The Good Mothers: il cast e i creatori svelano segreti e curiosità della serie Disney+
Perché The Good Mothers è una serie unica? Lo svelano Stephen Butchard, Elisa Amoruso, Julian Jarrold e il cast della serie Disney+.
L’attesissima trasposizione seriale del noto e omonimo romanzo d’inchiesta The Good Mothers di Alex Perry, targata Disney+ sulle donne che hanno osano contrapporsi alla ‘ndrangheta, rinunciando alla loro vita, libertà e spensieratezza, dopo la vittoria trionfale della prima edizione del Berlinale Series Awards (il premio dedicato alle serie tv del Festival) all’interno della 73° edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino, è ormai prossima all’uscita.
Scritta da Stephen Butchard, diretta da Elisa Amoruso e Julian Jarrold, ed interpretata tra gli altri da Micaela Ramazzotti, Valentina Bellè, Gaia Girace, Simona Distefano, Barbara Chicchiarelli e Francesco Colella, The Good Mothers debutterà su Disney+ il 5 aprile, con tutti i sei episodi disponibili al lancio.
Durante la conferenza stampa globale, a cui hanno partecipato i due registi Elisa Amoruso e Julian Jarrold, lo sceneggiatore Stephen Butchard e il cast, abbiamo avuto modo di saperne di più sulla serie TV.
La trama di The Good Mothers
Lea Garofalo, Giuseppina Pesce, Concetta Cacciola e Anna Colace sono quattro donne estremamente differenti tra loro, accomunate da un elemento, l’ndrangheta che le lega indissolubilmente privandole di tutte quelle libertà che invece avrebbero desiderato o che tutt’ora desiderano, gridando a gran voce affinchè quelle ombre, così come quei sospetti e quelle violenze cessino una volta per tutte, permettendo loro di cominciare una nuova vita, più pulita, tranquilla e speranzosa, senza più fughe improvvise, ricatti e morte.
Le motivazioni che hanno condotto alla lavorazione e nascita di The Good Mothers da Stephen Butchard ad Elisa Amoruso, fino a Julian Jarrold
Lo sceneggiatore Stephen Butchard sulla ragione altruistica di The Good Mothers ha detto: “Credo che una delle motivazioni principali, intendo quelle che di solito convincono uno sceneggiatore a lavorare ad un progetto, dunque scegliendolo rispetto ad un altro o più di uno, sia stata la morale fortemente altruistica che queste storie celano. Ogni donna della nostra serie, con la sua storia e la sua morale e la sua voglia di riscatto non può che rappresentare un’istanza altruistica, un grido di libertà che è contagioso e d’ispirazione per tutte quelle altre donne che non hanno avuto il loro stesso coraggio e che ancora restano prigioniere silenziose. Ecco, credo che questa serie abbia dato voce anche a loro, per via di questa forza dell’altruismo le appartiene.“.
Sulla scrittura seriale e la ricerca della novità
Butchard, guardando al discorso di scrittura seriale e di ricerca della novità ha detto: “Inoltre ho cercato di ragionare sulla scrittura di The Good Mothers ponendomi un unico grande obiettivo: evitare i clichè della mafia. Buoni, cattivi, meno cattivi, meno buoni. Insomma, niente di tutto questo appartiene a The Good Mothers. Qui non ci sono cattivi, piuttosto figli e inevitabilmente frutti di un determinato contesto familiare e mondo a sé. Le donne sono il punto centrale, certamente vero, ma gli uomini sono altrettanto importanti, reali e mai stereotipati, in funzione di una scala societaria e di potere. Uomini e donne però subiscono allo stesso modo, senza mai trionfare”.
Sulla questioni registiche
La regista Elisa Amoruso invece spostandosi sul tema della serialità e del cinema al femminile ha detto: “Le storie di donne lo sappiamo bene, sono quelle che spesso restano in secondo piano, perché la predominanza maschile è ancora molto a vantaggio di una certa narrazione tanto seriale, quanto cinematografica. Questa volta si ha l’orgoglio di una storia centrata in tutto e per tutto sulle donne, ecco perché questo è un grande progetto. Inoltre, la questione di restare sulle figure femminili è frutto di una precisa volontà registica, dunque mia e di Julian, quella cioè di restare sui corpi con la macchina da presa, senza dar loro respiro o quasi, comunicando allo spettatore, o almeno provandoci, il reale significato della gabbia psicologica e della prigione emotiva che ha rinchiuso ciascuna di loro”.
