Tommaso Basili da La Dolce Villa a Scorsese: “Mi interessa variare il più possibile”

L'attore è tra i protagonisti del film Netflix, La Dolce Villa, e della serie dedicata alla vita dei santi, prodotta e presentata da Martin Scorsese

L’intervista rappresenta un passaggio, la fotografia di un momento, che può scavare il passato, approfondire il presente ed immaginare il futuro, ma resta ferma, cristallizzata, in attesa di una sua riscoperta o di una sua evoluzione; è questo il motivo che ci ha nuovamente portati a Tommaso Basili, l’attore dai noi intervistato qualche mese fa – in occasione dell’uscita di Here After di Robert Salerno – che si è nuovamente concesso ai nostri microfoni per parlare di quei progetti, a luglio solamente accennati, di cui egli è protagonista e che adesso sono pronti per essere fruiti. Dal film La dolce villa, diretto Mark Waters e oggi disponibile su Netflix, alla serie dedicata alla vita dei santi, prodotta e presentata da Martin Scorsese – per il momento distribuita solamente in parte e solamente negli Stati Uniti, ma che presto vedremo anche da noi – Basili ci ha raccontato gli scomodi personaggi da lui interpretati, ci ha spiegato cosa significhi lavorare su progetti internazionali e ci ha parlato delle sue idee riguardo alla distribuzione e riguardo al genere e allo status dell’interprete, italiano e non, mostrandosi ancora una volta aperto, disponibile e fortemente propenso a raccontare tutto ciò che rappresenta per lui il cinema, filtrato unicamente dalla passione per il proprio mestiere.

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Tommaso Basili, la percezione e lo stile: “Non mi sono mai sentito qualcosa di omologato all’interno di qualcosa di omologato

Tommaso Basili cinematographe.it

Com’è andata la distribuzione di Here After? Qual è stata la risposta del pubblico?
“Non voglio fare polemica ma, secondo me, il film in Italia non è stato valorizzato, sia per il periodo in cui è uscito sia per la promozione che è stata fatta. Più avanti è uscito anche negli Stati Uniti e lì la risposta è stata certamente migliore.
Sinceramente del successo di un’opera mi preoccupo fino ad un certo punto, più che altro cerco sempre di fare del mio meglio all’interno di essa; tutto il resto, purtroppo, non dipende da me”.

Nel corso dell’ultima intervista avevi accennato qualcosa riguardo ai nuovi progetti. Cosa puoi dirci in più riguardo a La dolce villa e, in particolare, riguardo al personaggio che tu interpreti?
“Come forse avevo già anticipato, quello che io interpreto è un personaggio di disturbo all’interno di un film dalle note leggere, a tratti comico. La pellicola è stata girata tra Cinecittà e la Toscana (in Val d’Orcia) e vede un cast misto, con presenze nostrane come la mia e quella di Violante Placido, e attori stranieri come l’americano Scott Foley, molto famoso in patria.
Il regista Mark Waters è riuscito a girare un film che io definisco quasi disneyano ma, al contempo, è riuscito a non cadere nella banalità e nella scontatezza; ha creato qualcosa di dolce e leggero ma che si riesce a prendere sul serio”.

Quando si tratta di film di genere c’è effettivamente il rischio di cadere nella scontatezza e nella banalità?
“Il rischio credo che ci sia sempre, la differenza sta nel come un attore viene diretto e nel montaggio finale. Mark Waters, per esempio, è una persona con cui è estremamente facile rapportarsi ed ha creato un clima molto disteso sul set; lui inoltre ama farti fare la scena in tanti modi diversi, quasi come fosse un gioco. Perciò è vero che si lavora all’interno di un mondo e all’interno di uno stile ma, all’interno dello stile stesso, non c’è niente che viaggi sempre sullo stesso binario. Io non mi sono mai sentito qualcosa di omologato all’interno di qualcosa di omologato”.

Rimando sulla questione generi e codici, ti trovi più a tuo agio o senti di avere una certa predilezione verso un dato genere piuttosto che un altro?
“Logicamente a me interessa variare il più possibile, perché è l’unico modo che ho per poter imparare veramente. Se però la domanda verte su una mia preferenza allora posso affermare che, in realtà, la commedia romantica io un po’ la temo, soprattutto quella italiana, perché trovo che molto spesso sia lo stesso attore a dover risultare divertente, a differenza delle commedie anglosassoni, in cui il divertimento scaturisce dalle circostanze. Ho moltissima stima per chi, in Italia, possiede quella brillantezza ma io, ripeto, la temo. Sono molto più tranquillo quando ho a che fare con qualcosa di drammatico”.

La Dolce Villa cinematographe.it

Basili e Scorsese tra santi e falsi dei

Facendo un salto ulteriore, cosa ci puoi raccontare de I Santi di Martin Scorsese, serie in otto episodi all’interno di uno dei quali tu interpreti Diocleziano?
“La serie quasi sicuramente uscirà anche in Italia ma non sappiamo ancora quando, invece negli Stati Uniti sono già stati distribuiti i primi quattro episodi, tra cui anche quello a cui ho preso parte io. Incentrata sulla vita di San Sebastiano, la puntata vede me nei panni dell’ultimo grande persecutore dei cristiani, Diocleziano, che suddivise l’impero in quattro parti dando vita alla tetrarchia ma mantenendosi al di sopra delle quattro figure preposte, e si autodefinì “il figlio di Giove”, con l’obbiettivo di riportare la figura dell’imperatore quanto più vicina ad un dio; e questo ci dà un’idea di che personaggio fosse. Una delle sue ultime decisioni fu, appunto, quella di perseguitare nuovamente il cristianesimo e Sebastiano, da suo braccio destro, lo tradì. Anche in questo caso sono la figura di disturbo, qua il vero e proprio antagonista.
Abbiamo girato in Marocco a Ouarzazate, una sorta di Hollywood nordafricana dove hanno girato Il Gladiatore e molti altri film alquanto celebri”.

Mesi fa lo definisti il miglior progetto a cui tu avessi mai preso parte, soprattutto dal punto di vista della scrittura; confermi quanto affermato?
“Sì, confermo! Ovviamente ci sono stati diversi tagli e tante cose che a me piacevano le hanno dovute accorciare però è stato, senza dubbi, uno dei progetti a cui più mi è piaciuto partecipare. Tornando allo stile, quello storico/epico è un genere che io adoro, soprattutto quello che si concentra sul Mediterraneo, su quell’epoca.
Il mio sogno è quello di scrivere un film che parli del passato in un determinato modo, magari sull’Etruria o sul popolo piceno, di cui il cinema ha raccontato ben poco”.

Tommaso Basili Scorsese I Santi cinematographe.it

Chi sono gli altri attori che hanno lavorato al progetto? Tu personalmente hai avuto la fortuna di confrontarti con Scorsese?
“La cosa che mi ha reso estremamente felice è che siamo pieni di talenti italiani, giovani e meno giovani, e la produzione, con Martin Scorsese in prima linea, ha avuto il coraggio di puntare su molti di noi invece che su quei soliti nomi altisonanti; ho avuto il piacere di lavorare con i talentuosissimi Lorenzo de Moor, Marco Quaglia, Corrado Invernizzi e altri ancora.
Martin Scorsese non era presente sul set fisicamente ma lo era in maniera virtuale, da remoto compariva spesso sugli schermi”.

Per concludere, anche questa volta, ti chiedo se hai già qualcos’altro in cantiere.
“Per ora seguiamo la scaramanzia e non diciamo nulla, spero solamente che avremo modo di parlare di nuovo tra non molto tempo”.

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