Xavier Dolan a Roma: “guardo i film con il cuore, non con il dizionario in mano”
Il resoconto dell'incontro del regista canadese Xavier Dolan con il pubblico della dodicesima edizione della Festa del Cinema di Roma
Dopo il debutto con Christoph Waltz, la seconda giornata della dodicesima edizione della Festa del Cinema di Roma ha portato in dono al pubblico della manifestazione un’altra presenza di livello mondiale, ovvero il regista canadese Xavier Dolan, vero e proprio enfant prodige della settima arte, con già 6 pellicole girate ad appena 28 anni di età. Il Direttore della Festa Antonio Monda ha subito interpellato il giovane artista sulle sue preferenze fra la regia, sua attività principale, e la recitazione, da cui manca invece da qualche anno. Xavier Dolan si è così espresso:
Preferisco recitare, ma quando dirigo in un certo senso interpreto anche, insieme ad attori che amo. Ovviamente questo tipo di recitazione non è così gratificante, ma da qualche anno sto andando avanti così, e mi sta bene perché imparo tantissimo vedendo come gli attori davanti a me si evolvono e si trasformano. Devo ammetterlo però, recitare mi manca e nei prossimi anni vorrei farlo di più, per me e per altri.
A inaugurare la tradizionale serie di spezzoni di film del protagonista dell’incontro è stato J’ai tué ma mère, scritto, diretto e interpretato da Xavier Dolan a soli 20 anni. Il canadese ha così commentato questo suo esordio alla regia:
Avevo la necessità di raccontare una storia, di creare film, di iniziare. È stato il mio primo film, prima non avevo girato corti e non ero andato a scuola di cinema, il mio nome era solo sul diploma. Siccome non avevo lavoro come attore, mi sono detto che potevo ingaggiarmi da solo, in una sceneggiatura che raccontava la mia vita. Le cose sono state più complicate di come avevo immaginato, ho dovuto investire tutti i miei soldi per girare il film. Nessuno credeva che sarei riuscito tranne i miei attori, che mi sono stati sempre fedeli. A volte si fanno film anche per risolvere problemi. Il mio problema era quello di cominciare la mia vita: visto che gli altri non me lo permettevano, me lo sono permesso da solo.
A seguire è stata la volta del secondo film di Xavier Dolan da regista, ovvero Les Amours imaginaires, un’occasione per parlare del piano sequenza:
I registi amano la singola inquadratura, perché la tensione è molto più palpabile. Per il regista e per la troupe sono scene particolarmente difficili, perché tutti vengono coinvolti e devono prestare la massima attenzione, poi magari succede che dopo tanto lavoro la la scena non funziona e va tagliata. Io non voglio che queste scene prendano il sopravvento e taglino il ritmo della narrazione. Nessun concetto può prendere il sopravvento sugli altri aspetti dei miei film. La storia viene per prima, sempre.
Xavier Dolan ha poi continuato parlando dei suoi punti di riferimento cinematografici:
Diciamo che ho visto qualche film, ma non tantissimi. Vedo sempre la delusione nella faccia della gente quando mi parlano di un film e io dico che non l’ho visto. Un po’ mi vergogno di questo, so di avere tanti buchi da riempire nella mia cultura cinematografica. Comunque per questo film il riferimento a In the Mood for Love di Wong Kar-wai è talmente palese che se lui l’ha visto, credo che avrà pensato di denunciarmi. Una citazione di un libro che sto leggendo dice che inizi che sei fasullo, poi diventi reale. Questo libro è pieno di citazioni di artisti che dicono che rubare è naturale e spontaneo, perché tu non sai chi sei fin quando non fai qualcosa. Per esempio nella scena che ho rubato da Wong Kar-wai c’è la musica, c’è il ralenti, ma il ralenti lo uso a modo mio, perchè non mi piace troppo rallentato. Adesso ho trovato me stesso, credo di aver smesso questo furto con Tom à la ferme.
