Quentin Tarantino: il prossimo film sarà un western all’italiana girato a Cinecittà?
Il nostro Incontro Ravvicinato col grande Quentin Tarantino in occasione della Festa del Cinema di Roma.
Emozionante, intenso, potente. Questi sono i pochi aggettivi che emergono dopo aver assistito all’Incontro Ravvicinato con Quentin Tarantino, che si è svolto alla 16ª Festa del Cinema di Roma, dove il regista statunitense è stato invitato per essere insignito del Premio alla Carriera che ogni anno viene assegnato a chi ha fatto del cinema la sua vocazione e lo ha reso grande. Il Cinema con la C maiuscola potremmo dire essere quello del cineasta più controverso della contemporaneità che, nella sala gremita di ammiratori, ha discusso in modo preciso, tecnico e diretto della sua carriera attoriale e registica, senza tralasciare aneddoti e battute, che hanno ravvivato il pubblico in visibilio. Perché Quentin Tarantino è così: serio e composto, ma anche ricco di sorprese e amabilmente esilarante.
Quentin Tarantino: lo scrittore e il creatore di mondi
Quentin Tarantino non si è lasciato sfuggire neanche un attimo di esitazione, rimanendo composto e serio ad ogni domanda, ma abbandonandosi ogni tanto a qualche commento ironico rivolgendosi al pubblico, che si è adeguato all’aura del regista: nessuno si è scomposto, mantenendo un alone di pacatezza e assertività mentre il regista disquisiva sulla propria carriera.
“Non saprei dire se mi sento più regista o più sceneggiatore, forse entrambe le cose” ha detto il regista dopo aver rievocato una delle scene più iconiche del suo primo film, Le iene, “Ho sempre avuto un’opinione piuttosto alta di me stesso, dal punto di vista soprattutto della mia capacità di scrittura dei dialoghi. Inizialmente mi consideravo di più uno sceneggiatore che scriveva a favore della regia dei propri film, ma con il passare del tempo ho inseguito la mia musa e sono arrivato alla conclusione di essere uno sceneggiatore e un regista che è in grado di catturare ciò che esprime lo scrittore”.
Un creativo, dunque, prima che un regista, in grado di esprimere attraverso la propria vena autoriale degli stilemi visivi e concettuali innovativi e rivoluzionari per il cinema contemporaneo. E che si diverte a plasmare elementi estetici e narrativi sempre nuovi. Parlando dei brand dei prodotti che inserisce nei suoi film “made Tarantino” ha affermato che “lo faccio perché mi diverto. Preferisco creare in questo mio mondo altre realtà, prodotti o magari film intradiegetici che non sono mai esistiti, creati da me, a cui ho dato un titolo”.
Godard ha realizzato un film “terrificante”
Dopo un’iniziale compostezza e misurata calma professionale, ecco che una domanda permette a Tarantino di mostrare la sua vera anima, quella che il regista tenta di celare e di calibrare in una pacatezza professionale. “È vero che sul tuo curriculum, all’inizio della tua carriera attoriale, hai mentito dicendo di aver recitato in un film di Godard e in uno di Romero”. Un secco “yeah.” fa scoppiare gli astanti in una fragorosa risata. “Se vuoi fare l’attore e non hai fatto nulla dovrai pur scrivere qualcosa nel curriculum, no? Ho puntato sul film di Romero L’alba dei morti viventi, perché a un certo punto si vede una gang di motociclisti e tra questi ce ne era uno che potevo un po’ essere io. Invece Godard ha fatto un film terrificante, Re Lear, un film che nessuno penso abbia mai visto o conosca, e se anche qualcuno volesse vederlo, più di cinque minuti è impossibile resistere. E quindi pensavo di poter inserire anche quello”.
I film di Tarantino sono la rappresentazione stilistica e narrativa di una visione nuova del cinema, che concettualmente si sono da sempre, fin dal 1992, indirizzati verso una visione antitetica del cinema classico e rivoluzionaria sotto tutti i punti di vista. E Quentin, con la nonchalance che lo contraddistingue, ai suoi detrattori e a quelli che considerano antitetici i suoi film per via delle tematiche trattate e della sua tendenza a stravolgere il corso della storia risponde: “di film ce ne sono tanti, perché devono per forza vedere i miei?”
Uno degli ultimi momenti dell’incontro lo ha voluto dedicare a Ennio Morricone, quello che lui considera il suo compositore preferito – e non solo di colonne sonore – e che non si vergogna di affermare e ricordare come “Giant”. Con commozione afferma che è stato per lui un sogno lavorare insieme a The Hateful Eight, che è valso a Morricone l’Oscar come Miglior Colonna sonora.
Un nuovo film di Quentin Tarantino girato a Cinecittà?
L’ultima domanda è forse quella più attesa e che ha tenuto il pubblico per qualche secondo con il fiato sospeso: “Hai mai considerato di girare un film a Cinecittà?” “Of course!”
“Bisognerebbe trovare la storia giusta, ma girare un film a Cinecittà sarebbe davvero pazzesco. Non posso anticipare nulla, ma sto scrivendo “qualcosa”, e questa cosa di cui non voglio dare ulteriori particolari si potrebbe immaginare come uno spaghetti western secondo lo stile del western all’italiana e mi piacerebbe farlo proprio in quel tipico stile in cui tutti gli attori parlano in lingue diverse e capiscono che devono dire la loro battuta non perché capiscono quello che gli altri dicono, ma quando hanno terminato di parlare”.
L’incontro con Quentin Tarantino si è concluso con la consegna del Premio alla Carriera dalle mani di un emozionantissimo Dario Argento: la sua voce ha tradito fin da subito una commozione senza eguali, complimentandosi con Quentin per il suo prezioso contributo nella cinematografia mondiale. Quello che può sembrare un ironico controsenso – un regista del calibro di Dario Argento che si commuove di fronte a Tarantino? – dimostra inconfutabilmente come la genialità e il valore artistico possano e debbano essere un fattore emozionale per chiunque, che sia il semplice spettatore o un regista del calibro del maestro dell’horror italiano.