Olivier Nakache ed Éric Toledano parlano di Un anno difficile, il film ispirato “alle grandi commedie italiane”
I due registi incontrano a Roma la stampa italiana per parlare di Un anno difficile, in sala dal 30 novembre. Un pensiero all'attualità e un omaggio alla commedia all'italiana.
Olivier Nakache e Éric Toledano tornano alla commedia con Un anno difficile, nelle sale italiane il 30 novembre 2023 dopo il passaggio Fuori Concorso al 41mo Torino Film Festival. Quattro anni sono passati dall’ultimo film per il cinema, era il 2019 e si chiamava The Specials – Fuori dal comune. Non hanno mai smesso di lavorare, come spiega alla stampa italiana, dei due è sicuramente il più loquace, Éric Toledano. “Ci siamo fermati per dirigere due stagioni della serie En thérapie, la versione francese di In treatment. Trentacinque episodi a stagione. Una volta chiusa questa lunga pausa, siamo tornati con un film che è il risultato di quattro anni di terapia psichiatrica!”.
“Dopo aver esplorato da cima a fondo la psiche dei francesi, abbiamo rivolto la nostra attenzione alla società contemporanea. Il tema del film emerge già nelle primissime scene. Ci sono due gruppi di persone che si fronteggiano (ambientalisti vs. consumisti, ndr). Gli uni dicono: dovete smetterla di pensare e comportarvi in questo modo! Gli altri rispondono: non azzardatevi a dirci cosa dobbiamo pensare!”. Cosi vanno le cose, oggi. “Una fotografia della società moderna, certo, con personaggi meno simpatici rispetto al passato; guardiamo alla tradizione della commedia all’italiana”.
Che Un anno difficile cambi le carte in tavola per il duo, vale non solo per i riferimenti e gli omaggi al nostro modo di fare commedia. Prendiamo la colonna sonora, per esempio. “Di solito nei nostri film è più orientata su sonorità funk, stavolta abbiamo classici anni ’60 e ’70 (Jimi Hendrix, The Doors ma non solo, ndr). La ragione è che, parlando di proteste e attivismo, siamo tornati col pensiero alle grandi battaglie degli anni ’70. Per questo film il tono è più rock”.
Un anno difficile: c’è chi pensa alla fine del mondo e chi alla fine del mese
Protagonisti di Un anno difficile sono Albert (Pio Marmaï) e Bruno (Jonathan Cohen), consumisti all’ultimo stadio, sommersi dai debiti. Per puro opportunismo – vogliono scroccare cibo e birra gratis – finiscono per assistere a un meeting ambientalista condotto da Valentine (Noémie Merlant). Decidono di entrare a far parte del suo gruppo, con motivazioni a volte discutibili. Parlando di estremi molto polarizzati, consumismo e ambientalismo, il rischio è di inciampare nella caricatura.
Éric Toledano lo sa e risponde così. “Questo appunto ci è stato mosso anche in relazione ai film precedenti. Tenete presente che, quando affrontiamo un certo argomento – qui ci muoviamo su un terreno poco battuto al cinema e lo possiamo fare perché la nostra carriera ce lo consente – passiamo molto tempo a documentarci e a incontrare persone, al punto che quelli che vedete nel film sono veri attivisti. Nessuno aveva mai parlato di questi giovani militanti, è un movimento europeo che in Francia ha un gran seguito. Forse è la novità della situazione, che ad alcuni fa venire in mente le caricature. Noi, al contrario, lavoriamo di fino”.
Olivier Nakache supporta il partner e arricchisce la discussione con una parola che spiega molto, delle tensoni che agitano la storia. La parola contraddizione. “Volevamo mettere in luce paradossi e contraddizioni che si ritrovano nella vita di tutti. Anche noi, a volte, ci sentiamo tirati da una parte e dall’altra. Era necessario rintracciare personaggi agli antipodi. In Francia c’è uno slogan che è diventato quasi politico: c’è chi lotta per la fine del mondo e chi lotta per la fine del mese“. Per capire meglio la polarizzazione del dibattito, diamo un’occhiata alle case del film. “Due case vuote, due significati. Quella di Bruno è vuota perché è passato l’ufficiale giudiziario, quella di Valentine per scelta. Tutte le notazioni sugli appartamenti, i riferimenti al tenore di vita dei militanti, l’estrazione sociale aristocratica e altoborghese, il livello d’istruzione, nascono dalle nostre ricerche”.
