Jacopo Garfagnoli su Senza Età: “Sono sempre alla ricerca del nuovo posto”
Il protagonista di Senza Età ci parla del film, delle sue aspirazioni e del suo amore per il cinema
Il tempo, la passioni, l’amicizia, le ambizioni; da noi intervistato in occasione dell’uscita del nuovo film di Stefano Usardi, Senza Età, di cui egli è protagonista al fianco di Patrizia La Fonte, Jacopo Garfagnoli è intervenuto ai nostri microfoni per parlare di sé, del lavoro svolto per la realizzazioni della pellicola e del suo rapporto col tempo e con la professione, tra certezze presenti e aspirazioni future.
Nato a Sassari nel 1994, il giovane interprete ha iniziato ad affacciarsi sull’industria dell’audiovisivo lavorando ad alcune serie televisive italiane e non, come We Will Never Die, Passport to Freedom e Desperados, e ottenendo piccoli ruoli cinematografici come quello di Giulio ne Il traditore di Marco Bellocchio; la passione per la recitazione, egli rivela, arriva in periodo liceale, quando decide di iscriversi al laboratorio di teatro e scopre che quegli stessi argomenti che studiava in aula, vissuti come esperienza da palco riescono ad emozionarlo in maniera diversa, tanto da “sorprendersi ogni tanto a piangere mentre l’insegnate parlava di questi personaggi e delle tragedie, che in classe sembravano così noiose“.
Presentatosi e raccontatosi riguardo al suo primo approccio all’interpretariato, Jacopo passa poi a rispondere alle nostre domande sull’opera di Usardi.
Partiamo dal titolo: Senza Età, tu che senso gli dai? Credi che l’amicizia possa avere un’etá? Quella tra Anna e Pietro la vedi come un’amicizia o più come un rapporto parentale?
“In questi giorni mi ritrovo spesso a parlare di quanto sia bello questo lavoro che mi fa trovare amici in persone che hanno l’età dei miei genitori, che sono molto più grandi di me eppure ci si ritrova assieme, si lavora assieme, si condivide questa grande passione e alla fine ci si ritrova tutti ad essere un po’ uguali, anche se diversi; mi piace questo mestiere perché ti permette di creare legami con persone che altrimenti sarebbero inarrivabili, sconosciute; io sono sempre grato di poter conoscere persone nuove e penso proprio, per esempio, a Patrizia La Fonte. Per quanto riguarda Anna e Pietro, invece, io non ci vedo un rapporto di parentela ma bensì, appunto, un’amicizia: si legano l’uno all’altra andando oltre alla questione dell’età, spontanei, si sono trovati e vivono un pezzo di storia assieme”.
Com’è stato lavorare al fianco di Patrizia La Fonte? Quanto ti ha trasmesso con la propria esperienza?
“Patrizia è stata la mia prima insegnante di dizione in accademia, per molti anni non ci siamo più visti fino a ritrovarci per questo film; è stato bellissimo, è nato subito un rapporto di stima e di amicizia. Sul set ci è stata data molta libertà e questo mi aiutato ad imparare parecchio da lei: lavoravamo sui tagli e sui personaggi nei posti più bizzarri, come i bar dei paesini spagnoli in mezzo al nulla”.
E per quanto riguarda il regista Stefano Usardi, come ti sei trovato con lui? Qual è stato il suo approccio con te?
“Mi ha scritto direttamente lui un anno prima delle riprese e già questo mi sembrava incredibile. Quando poi ci siamo incontrati a Roma la sceneggiatura mi ha colpito istantaneamente e ho subito capito quanto lui fosse una persone gentile, che ascolta. Trovare qualcuno che ti dà tutta questa libertà, sempre in ascolto, sempre aperto, è rarissimo, e anche se all’inizio tutto questo mi ha un po’ disorientato, dopo non avrei più voluto smettere. Lui poi è uno studioso, un filosofo, lo definirei quasi un intelletuale on the road e spero di poterci lavorare assieme in altre occasioni”.
A proposito di sceneggiatura, ad un certo punto nel film viene pronunciata questa frase: “è brutto che uno non abbia il tempo di sentire il tempo“. Qual è il tuo rapporto con tempo?
“Come dice il mio maestro, viviamo la metà del giorno nel passato o nel futuro; è una cosa che cerco sempre di lavorare un po’ alla Pietro, anzi un po’ alla Pietro condizionato da Anna: io cerco di vivere molto nel presente, certo uno si deve fare un po’ di piani, deve avere prospettive ma io sono sempre in giro, sono sempre alla ricerca del nuovo posto, della nuova esperienza. Ho le mie basi e anche quelle fanno bene, ma il tempo c’è, solo che noi, come afferma il film, non ci prendiamo il tempo di ascoltarlo. Rievocando quella grande citazione di John Lennon di cui sono fissato fin da quando sono bambino: la vita è quella cosa che succede quando siamo impegnati a fare qualcos’altro”.
Jacopo Garfagnoli dal presente al futuro
A proposito del tempo, Jacopo Garfagnoli ha poi risposto alle ultime domande riguardo al suo futuro e ai suoi progetti.
Cosa ti aspetti dal futuro? Stai lavorando a nuovi progetti?
“Non ho ancora progetti all’orizzonte ma io, sapendo diverse lingue come tedesco, portoghese e francese, cerco di crearmi un mio spazio come attore internazionale. Sono poi ad una fase, super embrionale, di scrittura e vorrei portare avanti un qualcosa di mio, forse anche in questo caso on the road, ma è ancora tutto da vedere”.
Vorresti lavorare con qualcuno in particolare?
“Ho già lavorato con Favino e mi piacerebbe avere l’occasione di poter collaborare nuovamente, questa volta con un ruolo, per me, di più alto spessore, però a cuore direi Willem Dafoe: vive a Roma e io, che amo drogarmi di interviste agli attori, lo seguo sempre, dev’essere una persona molto interessante: una volta alla Berlinale ha parlato di come la recitazione sia per lui qualcosa di molto reattivo e io mi trovo assolutamente d’accordo”.
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