A seguire è stato il turno di Laurence Anyways e il desiderio di una donna…, che ha dato a Xavier Dolan l’opportunità di parlare dei personaggi dei suoi film:
Penso che ci siano tanti film su persone senza speranza o fortuna, che non lottano neanche per ottenere ciò che vogliono. Noi la chiamiamo la pornografia del povero. Si ama parlare di genere emarginata, confinata ai margini della società, senza mai una chance. Io amo invece i combattenti le persone che hanno speranza. Alla società questo però è inviso, perché queste sono persone autentiche, e quando si è autentici le altre persone vengono messe davanti alla loro falsità e ai loro fallimenti. Io non dò niente a questi personaggi, perché il desiderio di combattere loro se lo portano da dentro. Non sempre ci riescono, ma non sono mai dei perdenti. I miei film sono su persone che cercano spazio: a volte ci riescono, a volte no, ma è colpa della vita, non loro.
Il seguente spezzone proposto è stato di Tom à la ferme, il quarto film di Xavier Dolan, che lo stesso regista ha così definito:
Per me è un dramma psicologico o un thriller. Non saprei definirlo bene, perché mi manca questo tipo di linguaggio. Titanic per esempio che cos’è, un dramma storico?
Questo ha portato a una domanda proprio su Titanic, film per cui Xavier Dolan non ha mai nascosto il proprio amore:
Sì, Titanic lo adoro, lo venero. Penso sia un prodotto stupefacente, una produzione meravigliosa con effetti visivi stupefacenti, un capolavoro di intrattenimento moderno. Titanic non è il film che vai a cercare in un contesto intellettuale, ma io guardo i film con il cuore, non con il dizionario in mano. Ho visto Titanic da bambino e lui mi ha detto: vai, vola. Probabilmente non sarà il livello di ricercatezza più alto, non sarà un film perfetto, ma mi ha ispirato.
Uno spezzone di Mommy, quinto film di Xavier Dolan, è stato lo spunto per parlare del rapporto del regista con i suoi genitori e su quando ha deciso di fare questo mestiere:
I miei genitori amano i miei film. Non ne parliamo molto, ma mia mamma è orgogliosa di Mommy ed è venuta a Cannes per vedere È solo la fine del mondo. I miei genitori non sono i personaggi dei miei film, tranne in J’ai tué ma mère, che è ampiamente autobiografico. All’inizio ho fatto i regista per crearmi lavoro. Forse lo stesso Titanic all’epoca ha inciso in questo senso, ma usciti dal film non ho detto a mia madre che volevo fare il regista, le ho detto che volevo fare una letterina per Leonardo DiCaprio. Tutti i miei amici andavano a scuola, qualcuno girava film. Io stavo da solo in una stanza senza fare niente. Già dal primo giorno come regista ho capito che provavo piacere nel raccontare storie.
Dopo un breve estratto di È solo la fine del mondo,Chiamami col tuo nome l’ultimo film di Xavier Dolan, il regista ha voluto parlare di un film che ha apprezzato particolarmente, ovvero di Luca Guadagnino:
L’ho visto due settimane fa e da allora non mi ha più lasciato. È un film profondo e tenero, che cambia il tuo modo di guardare al cinema e all’amore, e non credo che siano tante le pellicole che lo fanno. Questo film ti insegna molto anche sul dolore. A volte cerchiamo film che ci portino lacrime felici, ma quando qualcuno ha sperimentato il vero rifiuto d’amore, allora capisce anche qual è la bellezza del dolore. Non sono molti i film che celebrano la bellezza del dolore, molti miei film sono nati dal dolore e dal cuore spezzato. Vedendo questo film mi sono sentito profondamente compreso.
In conclusione dell’incontro, Xavier Dolan ha voluto commentare un’intensa scena di Birth – Io sono Sean, con protagonista Nicole Kidman:
Ho chiesto di vedere questa scena per vederlo sul grande schermo, perché quando l’ho visto l’ho fatto a casa. Quando sono andato a Cannes sono tornato con la voglia inspiegabile di rivedere questo film. Tutto è perfetto in questa pellicola. In questa scena, dal volto di Nicole Kidman riesci a capire tutto ciò che le succede dentro. Tutto avviene nei suoi occhi. In questa scena non c’è niente, ma l’attrice fa comprendere tutto.