Sigourney Weaver: a Hollywood interessano solo i soldi, non il nostro spirito
Non chiamatela regina della fantascienza! Durante la masterclass alla Festa del Cinema di Roma Sigourney Weaver ha ripercorso la propria carriera parlando anche di Alien, ma non solo!
Dopo gli incontri dei giorni scorsi con Cate Blanchett, Isabelle Huppert e Martin Scorsese, che vi abbiamo raccontato sulle nostre pagine, la Festa del Cinema di Roma ha ospitato un’altra stella del firmamento cinematografico, ovvero Sigourney Weaver, protagonista di pellicole indimenticabili come Alien, Ghostbusters, Gorilla nella nebbia e Avatar. L’attrice si è prestata a quella che ormai è una prassi consolidata per questo tipo di eventi della Festa, consistente nel commento insieme al direttore artistico Antonio Monda di diverse scene rappresentative della carriera della protagonista dell’incontro, seguito da una sequenza particolarmente amata da quest’ultima, ma non da lei interpretata.
Il primo film mostrato è stato Ghostbusters (Ivan Reitman, 1984), che è servito da pretesto per una riflessione di Sigourney Weaver sulla commedia
“Per me è un mistero che le commedia non vincano mai i grandi premi, perché io adoro la commedia e penso sia il genere più difficile da scrivere, dirigere e recitare. Penso che dipenda dal desiderio dell’industria di acquisire più serietà come forma d’arte. In questo senso mi ha sorpresa l’inserimento della categoria miglior film popolare agli Oscar. Si cerca di chiamare tutti a raccolta, di attrarre anche i giovani spettatori verso gli Oscar, perché le persone che lavorano in questi film sono molto popolari, ma credo che la parola popolare sia un po’ strana. Nella mia esperienza è molto più difficile trovare una sceneggiatura efficace per una commedia. Questo genere è un insieme di cose, tutto deve fluire in modo meraviglioso, ed è fondamentale anche il casting. La commedia è apprezzata, ma pochi capiscono quanto lavoro e quanta chimica ci sia dietro.”
Sigourney Weaver ha poi raccontato qualche retroscena di Gorilla nella nebbia (Michael Apted, 1988)
“Avevo letto il libro di Dian Fossey molti anni prima del progetto e mi ero detta che non si sarebbe mai potuto fare un film, perché era impossibile lavorare con animali veri. Ci sono poi stati due studios diversi coinvolti nel progetto, che mi hanno chiesto di partecipare. Io inizialmente ho resistito, perché avevo tanto rispetto per Dian, ma sono felice di avere partecipato e lavoro ancora con la Gorilla Foundation. Io pensavo fosse un errore, non credevo di essere all’altezza di Dian perché non avevo mai interpretato un personaggio reale.
Penso che per un regista sia fondamentale avere esperienza del punto di vista dell’attore. Quando conosco un giovane regista gli dico di andare a scuola di recitazione, perché gli darà rispetto per il nostro lavoro e gli insegnerà come parlarci. A me piace tanto essere diretta da un regista, e a volte devo chiedere a un regista di darmi direttive, perché loro pensano che io sappia già tutto. Questo problema non c’è con James Cameron, lui mi dirige. Anche Roman Polanski è un regista che dice esattamente cosa fare: a me inizialmente non piaceva così tanto questo modo di lavorare, poi mi sono accorta che aveva sempre ragione, quindi ho fatto come mi diceva. Ci sono attori che non fanno altro che improvvisare, io preferisco comunque avere una traccia da seguire.”
Sigourney Weaver ha poi utilizzato Tempesta di ghiaccio (Ang Lee, 1997) per parlare dell’importanza dell’esperienza teatrale per un attore
“É stato bello lavorare per questo film con Kevin Kline, che ha come me una formazione teatrale. Gli attori che vengono da teatro sono più sicuri e tranquilli in qualunque contesto, che sia Star Wars o qualunque altro film, perché sanno che stanno sempre andando da qualche parte nella scena. Ci sono molti modi per entrare in questo mondo, ma partire dal teatro è una formazione eccellente. Grazie a Dio io sono nata a teatro.”
Una donna in carriera è servito a Sigourney Weaver per parlare di Mike Nichols e Harrison Ford, che hanno lavorato con lei nel film
“Penso che Mike Nichols sia stato il regista più divertente e informato. Ho lavorato a teatro con lui e mi diceva sempre: distilla l’essenza di ciò che devi fare. Lui ti diceva un’azione e ti chiariva qual era il tuo ruolo. Riusciva sempre a fare tutto, gli bastavano pochi ciak. Mi ha sempre fatto tanto piacere lavorare con lui, che con questo personaggio mi ha dato ali e libertà. La commedia è tutta nel tempo, che difficilmente puoi imparare. Se si analizza per esempio il lavoro di Harrison Ford, io credo che sia un comico stupendo, che mette tutta la sua energia nel ruolo. É stato meraviglioso vedere anche Melanie Griffith, una persona fondamentale nel cast di questo film.”
