Paolo Virzì a RomaFF13: “Notti magiche è la natura delle cose”
Il resoconto della conferenza stampa di presentazione di Notti Magiche, film di chiusura della Festa del Cinema di Roma 2018 diretto da Paolo Virzì.
Nel corso della penultima giornata della Festa del Cinema di Roma 2018, si è tenuta la conferenza stampa di Notti magiche, nuova opera di Paolo Virzì e film di chiusura della manifestazione. Oltre al regista, hanno partecipato gli sceneggiatori Francesca Archibugi e Francesco Piccolo, gli interpreti Mauro Lamantia, Giovanni Toscano, Irene Vetere, Marina Rocco e Giancarlo Giannini e i produttori Marco Belardi, Paolo Del Brocco e Raffaella Leone.
Ad aprire la conferenza è stato Paolo Virzì, che ha raccontato la genesi del progetto Notti magiche
“Era una stagione emozionante che era rimasta dentro a me e ai miei cosceneggiatori, con i suoi racconti che continuavano ad alimentare conversazioni e aneddoti. Tutto è nato dal funerale di Ettore Scola, quasi come se, venendo a mancare lui, fosse nata la possibilità di fare qualcosa a riguardo, sfottendo in un certo senso i nostri stessi maestri, come loro ci hanno insegnato. Il titolo originale all’inizio era Il grande cinema italiano – Italia ’90. Sulla base di uno scatafascio disordinato che ho avuto per anni sul computer, con Francesca e Francesco abbiamo provato a prendere questo materiale e farne, con disinvoltura e senza sacralità, un racconto divertente su cosa voglia dire narrare e fare un film, e su che cosa sia in fondo guardare la vita e trasformarla in un film.”
Paolo Virzì ha poi confrontato l’Italia di Notti magiche con quella di oggi
“Quando sono arrivato nel 1985, Roma era una città caotica, fuligginosa, tenebrosa, piena di cose pericolose che però trasmettevano eccitazione edallegria. Piazza del Popolo e Piazza Navona erano giganteschi parcheggi, il Colosseo era nero, in quanto fondamentalmente spartitraffico. però questa città mi attraeva, quasi come Parigi. Sono 33 anni che ho modo di osservare Roma e i suoi mutamenti sociali e politici. L’ho vista migliorare dal punto di vista urbanistico, coi soldi del Giubileo, quando si scoraggiava l’uso delle automobili e si ridipingevano le facciate dei palazzi. Poi abbiamo visto quest’ultima stagione di Roma, con un’incuria e un degrado arrogante, frutto di immaturità e mancanza di senso di responsabilità. Forse però sono anche io a essere cambiato.
Quel paese lo sentivo come qualcosa da criticare e superare, e allo stesso tempo quello spirito critico è diverso rispetto allo sgomento di oggi, in cui ci troviamo di fronte a una fine dell’innocenza, del candore e dello sguardo devoto di quei giovani artisti.
Penso che i personaggi siano come nostri burattini, che prendono vita e vanno per conto loro. Seguendo i nostri ragazzi, li abbiamo assecondati nel loro destino e nel loro percorso di disillusione. Non ci deve essere per forza una metafora o un messaggio, mi piace osservare i personaggi e vedere come si comportano. Non credo che Notti magiche sia una lezione sul cinema e sull’Italia, perché c’è il tratto umoristico su quella stagione del cinema, ma ci sono anche tratti laterali che ci stanno molto a cuore, come il cinema maschile fatto di soubrette, una modalità da paese arretrato e maschilista. Ci sono tanti temi che stanno nel racconto e che spero non prevalgano sugli altri.”
Hanno preso poi la parola gli sceneggiatori Francesca Archibugi e Francesco Piccolo, per parlare degli spunti autobiografici in Notti Magiche
Francesco Piccolo si è così espresso: “Ci siamo molto divertiti, anche in maniera irresponsabile se vogliamo. Raccontare qualcosa che conoscevamo per esperienza diretta o perché quei ragazzi ci ricordavano noi quando abbiamo cominciato, ci ha fatto sentire come in un tentativo di non rendere sacro ciò che ci affascinava.” Sulla stessa lunghezza d’onda Francesca Archibugi: “Paolo racconta la verità in scala 1:1,5, ingrandendola soltanto leggermente. Questo è un film per chi non c’era, per cui può risultare anche indigesto. Noi abbiamo rivissuto tutte queste cose per farne un racconto.“
Paolo Virzì ha poi parlato dei rischi connessi alla voglia di Notti magiche di giocare con i mostri sacri del nostro cinema
“Noi abbiamo voluto smitizzare e canzonare la realtà del nostro cinema, e quando ci siamo avvicinati ad alcune divinità di esso, ne abbiamo scoperto anche la natura umana. A me questa sensazione di mondanità, di trovarsi quasi in un girone infernale, piaceva tantissimo e mi alimentava. Ne abbiamo risparmiati tanti, come Dino Risi, che provava piacere nel massacrare tutto ciò che mi piaceva. Quel mondo, l’incontrare i nostri miti, ci piaceva da pazzi. Penso che Notti magiche non sia La grande bellezza, ma la natura delle cose. Il mito del cinema italiano visto da chi l’ha amato e da chi lo prende in giro, come ci hanno insegnato i nostri maestri.”
