Tommaso Basili racconta Here After e altri progetti: “Sono sempre in fase di apprendimento”

L'attore è tra i protagonisti di Here After - L'aldilà, al cinema dal 25 luglio e, prossimamente, sia del film Netflix La dolce villa che della serie prodotta da Martin Scorsese, dedicata alla vita dei santi

La versatilità di un interprete la si coglie dalla pluralità e dalla dissomiglianza delle produzioni a cui prende parte e Tommaso Basili ne è un perfetto esempio. Abbiamo intervistato l’attore classe 1982, cresciuto tra l’Italia e l’estero ma nato a Tempio Pausania, in Sardegna – da padre marchigiano, trapiantato negli Stati Uniti, e madre italo-francese, nata nelle colonie franco-portoghesi del Madagascar – in occasione dell’uscita di Here After – L’aldilà, primo film da regista del produttore Robert Salerno (21 grammi, Animali Notturni, Smile), al cinema dal 25 luglio. L’interprete ha condiviso la sua esperienza raccontando del film e di quanto si sia trovato a suo agio a collaborare con il cineasta statunitense, prima di passare ai futuri progetti che lo vedranno protagonista dopo l’estate: il film Netflix La Dolce Villa, con Violante Placido, e la serie prodotta, co-diretta e presentata da Martin Scorsese, The Saints.

Dopo aver studiato recitazione, prima al Michal Rodgers Acting Studio e poi, negli Stati Uniti, alla Stella Adler Studio of Acting di New York, Basili ha esordito in Italia con la serie Sky Atlantic 1993, per poi proseguire sulla strada della serialità con moltissime apparizioni in svariate produzioni: Diavoli, Leonardo, Petra, FBI International e Rise of Empires: Ottoman, in cui ricopre il suo primo ruolo da co-protagonista. Il primo lungometraggio a cui ha preso parte è Lamborghini di Bobby Moresco e, di recente, ha interpretato Gianni Agnelli in Ferrari di Michael Mann.

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Tommaso Basili su Here After: “Un thriller psicologico che parte dal trauma”

Tommaso Basili cinematographe.it

È oggi al cinema il film Here After – L’Aldilà, horror diretto da Robert Salerno che ti vede tra i protagonisti. Cosa puoi raccontarci di questa pellicola e del ruolo che tu interpreti?

“Il film, anche se viene definito tale, non è un horror puro; ha sì delle componenti del genere ma è più un thriller psicologico che va verso l’esoterico. È ambientato in una Roma fotografata in maniera inusuale, una Roma fredda, che deve tanto allo straordinario lavoro del giovane DOP polacco, Bartosz Nalazek. È un film che parla della relazione tra una madre e una figlia, due donne sole, reduci da un matrimonio non andato a buon fine. Questo rapporto con il procedere del film va a disgregarsi sempre più, a causa degli inspiegabili comportamenti della figlia. L’opera tocca diverse tematiche ed il trauma è quella centrale: il trauma di una madre, il trauma di una figlia, il trauma dei miei pazienti. Io interpreto infatti un dottore, il cardiologo Ben Romano, diventato negli anni un esperto riguardo a esperienze di premorte. Aiuto i miei pazienti a riassestarsi su quella che è la loro nuova realtà, la loro nuova vita; sono per loro una sorta di psicologo e, a un certo punto, mi trovo a dover aiutare Claire (Connie Britton) a recuperare il rapporto con sua figlia.
Credo che ognuno di noi si chieda che cosa ci sia dopo, se ci sia effettivamente qualcosa e se gli episodi di premorte siano solamente degli scherzi del nostro cervello o qualcosa di più e quando lessi la sceneggiatura questo mi intrigò molto, così come l’idea di interpretare un personaggio che fa da anello di congiunzione tra i due mondi, perché è l’unico a comprendere l’esistenza di certe realtà
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Com’è stato lavorare con Robert Salerno, al suo primo lungometraggio da regista?