Julian Jarrold invece, che insieme ad Elisa Amoruso firma la regia di The Good Mothers ha detto: “Non mi soffermerei tanto sulla questione donna/uomo se fossi il pubblico, non l’ho fatto nemmeno in quanto regista, piuttosto guarderei a The Good Mothers come ad un racconto di mafia che evita il convenzionale, perciò l’azione e l’adrenalina di quel modello di cinema e serialità, favorendo la narrazione e la messa in scena delle conseguenze emotive subite ed elaborate da questi personaggi, che attraverso la violenza, la pressione e l’omertà riescono comunque a trovare la luce, la speranza e l’amore”.
Le voci del cast – Perché The Good Mothers è una grande serie?
Micaela Ramazzotti riflettendo sul personaggio di Lea Garofalo e su questo ruolo così estremamente distante rispetto ai suoi precedenti, o ad ogni modo, quelli degli ultimi anni ha detto: “Interpretare Lea Garofalo significava farmi carico di una responsabilità enorme, una donna forte, eppure a pezzi che trova il coraggio attraverso l’amore, la speranza e la volontà di rivalsa. È un ruolo piuttosto distante da quelli che ho interpretato negli ultimi anni è vero, anche se tutti i miei ruoli hanno sempre avuto a che fare con l’amore. Qui c’è, l’amore è sempre lì, e lei è animata e risvegliata proprio da quello. Mi sono avvicinata a The Good Mothers però non soltanto per ciò che rappresentava il mio personaggio, ma la storia, così importante e necessaria. Dovevo farlo, doverlo farlo per Lea”.
Valentina Bellè invece raccontando della curiosa e complessa lavorazione di The Good Mothers ha detto: “La serie è un viaggio, tanto quanto è stato un viaggio capire come interpretare il mio personaggio. Abbiamo girato spostandoci di luogo in luogo, conoscendo e parlando realmente con alcune delle persone che hanno conosciuto queste donne in Calabria, ritrovando di tanto in tanto perfino delle confessioni piuttosto incredibili di fronte alle quali risultava impossibile non rabbrividire, prendendo coscienza di quel modo di vedere e pensare alle questioni mafiose, ancora così oscurato dalla violenza e dalle ombre dell’omertà. Tutto questo però ti permette di elaborare concretamente quel mondo, e per me è stato difficile, unico, certamente interessante e affascinante. Non conoscevo tutte le storie, perciò è stata una continua scoperta lavorare a questa serie e per concludere rispetto alla tematica femminile in relazione al titolo, The Good Mothers, credo di poter dire che una buona madre non diviene tale in funzione di un figlio, piuttosto lottando per la propria libertà”.
Sulla questione del vittimismo, della rivalsa e della vendetta è intervenuta Gaia Girace, nota interprete de L’amica Geniale: “The Good Mothers è una grande serie perché racconta l’ndrangheta esclusivamente, o quasi, dal punto di vista femminile, che non è vittimistico, o succube, piuttosto oppresso, ma continuamente animato e nutrito di un enorme desiderio di rivalsa e vendetta. Penso a Denise, il personaggio che interpreto, che pur subendo la peggior privazione possibile che una figlia può elaborare e attraversare, specie in giovane età, non perde mai la voglia di combattere, di far sentire la propria voce, di essere altro rispetto alla violenza che la sua famiglia crea. Una battaglia in nome di quell’amore materno incondizionato e potente che dà il titolo alla meravigliosa serie che è The Good Mothers”.
Non ci resta che attendere il 5 aprile per poter conoscere fino in fondo le grandi storie che The Good Mothers racconta. Su Disney+ dal 5 aprile, con tutti i sei episodi disponibili al lancio.