Avatar (James Cameron, 2009) è stato un’occasione per Sigourney Weaver per parlare della sua confidenza con il genere fantascientifico
“Spesso mi dicono che sono un’icona della fantascienza, ma io credo che si usi la fantascienza per coprire tanti aspetti diversi, come appunto in Avatar. Con James Cameron è davvero fantascienza, perché il tema è capire di più su di noi come esseri umani e su dove stiamo andando. Non penso che Galaxy Quest sia fantascienza, e neanche Ghostbusters. Credo che non ci sia abbastanza rispetto in questo senso. I giovani sono interessati a queste tematiche, perché si chiedono cosa facciamo noi su questo pianeta, per cui dobbiamo portare grande rispetto alla fantascienza e ai giovani cineasti che la fanno. Essendo un’esplorazione sincera dei temi di cui parlavo, Avatar ha toccato temi sensibili e grandi interrogativi. Penso che James Cameron stesse cercando di parlare a tutto il pianeta, e per questo il film ha avuto successo. James è un partner, ha scritto i personaggi e ha idee molto forti, ma è anche aperto verso l’attore.”
Leggi anche Sigourney Weaver: 10 curiosità sull’attrice di Avatar, dai film alla vita privata
Sigourney Weaver ha poi parlato de La morte e la fanciulla e del suo rapporto con Roman Polanski
“Prima che lavorassi con Roman, ci siamo incontrati proprio qui a Roma. Abbiamo pranzato insieme all’aperto e abbiamo parlato del mio ruolo. Circa 6 mesi dopo, Roman mi ha chiamata perché una rivista aveva pubblicato le foto di me e lui insieme ipotizzando una nostra relazione, e voleva fare causa alla rivista. Io gli ho detto che non mi interessava, perché era una delle storie più interessanti che abbiano mai scritto su di me! Quando ci siamo incontrati per la prima lettura delle sceneggiatura, lui ha letto tutte le parti, cosa molto strana per un regista, anche se lui pure attore. Ha dato una versione moto dura della protagonista Paulina, dandomi una chiave di accesso che da sola non avrei trovato. Ha azzeccato tutti i personaggi ed è stata un’esperienza meravigliosa.
Ogni giorno rifacevamo tutto il film fino alla scena del giorno. Polanski non fa mai storyboard, vedeva le nostre prove, poi mentalmente le costruiva e alla fine trovava l’inquadratura giusta. Conoscevo già il testo teatrale, ma ho preferito non interpretarlo, anche perché il mio personaggio a teatro era ben diverso. La cosa che mi ha commossa di questo film è che lui in Polonia era stato la vittima, poi anche il marito impotente che non poteva fare niente: metteva in scena anche la sua personale storia.”
Non poteva di certo mancare una considerazione di Sigourney Weaver su Alien (Ridley Scott, 1979)
“Alien è stato sostanzialmente il mio primo film, ho dovuto fare un provino ed è per questo che si vede dappertutto. Ridley aveva un controllo esemplare sull’aspetto visivo del film e insisteva molto sul fatto che dovevamo improvvisare, che per me era una cosa folle, perché non avevo mai fatto film. Per fortuna con Alien non ho mai dovuto interagire con il green screen, perché Ridley aveva trovato un giovane studente in un pub vicino, che sembrava veramente un uomo di un altro pianeta per costituzione fisica, anche se era un uomo molto elegante, da togliere il fiato.
Penso che sia difficile fare finta di combattere contro uno schermo verde, si prendono male le distanza. Io ho sempre combattuto contro qualcosa di reale: nell’ultima scena per esempio lui non mi aveva detto dov’era il mostro. Non mi dispiace vedere un paio di clip, ma in genere non riguardo i miei film. Credo che mia figlia alcuni di questi non li abbia mai visti! Ha visto Alien all’università, ma preferisce pensare a me come madre. non ha mai visto tempesta di ghiaccio per esempio.”
Leggi anche Sigourney Weaver: i 10 migliori film sci-fi della Ripley di Alien
Il fiIm scelto da Sigourney Weaver è stato I segreti di Brokeback Mountain (Ang Lee, 2005)
“Penso che sia una delle storie d’amore più belle mai raccontate. Ang Lee si è innamorato del film, perché non riusciva a capire perché la storia lo faceva commuovere. Lui è un regista molto puntiglioso, per Tempesta di ghiaccio ha provato 12 versioni diverse finché non ha trovato quella che lo ha convinto.”
Sigourney Weaver ha poi risposto ad alcune domande a ruota libera sul cinema e sulla sua carriera
“Sono stata sul punto di provare a fare la regista, ma so che come genitore mi allontanerebbe troppo per troppo tempo, per cui ho preferito desistere. La difficoltà dei baci sul set? Beh, dipende chi è l’altro che devi baciare (ride, ndr)! Una parte che avrei voluto fare è quella di Julia Child in Julie & Julia, che ha fatto Meryl Streep. Meryl è stata bravissima, ma io sono alta quanto lei e Meryl no (ride di nuovo, ndr)!
In conclusione, un accenno alla crescente tendenza di Hollywood verso i blockbuster: credo che il potere dell’industria si sia allontanato da Hollywood e che Hollywood per qualche ragione pensi che il pubblico voglia andare solo in un terreno conosciuto. Per questo motivo continuano a ripetere gli stessi film, senza capire che cosa terribile sia per il pubblico. A loro non interessa la nostra storia e il nostro spirito, ma solo i soldi.”