Toni Servillo, Ficarra e Picone presentano L’Abbaglio: “La storia di un illuso e di due disillusi”

Il regista Roberto Andò, con i protagonisti Toni Servillo, Salvo Ficarra e Valentino Picone, presenta alla stampa L'Abbaglio, in sala dal 16 gennaio 2025 per 01 Distribution.

Squadra che vince non si cambia? L’adagio ha il suo fondo di verità, non sempre è confermato dai fatti ma è meglio chiarire: ha fatto bene, Roberto Andò, a proseguire sul solco tracciato dal riuscitissimo La stranezza (2022, primo successo italiano post-Covid) riunendo per l’occasione – il nuovo film si chiama L’Abbaglio e arriva nelle sale italiane il 16 gennaio 2025 per 01 Distribution – il trio dei miracoli Toni Servillo, Salvo Ficarra e Valentino Picone. Se con il film del 2022 eravamo negli anni ’20 del Novecento e lo sfondo era il teatro di Luigi Pirandello, qui si resta in Sicilia ma un secolo prima, all’epoca dello sbarco dei Mille (primavera 1860) guidati da Giuseppe Garibaldi. Ci spiega Roberto Andò come è nata l’idea del film.

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Foto di Lia Pasqualino.

“Ci sono storie che ti vengono incontro. Mi dicevo scherzando, durante la preparazione di La stranezza, che avremmo fatto una trilogia. In seguito, ho ricordato un retroscena sull’impresa dei Mille che mi pareva si incarnasse bene su questi interpreti. Con gli sceneggiatori Ugo Chiti e Massimo Gaudioso raccontiamo uno spazio, la Sicilia, e un tempo, il 1860, segnati dal cambiamento. Ci troviamo in quel momento in cui tutto può accadere, per il meglio o per il peggio, e in cui illusioni e disillusioni si intrecciano come una danza. I personaggi di Ficarra e Picone sono inventati. Quello di Toni Servillo, il colonnello Orsini, no. Orsini è un aristocratico in aperto conflitto con il suo mondo, è un mazziniano, un antigattopardo (l’anno del film è lo stesso in cui è ambientato il romanzo, ndr). Il film è una parabola che si conclude in un luogo che è l’imbuto che ci porta all’oggi: la rivoluzione di cui si parlava allora si è realizzata? Ci sono stati forse troppi compromessi? Non pensate però a un saggio; è solo un film, con un passo alternato tra commedia e dramma”.

L’Abbaglio, tra il ricordo della coppia Sordi-Gassman e le lezioni di equitazione di Toni Servillo

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Foto di Lia Pasqualino.

Al quarto film con Roberto Andò, Toni Servillo, il film lui lo racconta come la storia di un illuso e due disillusi, ci spiega perché ama tanto lavorare con il regista siciliano. “Io e Roberto siamo uomini di teatro che praticano il teatro in maniera militante, parallelamente al cinema. Siamo al quarto film insieme, c’è un comune sentire che in me è alimentato da un fascino per il suo modo di lavorare: tramite la fantasia, intensifica la realtà. Condivido con lui il profilo intellettuale e un orizzonte umano. Con Roberto si parte sempre da una sceneggiatura ben fatta, che per un attore è essenziale. Se hai fiducia nel racconto, è da lì che viene l’efficacia espressiva”. Per L’Abbaglio ha dovuto prendere lezioni di equitazione, lui che non ha mai cavalcato in vita sua. “Recitare con bambini e con animali non è una cosa facile! Il cinema ti fa fare cose che nella vita faresti mai – tra l’altro, non ho mai nemmeno partecipato a una battaglia! – e questo mi porta a dire che il nostro è un privilegio e una fortuna, non un mestiere”.

Salvo Ficarra e Valentino Picone sono Domenico e Rosario, siciliani lontani da casa che si aggregano alla spedizione dei Mille per puro calcolo. Li travolgerà la Storia, a fianco del colonnello Orsini con cui allacceranno un legame molto stretto. Come e perché si siano trovati a lavorare ancora insieme, ce lo spiega Ficarra. “Per questo film ci prepariamo da almeno quattro anni. Mentre Toni andava a cavallo, noi ci addestravamo a parlare siciliano: abbiamo fatto un corso di sei mesi a Brescia! La prima volta, con La stranezza, c’era il desiderio di stare insieme. Poi Roberto ha voluto rifrequentare un posto dove è stato bene, al di là del successo del precedente film. Avere la consapevolezza di alimentare e vivere nella sua fantasia è una sensazione meravigliosa”. Gli fanno presente che ci sono dei parallelismi tra L’Abbaglio e La grande guerra, il capolavoro del 1959 di Mario Monicelli con protagonisti Alberto Sordi e Vittorio Gassman.

