Stefano Sollima: “Il mio Soldado vive di luce propria, potrebbe essere il prequel di Sicario”
Come è stato lavorare negli Usa, qual è la considerazione del suo Soldado e dove si colloca in relazione a Sicario di Denis Villeneuve?
È uno Stefano Sollima spumeggiante e assolutamente disponibile quello che si è prestato ai microfoni e alle telecamere durante la conferenza stampa romana dedicata al suo Soldado, il sequel di Sicario diretto da quel Denis Villeneuve che stupì il mondo e che adesso, con questo secondo capitolo in uscita nelle sale italiane il 18 ottobre, il regista romano 52enne promette di portare a un altro livello.
Total black ma solare nella volontà di chiarire il percorso artistico che lo ha portato a parlare di narcotrafficanti e terroristi ad Hollywood – lui che ci ha parlato dei delinquenti di casa nostra, con così grande efficacia – Stefano Sollima ha regalato sorprese e verità su un film atteso come pochi e che la critica e il pubblico stanno premiando.
Stefano Sollima racconta Soldado, il sequel di Sicario
“Soldado parte non da un immaginario” – ha esordito Stefano Sollima – “ma da un mondo di riferimento, è il nuovo capitolo all’interno di una saga che nasce da un universo di riferimento. Certamente il film di Villeneuve è stato importante per questo secondo episodio.”
“Ciò che mi aveva stupito di Sicario era il fatto di essere allo stesso tempo un film di intrattenimento e di avere però una profondità di sguardo unica, nonché un ritmo molto lento e non-adrenalinico in diversi momenti topici. Il mio Soldado è sicuramente anch’esso un racconto corale, abitato da antieroi, che però vive di luce propria, non è neppure connesso in senso temporale al primo. Potrebbe benissimo essere un prequel, per dire”.
Alla domanda su quale sia stato l’impatto nel passare dalla dimensione italiana a quella della Hollywood che conta, Stefano Sollima ha detto con sincerità:
“Devi ricominciare da zero, ricominciare da capo. Quello che fai, quello che sei, te lo devi riguadagnare passo-passo, la realtà produttiva statunitense è immensamente più complessa di quella europea.
Da noi il regista ha un totale controllo sul film, in un certo senso è una sua creatura. Negli States invece Soldado è stato soggetto a controlli, limature, insomma i produttori (che sono molti di più che in Europa e in diversi ambiti) se vogliono possono tranquillamente toglierti tutto quello che hai creato dalle mani e tu non ci puoi fare niente”.
Stefano Sollima: “Soldado può essere considerato autoconclusivo, non aperto”
“Da parte mia credo semplicemente di essere stato insistente il giusto, di non aver perso la mia specificità, di aver saputo anche grazie al montaggio con cui ho tagliato 10 minuti finali, di aver proposto ai produttori quello che volevano, che speravano di ottenere.
Di base credo che il mio film possa essere considerato autoconclusivo, non aperto. Potrebbe anche essere che per il prossimo capitolo (che il regista ha fatto capire non essere nella sua agenda con ogni probabilità) potreste anche non trovare gli stessi personaggi…”
“Rispetto a Sicario però il mio Soldado è meno delicato, non ha un punto di vista morale, il che lo porta ad essere più morbido, meno provocatorio” – ha rivendicato il regista – “da un certo punto di vista questa saga penso continuerà come quella di Alien, con diversi registi per ogni episodio, ognuno con il suo linguaggio e il suo punto di vista…per quanto la linea temporale legata a Ripley fosse molto più vincolante”.
“Ciò che mi preme puntualizzare” – ha precisato Stefano Sollima – “È che in Soldado rispetto al primo episodio manca completamente il senso morale, non c’è una chiara e delineata moralità nei personaggi. Partono da un certo percorso e per strada diventano qualcosa di completamente diverso, di torbido.”
Alla domanda su com’è stato confrontarsi sul set con due attori del calibro di Josh Brolin e Benicio del Toro, il regista di Suburra e Romanzo Criminale ha simpaticamente sentenziato: “Tutti gli attori, in fondo, sono uguali. Devi semplicemente trovare per ognuno il modo giusto di farti comprendere”.