Robert Salerno è un produttore cinematografico atipico: si è sempre interessato alla parte creativa di un progetto, alla scrittura e, soprattutto, agli attori. Lui stesso ha studiato come interprete alla Stella Adler, proprio per riuscire a comprenderne meglio il ruolo, le dinamiche. Lavorare con lui è stato bellissimo per questa sua inclinazione; ha un modo di fare, un rispetto ed un’attenzione che sono rari, ti sa guidare nel modo giusto, senza mai intromettersi e, se sei in difficoltà, è il primo a proteggerti.
È una persona molto alla mano ed è sì, alla sua opera prima, ma ha già prodotto molti film importanti, tra loro alquanto diversi, come Animali Notturni di Tom Ford, 21 grammi di Iñárritu e molti altri, per poi buttarsi sul vero e proprio horror con la produzione di Smile e Smile 2, prima di darsi alla regia”
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Here After cinematographe.it

Restando sulla tematica horror e sul thriller psicologico, qual è il tuo rapporto con questo genere? Ti appassiona? Nell’approcciarti a questo progetto ti sei ispirato a qualche opera o a qualche personaggio in particolare?

“L’horror puro non è un genere che mi abbia mai entusiasmato particolarmente, non mi sono mai sentito attratto, ma questi progetti ibridi, che non sono né horror né thriller, mi interessano molto. Lo stesso regista mi ha detto di essersi ispirato a Don’t Look Now, film del 1973, diretto da Nicolas Roeg e ambientato a Venezia, mentre io ho tratto ispirazione da La nona porta di Roman Polanski; so che la storia non c’entra nulla ma è anche quello un film che non è horror ma tratta il paranormale, l’occulto, un film in cui c’è una forte componente psicologica e che si aggancia quindi a Here After, ove il trauma, l’aldilà, la fede e il senso di colpa sono gli elementi centrali che rendono il film molto intimo, seppur crudo”.

I prossimi progetti tra cinema e piattaforme

Guardando più in là, prossimamente sarai tra i protagonisti del film Netflix, La Dolce Villa; cosa ci puoi anticipare di questo progetto?

“Qui entriamo in tutt’altro mondo: è una commedia romantica americana che ha però come sfondo l’Italia, a mio parare raccontata in maniera molto divertente. È una commedia leggera, differente da quello a cui siamo abituati qua perché penso che il modo di fare commedia in Italia sia molto distante da quello anglosassone: mentre noi puntiamo sul far ridere personalmente, per loro sono le circostanze a rendere esilaranti le situazioni.
Nel progetto ci sono tanti ottimi attori, italiani e non, tra i quali figura anche Violante Placido, ma non posso dire molto altro, se non che il mio personaggio è un elemento disturbo all’interno del racconto”
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Quali sono le più grandi differenze per un attore tra il girare un film destinato alla sala ed essere parte di progetto pensato per la piattaforma?

“Che il film sia destinato alla sala o alla piattaforma, io mi comporto sempre allo stesso modo. Oggi credo sia tutto un discorso di budget ma ci sono tanti fenomeni di film incredibili che non sono neanche transitati dalla sala cinematografica. Ho partecipato a Ferrari di Michael Mann e quando ho scoperto che in Francia, come in altri paesi, era stato direttamente distribuito su piattaforma non ci volevo credere.
Il mio modo di lavorare quindi non cambia ma penso che ci siano film che devono assolutamente essere visti prima al cinema e che non farlo sarebbe un vero e proprio sfregio al prodotto”
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Martin Scorsese cinematographe.it

Oltre a quelli già citati hai preso parte anche all’ultimo progetto prodotto e co-diretto da Martin Scorsese, la serie tv The Saints. Cosa puoi dirci di questo?

