Claudia Gerini parla di Tapirulàn: “una critica alla società” [VIDEO]
Claudia Gerini ha presentato Tapirulàn a Roma, spiegando quanto la condizione della protagonista del film sia in fondo la stessa con cui molti di noi si ritrovano a fare i conti nel corso della propria vita.
Martedì 26 aprile si è tenuta a Roma l’anteprima di Tapirulàn, film nelle sale a partire da giovedì 5 maggio. Un’opera particolare che segna il debutto alla regia di Claudia Gerini, tra i volti più popolari ed amati del cinema italiano. Come prevedibile, i riflettori del Cinema Adriano sono stati tutti per lei, apparsa raggiante ed estremamente emozionata per questa nuova sfida, ulteriore passo in avanti di una carriera iniziata ormai 35 anni fa.
Tapirulàn, l’esordio alla regia di Claudia Gerini: “Mi sono innamorata della protagonista“
Claudia Gerini ha scelto di passare dietro la macchina da presa (pur continuando a rimanerci anche davanti, ricoprendo il ruolo della protagonista) per raccontare la storia di Emma, una counselor online che presta il proprio ascolto ai problemi degli altri pur di silenziare quelli racchiusi dentro di sé. Veri e propri fantasmi del passato che però, dopo una telefonata inaspettata, tornano a farle visita, mettendola di fronte ad una scelta estremamente importante. Parlando in generale di questa esperienza, l’attrice e neoregista romana ha detto: “Sono felice perché questo è un po’ il film che volevo fare. Quando ho letto il soggetto, di 18 pagine, mi sono innamorata di Emma ed ho pensato che questo personaggio ce l’avevo dentro e quindi l’ho voluto raccontare, così come lo vedrete sullo schermo. Quando poi l’ho visto, mi sembra di aver fatto un buon lavoro, però è il pubblico che deve decidere“. Per quanto riguarda la protagonista del film, interpretata da lei stessa, Claudia Gerini ha scelto di raccontarla così: “Emma è una donna che vive in una sorta di autoreclusione. L’ha scelto, perché è una consulente psicologica e fa consulenza online, con le sue videochiamate, però è una runner, le piace correre, ed è una donna che ha scelto un po’ di astrarsi dalla società, pur empatizzando con tutti i suoi pazienti. Ovviamente c’è anche la metafora di un criceto: tutti noi corriamo e corriamo, ma poi ci sembra di rimanere sempre allo stesso punto. Quindi quella dell’essere umano nella società moderna è una condizione un po’ forzata. Il film è un po’ una critica a questo iperindividualismo, a questo modo di concepire il mondo sempre attraverso un vetro, ed Emma vede il mondo reale sempre attraverso il suo vetro. Anche per questo ho scelto di girare il film in un loft a Roma, pieno di vetrate, proprio per dare questa sensazione di non poter partecipare alla vita autentica“.
Claudia Gerini parla di Tapirulàn sul red carpet: “È difficilissimo essere empatici al giorno d’oggi“
Nel film si parla molto di empatia e per questo abbiamo chiesto a Claudia Gerini cosa significhi per lei essere empatici e quanto sia difficile esserlo al giorno d’oggi. La regista di Tapirulàn ci ha risposto così: “È difficilissimo essere empatici al giorno d’oggi. Io credo che le persone non ascoltino. Spiano gli altri attraverso i social ma non c’è un vero ascolto, una vera partecipazione. Noto che le persone non guardano il prossimo. Quindi empatia significa saper ascoltare per capire la sofferenza dell’altro e la condizione della persona che hai di fronte: è molto importante riuscire ad esserlo“. Riguardo ciò che spera di riuscire a fare attraverso questa sua opera prima, ha invece detto: “Spero di risvegliare, di emozionare ed anche, in qualche modo, di far riflettere chi guarderà il film. Soprattutto fargli capire che se non si affronta il “mostro” che si ha dentro, se non affronti quel tuo problema e cerchi invece di nasconderti, non evolvi nella vita. Quindi vorrei dare questo input di affrontare anche la cosa più brutta che hai, passarci dentro, metabolizzarla e affrontarla, perché solo così ci si evolve“.
Claudia Gerini ha poi introdotto Tapirulàn alle persone che hanno gremito la sala cinematografica: “Questa volta è stata ovviamente una responsabilità più importante rispetto a quella di tanti altri film. Questo passo avanti della regia l’ho fatto perché mi sono innamorata di questo personaggio ed ho pensato di potermi autodirigere, un po’ presuntuosamente. Ho pensato di avere molto chiaro questo viaggio affrontato dalla protagonista del film e volevo renderlo sullo schermo, così come ho tentato di fare. Ovviamente è una sfida, perché è un film ambientato in una monolocation, quindi è ancora più difficile. C’è la metafora di questo criceto che corre, corre e corre, che è un po’ la sensazione che proviamo tutti di rimanere sempre allo stesso punto, o almeno per me è così. Ma finché non affrontiamo le cose brutte della vita ed i nostri blocchi, non cresciamo“.