coralità di attori, che sporge su tematiche rischiose svelando qual è il nostro limite, l’asticella della nostra morale. Noi siamo portati a giudicare tutto, mentre questo film ci chiede di giudicare noi stessi, ma non su quello che si fa nella vita quotidiana, questo film ci violenta a trovarci in questa situazione e a porci le stesse domande dei protagonisti. Il personaggio che tira fuori la parte ombra degli uomini, è un uomo indefinibile volutamente, non è dio, non è un angelo. The Place è un film in cui ognuno si specchia, ognuno di noi ha qualcosa con cui si confronta, per cui il film per ognuno è diverso.
Valerio Mastandrea incede discutendo del personaggio affermando:
Io non ho una storia ma un ruolo, ovvero quello di dover aiutare qualcuno, ciò mi ha fatto anche riflettere su alcune sfumature che nasconde l’idea di aiuto, gli altri secondo me vanno aiutanti autodeterminandoli. Ognuno è libero di interpretare il mio personaggio come crede, è un personaggio che potrebbe anche non esistere. Una chiave del mio lavoro era di fargli esprimere l’empatia per il dolore altrui, come se lui fosse una tenda spostata dal vento. Un personaggio che inquieta ed è inquietante, che è un entità normale.
Silvio Muccino fa una considerazione sui personaggi dichiarando:
Paolo ci ha chiesto di evocare tutto ciò che la macchina da presa non coglieva, di mostrare con il nostro volto e il corpo tutta una zona d’ombra, che è una bomba ad orologeria perché fa paura e l’unica soluzione per risolvere i nostri demoni è venirci a patti.
La forza del personaggio di Mastandrea è che è un personaggio che istruisce al male e prova pietà, Valerio Mastandrea parla del suo ruolo affermando:
L’empatia col dolore era una delle chiavi del mio personaggio, un fatto di piani d’ascolto. Per il tipo di attore che sono, ovvero che non sono cattivo e non riesco ad esserlo, mi succede di empatizzare molto. La lettura che si voleva comunicare era la sua neutralità assoluta, ognuno doveva fare i conti con se stesso, con le proprie giustificazioni e le piccole suggestioni. Si sentiva velatamente il sentimento che provava questo uomo, di simpatia, di pietas, quasi che li stimolasse ad andare da una parte o dall’altra. Ma quest’uomo non interferiva con le loro scelte, perché le loro sono decisioni private, assolutamente libere.
Al regista viene chiesto qual è stato il percorso che ha portato dalla serie al film:
Per The Place abbiamo attinto l’idea e i personaggi dalla serie The Booth at the End, una serie che non ha avuto successo. Alcuni personaggi li abbiamo tolti, alcuni li abbiamo aggiunti, come il personaggio di Vittoria Puccini, di Alessandro Borghi. La difficoltà è che nella serie sono puntate da 12 minuti, noi abbiamo cercato di realizzare una drammaturgia filmica, arricchendo i personaggi, intrecciando i destini e trovando un finale, perché solo così c’è una vera riflessione.
Infine Sabrina Ferilli afferma sul film e sul ruolo:
Questo film è un po misterioso, è un film che dà una serie di spunti. Nel ruolo di Valerio Mastandrea io ci ho visto la coscienza, forse non è produttivo parlare troppo quando i film vogliono rimanere misteriosi. Il mio personaggio ha questo colpo di scena e potrebbe essere qualcuno di distaccato o una visione del personaggio di Valerio. All’interno del film non c’è un giudizio, è un film molto maturo che va oltre il tema del mistero, un film ambizioso, affascinante.