Se mi lasci non vale: intervista a Salemme e Calabresi in vendetta per amore
Se mi lasci non vale è la storia di Vincenzo e Paolo, due scapoli destinati a diventare amici. Entrambi lasciati dalle proprie compagne, si incontrano una sera per caso in un locale e dalle loro delusioni amorose escogitano il piano: vendicarsi di Sara e Federica. L’unico modo per smettere di stare male è quindi la vendetta. Se mi lasci non vale è un film che parte lento e pian piano prende ritmo, lasciando spazio a una commedia rocambolesca dagli occhi dell’amore. Il film, prodotto da Italian International Film (IIF) e Warner Bros. Entertaiment Italia, sarà in sala dal 21 gennaio 2016 in 300 copie.
Una commedia rocambolesca dagli occhi dell’amore
Sulla falsissima riga di Delitto per delitto di Alfred Hitchcock, Vincenzo Salemme dirige una commedia colorata e dal sapore napoletano, nata da un’idea di Paolo Genovese e Martino Coli. Del cast fanno parte: Carlo Buccirosso, Paolo Calabresi, Serena Autieri, Tosca D’Aquino e Carlo Giuffrè. Tema centrale: la vendetta per amore. “Io non mi sono mai vendicato, non mi piacciono le vendette. Questo film mi piace tanto perché alla fine è venuto fuori, senza volerlo, un film sull’amicizia.” – commenta Vincenzo Salemme – “Io sto rivalutando l’amicizia. L’amore porta un sacco di problemi: rancori, gelosie… Con l’amico no, stai tranquillo. Io consiglio a tutte le coppie, anche quelle che si mettono insieme per amore, di fare amicizia. È il sentimento più nobile, ed è vero che chi trova un amico trova un tesoro”.
Se mi lasci non vale: intervista e foto (Ph. Barbara Como) al cast
Vincenzo e Paolo sono due bamboccioni, per nulla cattivi. Rappresentano il maschio che non si assume le proprie responsabilità e le confonde con stupidaggini. “La vendetta che tentano di fare questi due personaggi è ridicola, è adolescenziale” – afferma Paolo Calabresi – “Vincenzo e Paolo sono strani, si buttano in una situazione inverosimile che viene continuamente disillusa. Io interpreto il personaggio più debole che alla fine ci casca sul serio e alla fine rivaluta il rapporto con l’altro. Per questo è una storia d’amicizia. Io sono il suo giocattolino all’inizio del film. Vincenzo mi usa per questo strano piano al quale mi adeguo un po’ volutamente, però alla fine entrambi, da bambini che erano, diventano uomini”.
Per quanto riguarda i personaggi femminili due attrici napoletane amatissime. Una mora e una bionda, non solo di colore ma anche di carattere. “Federica è una donna con un piglio manageriale, che comanda, che è abituata a tenere la sua vita in pugno.” – dichiara Tosca D’Aquino – “La scommessa di ogni donna è riuscire a coniugare il lavoro e la famiglia. Solo esternamente è un personaggio attaccato ai soldi e all’uomo di potere. In fondo lei cerca solo un uomo di grande personalità”. E aggiunge Serena Autieri: “Sara è una donna che vive nel suo mondo. È vegana, ha le sue fissazioni e quindi il libro, la musica e il ristorante preferito. Se vai fuori da quello schema non riesci a starle dietro, e invece poi si innamora di un uomo che fa tutto l’opposto. È proprio questa la cosa bella e dolce del mio personaggio”.
Un romano tra quattro napoletani, Paolo Calabresi. L’attore è in sala in questi giorni in un piccolo ruolo in La corrispondenza di Giuseppe Tornatore. “Un po’ di timore all’inizio ce l’avevo. Timore di entrare in un mondo di regole comiche già esistenti. In realtà sono problemi inesistenti che si fanno gli attori. A un certo punto, infatti, ho smesso di pensare e ho cercato di essere credibile. È compito del regista poi decidere il colore che deve assumere il film”. E Vincenzo Salemme con Se mi lasci non vale compie un passo laterale rispetto alla farsa. I personaggi del film sono più credibili. Rispondono quindi all’esigenza del cinema dell’idea credibile, verosimile. Mentre a teatro si può raccontare il dramma in maniera metaforica, al cinema questo non può avvenire. Nonostante ciò in Se mi lasci non vale si sente forte e chiara la presenza del teatro. “Il teatro può entrare nei film nel fatto che solo a teatro si impara veramente a recitare – conclude Salemme –. Poi devi essere capace come regista a utilizzare questi elementi in uno schema narrativo che non è teatro. Qui si sente il teatro perché siamo tutti attori che si sono preparati a teatro”.