Si riconoscono, Ficarra e Picone, nel confronto tra i due personaggi e quelli interpretati alla fine degli anni ’50 dai due mostri sacri del cinema italiano? Prosegue, ancora scherzando, Ficarra. “Sordi e Gassman? Colleghi che stimiamo! Chi di noi è l’uno e chi l’altro, nel film, dovrete dircelo voi. C’è un modo di dire siciliano che spiega bene i personaggi: il cielo li ha buttati e la terra li ha raccolti. Sono uomini piccoli, che non comprendono il momento. Sono solo in cerca di un passaggio, per scopi personali”. Meno loquace ma sempre pronto all’ironico contrappunto dei pensieri dell’amico e collega, Valentino Picone. “Per la prima volta da quando lo conosco, sposo in pieno quanto detto da Ficarra. Penso che i nostri, sono personaggi più intelligenti dei loro interpreti!”.

Un film che parla anche al nostro presente

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Tommaso Ragno, che nel film è Giuseppe Garibaldi, racconta come L’Abbaglio gli abbia offerto una possibilità importante. “Grazie a questo film ho potuto lavorare con il mio maestro, Toni Servillo. È un riferimento per il suo percorso in teatro, e in teatro si impara cos’è il lavoro dell’attore. Con questo film è come se si fosse invitati a una tavolata di re: ci sono truccatori straordinari, straordinari costumisti, tante cose del nostro artigianato. Trovo che L’Abbaglio sia un film molto profondo”. Dal canto suo, Toni Servillo ringrazia per i complimenti e ragiona sul dilemma interiore del colonnello Orsini. “Il personaggio è un militare impegnato in azioni cruente e insieme pieno di dubbi sul senso di quello che sta facendo; il conflitto è alimentato dal confronto con un inquieto Garibaldi, perché è così che ce lo ha restituito Tommaso”.

Ogni storia ha il suo cattivo e qui il cattivo è il borbonico comandante Von Mechel, svizzero d’origine ma interpretato dal bravo attore francese Pascal Greggory (due g). “Ringrazio il signor Andò per avermi scelto, è stato un grande onore. Quando me lo ho comunicato mi sono detto che era impazzito, perché io non parlo italiano. Toni ha avuto difficoltà con l’equitazione, io a imparare l’italiano! Negli anni ’60 e ’70 da voi si doppiavano gli attori francesi, ora non si fa più”. È vero che “se nel film c’è un cattivo, quello sono io. Questo tipo di personaggio è sempre interessante da interpretare per un attore. Ho ritrovato un’atmosfera familiare sul set, ho fatto molto teatro e ho trovato proprio quel tipo di atmosfera. Al cinema ho collaborato con Éric Rohmer che diceva: io sono un artigiano, perché amo la mia arte. Gli artigiani sono creatori di artifici di enorme qualità”.

Ugo Chiti, sceneggiatore, ricorda che all’inizio “si avvertiva una forte soggezione per i due personaggi che dovevano molto a quelli di La grande guerra. Ne abbiamo fatto figure picare, che entrano intenzionalmente nella vicenda deviandone lo svolgimento. Poi c’è stato anche il piacere di ritrovare questo trittico straordinario”. Il giovane Leonardo Maltese diverte con un parallelismo tra finzione scenica e riprese. “Sembrava un’impresa anche il nostro set. Siamo stati a così lungo in Sicilia che ci parlavamo come soldati in guerra, dicendo cose del tipo: la mia ragazza sta a Torino, spero di rivederla presto! Il mio personaggio, militare, Ragusìn, è un giovane pieno di speranze che si confronta con la saggezza di Orsini”.

Roberto Andò gira con L’Abbaglio un western, perché “la Sicilia, nella storia, è una frontiera” e dove c’è frontiera, va da sé, c’è anche il western. Ci spiega perché il film è un imbuto verso il presente, parole sue. Comincia con una domanda. “Chi è il vincitore di questa storia? Il punto di fuga del film è il luogo in cui si incontrano i tre personaggi alla fine e dove Orsini vorrebbe ricompensarli. Giocano una partita, ma lui li costringe a giocare come se fossero persone oneste; in quel caso, chi vince lo fa perché è in grado di farlo. I personaggi di Ficarra e Picone sono l’eterna indefettibile forza dell’Italia: sono il nostro presente, la forza dell’Italia, anche quando è in declino. Li sento come miei fratelli, e allo stesso tempo sento che c’è un problema”.