Colpisce, di Un anno difficile, l’antipasto, un gustoso prologo/montaggio di satira politica. Ce ne parla Éric Toledano. “Sembra una giostra, questa serie di messaggi dei presidenti francesi; da bambino mi sembravano nonni saggi che si preoccupavano per noi, poi ho capito. Nei loro discorsi parlano sempre di anni difficili. Non ce ne sono mai di facili. La politica ha una componente di teatralità. Non abbiamo trovato materiale su De Gaulle, ma credo che se avessimo insistito avremmo scoperto un testo di Vercingetorige che diceva, ragazzi, il prossimo sarà un anno difficile. Incredibile: se persino in Francia, una delle cinque maggiori economie, anche in periodi di boom, si parla di anni difficili, vuol dire che l’eccesso di consumismo su cui abbiamo costruito le nostre vite porta insoddisfazione. E conseguenze disastrose, come la crisi climatica. Ci si salva solo con l’umorismo. Poi” aggiunge scherzando o forse no “grazie a questo incipit ci siamo serviti dei più grandi attori francesi! Penso che, con le opportune ricerche, si potrebbe fare una cosa simile anche con i presidenti e i premier italiani”.
L’eredità dei maestri della commedia all’italiana
En thérapie ha influenzato il punto di vista del film. A partire dal comprimario Tomasi (Mathieu Amalric), che guida un gruppo di sostegno per afflitti da sovraindebitamento ma è il primo ad aver problemi di dipendenza. Consumismo e ambientalismo, soprattutto il primo, hanno una parte di tossicità? Olivier Nakache. “Ognuno di noi è costretto a fare i conti con tante contraddizioni e dipendenze. Per quel che riguarda il personaggio di Mathieu Amalric, incontrando i volontari che operano in questi gruppi di sostegno per persone indebitate, abbiamo scoperto che molti sono ex-banchieri, professionisti che hanno sofferto in prima persona. Attingiamo dalla realtà, parliamo della società e delle sue contraddizioni, nel segno delle grandi commedie italiane. Ci facevano riflettere con umorismo”.
La pensa così anche Éric Toledano. “Il mantra che unisce i due gruppi è la frase: ne ho bisogno, ne ho veramente bisogno, ne ho bisogno adesso? L’abbiamo sentita pronunciare sia nei meeting dei sovraindebitati, sia nei gruppi ambientalisti. Lo stesso slogan, la stessa frase, interpretata in senso diametralmente opposto, finisce per unirli”. Si torna alla commedia all’italiana per parlare del tono, cinico in parte e dolcemaro. “Dino Risi disse una volta che la vita finiva ad agosto, che gli sembrava una festa finita male. Non penso che il finale sia poi così ottimista, c’è un ponte con quanto accaduto durante la pandemia. In quel periodo, abbiamo tutti cercato di dare un’interpretazione dei fatti che ci soddisfacesse. Gli ambientalisti per esempio hanno detto: quanto succede è una punizione per i nostri comportamenti sconsiderati. Nel finale c’è un po’ di messa in scena, d’altronde il periodo del covid, con la gente sui balconi, aveva questa componente teatrale. Ma non è un finale cupo o deprimente. In fin dei conti, questa è una commedia”.
Commedia, commedia francese, commedia all’italiana. Al di là delle Alpi hanno imparato a farla meglio di noi? Olivier Nakache se lo chiede. “Per noi è un must, ci siamo cresciuti. In Francia c’è l’eredità della Nouvelle Vague, bisogna sempre parlare di Truffaut e Godard, ma per noi c’è anche la commedia all’italiana. Mi stupisce che i registi italiani non proseguano con questa tradizione. Mi chiedo come questo genere e i suoi cineasti siano visti oggi in Italia. Dalla Francia non si capisce”.