“Per la precisione il progetto si chiama Martin Scorsese Presents: The Saints, ed è appunto dedicato alla vita dei santi. Abbiamo terminato di girare qualche settimana fa e infatti, anche su questa produzione, non posso dire molto. Senza dubbio è stato il più bel progetto a cui abbia mai preso parte, non solo perché è appunto prodotto, diretto e anche narrato da Martin Scorsese, ma soprattutto perché gode di una scrittura meravigliosa, di un livello che mai avevo incontrato in carriera prima d’ora.
La serie sarà suddivisa in 8 capitoli, ognuno dei quali dedicato ad un santo differente. Ogni episodio figurerà, quindi, come un film a sé stante e avrà il suo cast ed io, nell’episodio di cui faccio parte, interpreto l’antagonista
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Tommaso Basili sul set di Ferrari

Restando sui grandi progetti e i grandi nomi del cinema, hai già citato in precedenza Ferrari, di Michael Mann, in cui tu interpreti Gianni Agnelli; com’è stato lavorare a produzioni di tale portata? Quanto ti hanno trasmesso i tuoi colleghi?

“È stato assolutamente surreale. Ovviamente c’era tanta pressione, una pressione autoinflitta, ma quando ti vengono date queste opportunità non puoi che dare tutto te stesso.
Riguardo ai miei colleghi, mi rendo sempre maggiormente conto di quanto sia più facile lavorare con persone esperte e competenti e di quanto personaggi mitologici risultino essere persone più facili, umili, educati. Entrando nello specifico, Adam Driver è un professionista incredibile, un signore, un attore generoso, estremamente meticoloso e attento, e ho imparato moltissimo anche solo osservandolo. Con Penelope Cruz non ho recitato ma l’ho vista sul set e, oltre ad una smisurata competenza, ho percepito la sua grande simpatia e, anche in questo caso, l’umiltà. Sono poi stato contento di scoprire che Michael Mann avesse scelto così tanti attori italiani, molti provenienti dal teatro, per fare tutti i ruoli di supporto”
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Tommaso Basili Ferrari cinematographe.it

Tommaso Basili e il mestiere dell’attore: fragilità, versatilità e collaborazioni

Quelli di cui abbiamo appena parlato sono tutti progetti molto differenti tra loro; ti piace questo continuo cambio d’abito? E, soprattutto, ti dividerti tra cinema, televisione e serialità?

“Avendo cominciato tardi questo mio percorso di vita rispetto ad altri, mi vengono date determinate possibilità e io ne sono sempre estremamente grato. Quello dell’attore è un mestiere molto fragile, non si hanno mai delle certezze e io non sono nella posizione di poter dire di voler fare solo cinema o altro. Sono sempre in fase di apprendimento, quindi traggo qualcosa da ogni da ogni progetto che mi si presenta, andando ad affinare sempre più le mie capacità.
Io credo non esista un modo giusto di fare le cose, ce ne sono tanti e ogni progetto richiede cose completamente diverse; perciò, se qualcuno ne ha l’opportunità, si deve buttare dentro le cose, sapendo di doversi approcciare sempre in maniera diversa. Questa è forse la cosa che terrorizza di più di questo lavoro, ma è anche quella che stimola maggiormente”
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Concludiamo con una domanda che mette spesso in difficoltà: ci sono attori o registi in particolare, con cui sogni di lavorare in futuro?

“La lista sarebbe davvero lunghissima, ovviamente. Partendo dagli italiani, trovo che Marinelli sia un attore fenomenale e spero che uno come lui possa diventare la nostra bandiera all’estero. Non capisco perché, come ci sono oggi attori del calibro di Javier Bardem, Penelope Cruz e Antonio Banderas a rappresentare la Spagna – da dove arriva un altro interprete con cui vorrei tanto collaborare, che è Jordi Mollà – non ce ne siano anche in Italia, dove abbiamo altrettanti talenti; Favino non dovrei neanche aver bisogno di nominarlo ma è di una bravura per me inarrivabile, come un Andrea Bruschi o Paolo Pierobon.
Per quanto riguarda i registi, mi piacerebbe lavorare con Sorrentino, con Muccino, con Garrone – che trovo pazzesco – con Martone e, a livello internazionale, mi piacerebbe moltissimo lavorare con Oliver Stone, che ritengo sia eccezionale per le tematiche che affronta e per come le affronta, e con Tarantino, del quale ho appena letto l’ultimo libro. Ma andrei avanti per ore, tra i miei preferiti ci sono anche Alexander Payne, Julian Schnabel, Wim Wenders, Guadagnino, Iñárritu e altri ancora”
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