Hanno poi preso la parola i quattro giovani protagonisti di Notti Magiche Mauro Lamantia, Giovanni Toscano, Irene Vetere e Marina Rocco
Mauro Lamantia si è così espresso: “Il 1990 è l’anno della mia nascita ed è stato come fare un viaggio nel tempo.La cosa che ho fatto prima di tutto è stata guardarmi la cerimonia di inizio dei mondiali, durante la quale mi sono divertito tantissimo, perché mi chiedevo che coraggio avessero per vestirsi così. Sono stato onorato di conoscere questo cinema tramite un progetto che Paolo ha voluto raccontare in questo modo, con i miti di chiunque ami il cinema“.
Irene Vetere ha invece detto: “Io non ho percepito cattiveria in Notti magiche. Quando ci siamo immersi in questo progetto, abbiamo visto un mondo che noi da attori nel 2018 non viviamo, perché il nostro mondo è stato accogliente e protettivo, non ci è stato fatto nessun torto. È stata un’esperienza esaltante e siamo stati catapultati dentro senza capire cosa stava succedendo intorno a noi“.
Giovanni Toscano ha dichiarato: “Non ho vissuto quegli anni, ma leggendo la sceneggiatura e sentendo i racconti, mi dispiace non averli vissuti, perché queste figure di riferimento un pochino ci mancano. Essendo cambiati i tempi, tutto è più veloce, per cui devi essere bravo a prenderti qualsiasi cosa che luccica quando la vedi“.
Marina Rocco invece ha detto: “Io nel 1990 c’ero, ma non ero ancora a Roma, però nel film ho trovato tanto di quello che ho vissuto. In Notti magiche ci sono tanti sentimenti e frustrazioni, in cui io riconosco qualcosa di unico, di italiano, che mi appartiene. Mi hanno recapitato un regalo a casa facendomi lavorare con Paolo Virzì, è stata la cosa più bella che mi potesse capitare“.
Ha poi preso la parola Giancarlo Giannini, che in Notti magiche interpreta uno spregiudicato produttore
“Paolo Virzì ha vissuto questa esperienza da giovane e aveva la stessa età dei protagonisti. Io questa storia l’ho vissuta veramente in prima persona, e trovo che sia stata raccontata da Paolo con grande amore, ma anche, da buon toscano, con un pizzico di cattiveria. Un ritorno nel tempo molto autobiografico, una visione continua delle immagini che ha voluto raccontare. Devo dire che il cinema non era proprio così, c’era anche un grande cinema, in cui i maestri erano anche insegnanti: geni che avevano già fatto, venivano aiutati e aiutavano. Nel film tutto è stato raccontato con amore e malinconia.
Paolo ama molto il cinema e ha imparato a farlo bene; la cosa straordinaria sua è che entra in scena col sorriso, e ciò ha dato a questi bravissimi ragazzi una complicità amichevole. Paolo è un bambino che si diverte a fare film, e trovo che sia necessario mantenere quel fanciullino dentro di noi, visto che anche per me il cinema è stato sempre un bel gioco.”
Paolo Virzì ha poi dedicato un lungo pensiero al cinema italiano contemporaneo
“Quando sono arrivato a Roma per iscrivermi al Centro Sperimentale, si dicevano esattamente le stesse cose di oggi, cioè che il cinema italiano era morto, che non era ancora emersa una nuova generazione di attori, che le sale chiudevano e che in sala c’erano prevalentemente prodotti stranieri, quindi è curioso sentire parlarne 33 anni dopo. La morte e la resurrezione del cinema italiano hanno accompagnato da sempre la nostra vita. Nello specifico di questi anni, rispetto al 1985, laddove fare il primo film significava avere la fortuna di conoscere un grande maestro, mi pare che la mobilità sia molto più dinamica.
Vedo intorno tanti giovani autori interessanti, come i fratelli D’Innocenzo. Ogni anno ci sono due o tre film importanti di giovani autori, cosa che all’epoca era impossibile, perché i film di esordienti non andavano quasi mai in sala. Questo tema si ripropone ciclicamente, e mi piace provare a ribaltarlo: quando fra qualche anno guarderemo indietro a questa stagione, forse la giudicheremo in modo diverso. Nel 1985 per esempio non esisteva altro modo di vedere film se non in sala, invece adesso si guardano dappertutto, pure sul telefonino. Stiamo vivendo una sorta di moltiplicazione del cinema.”