Marcello Mastroianni: storia di un uomo ideale
La storia di Marcello Mastroianni, l'attore che rappresenta (solo) nell'immaginario collettivo, il Latin Lover per eccellenza.
Nato il 28 settembre 1924 a Fontana Liri, a metà strada tra Roma e Napoli, Marcello Mastroianni inizia la sua carriera come comparsa, poi passa al teatro grazie a Luchino Visconti che lo nota in un piccolo spettacolo. Arriva al cinema e a poco a poco entra nell’Empireo del cinema italiano e mondiale tanto che nel 1962 il Time lo definisce il divo straniero più popolare negli Stati Uniti eppure Mastroianni si nega ad un certo mondo e ad un certo cinema, preferisce i film d’autore e la riservatezza. Mastroianni gira 150 film, lavora con alcuni dei registi più importanti del mondo, fa coppia con i più grandi attori. Insomma quella di Marcello Mastroianni è una vera e propria favola; è un attore completo in grado di interpretare ruoli comici o drammatici, probabilmente proprio per la sua formazione teatrale. Mastroianni è stato capace di ritagliarsi il suo posto nel cinema grazie al suo talento elegante e raffinatissimo, costruendosi una maschera da italiano semplice e normale nonostante il suo fascino, la sua bellezza e la sua grande umanità. Quando il 19 dicembre 1996 è morto a causa di un tumore al pancreas, è scomparsa l’icona di un’epoca, oltre che un modello irraggiungibile, è stato infatti l’attore italiano più premiato. Ha vinto 8 nastri d’argento, 2 Coppe Volpi a Venezia (Che ora è e Uno, due, tre, stella), un Leone d’Oro alla carriera e 3 nomination agli Oscar – per Divorzio all’italiana (1963), per Una giornata particolare (1977) e per Oci ciornie (1988) -, come Jack Lemmon e Dean Stockwell, ha ottenuto in due diverse occasioni il Prix d’interprétation masculine al Festival di Cannes, nel 1970 per Dramma della gelosia e nel 1987 per Oci ciornie.
Marcello Mastroianni: l’attore che ha lavorato con i più grandi
Chiudendo gli occhi un’immagine si staglia potentissima, Marcello, come “baciato” dal dio, mito della fotogenia, nella Fontana di Trevi, bello e sognante, da lì, da quel punto nevralgico della storia del cinema, nasce l’icona Mastroianni. Proprio da La dolce vita prende avvio la sua statura divistica: un uomo dal fascino senza tempo, velato di un’intelligente ironia, in biano e nero, casual chic. Incarna così nell’immaginario collettivo un sistema di valori ben preciso che Marcello ha sempre rifuggito, quello del Latin Lover. I suoi uomini sono proprietari di un erotismo tenebroso, stretto in abiti dalla chiara fattura italiana di un’eleganza senza tempo, anche fuori dallo schermo lui è sempre abbigliato in maniera perfetta, questo perché Marcello Mastroianni è il simbolo dell’italiano sensuale e ben vestito del boom economico degli anni ’60.
Ha lavorato con Fellini, Petri, Visconti, Scola ma anche De Sica, Ferreri, Monicelli, con Sordi, Tognazzi, Loren, Vitti, Gassman, Deneuve e così via. I colleghi e le colleghe raccontano Marcello come un uomo di una gentilezza estrema, semplice e speciale al tempo stesso, che ostentava la sua normalità. Sa giostrarsi con dramma e farsa, tra leggerezza e profondità, e regalare sempre prove attoriali interessanti. Lui, al cinema e non, è l’uomo per cui le donne perdono la testa, è l’uomo geloso, costretto ad accettare che la moglie ami un altro (Dramma della gelosia), usa le donne fino a quando non emerge la verità, è uno che non vuole redimersi (Adua e le compagne), in tutti i film con Fellini è bello ed elegantissimo pur nascondendo le proprie fragilità.
Tra Loren e Fellini
Due sono state per lui le figure più importanti della carriera: Sophia Loren e Federico Fellini. Con Loren scrive una delle storie più belle del cinema, una coppia amata che ha fatto sognare il pubblico, i personaggi di Mastroianni si incontrano/scontrano con una donna ribelle che sconvolge le norme della femminilità e delle gerarchie, anche attraverso un corpo formoso e piacente, un corpo accogliente che colpisce, attira, parla all’uomo. Con l’eccesso, la “maggiorata fisica” ribalta i cliché e la costruzione del maschile – e ovviamente quella del femminile – e dall’altra parte lui deve parare i colpi. Da Ieri, oggi, domani a Una giornata particolare Mastroianni dà corpo ad un uomo infragilito, che ha perse le proprie direttrici, costretto a gestire una donna dominatrice, mettono in scena così i sentimenti e i cambiamenti sociali che sono avvenuti a cominciare con il dopoguerra, nel momento in cui le donne hanno iniziato a sentire davvero il desiderio di indipendenza. Usano così in modi diversi il linguaggio del corpo per mostrare da una parte una donna che ottiene il potere e un uomo che lo perde, una donna che usa le sue curve, adottando le cifre del melodramma e della commedia, per conquistare il maschio e quest’ultimo che subisce, arranca, si perde e viene riacciuffato.
Con Fellini ha girato 6 film attraversando diversi generi e decenni. Lui e il regista fanno ricorso all’ironia, all’umorismo e alla satira, per superare i giorni difficili dell’esistenza e guardano così all’inquietudine profonda per raccontare l’Italia di quegli anni. Fellini e Mastroianni sono capaci di analizzare il Maschio Italiano, quello che Marcello incarnava e, dopo La dolce vita, si fa sempre più strada la rappresentazione di un Casanova che spesso non è all’altezza. Si pensi a La città delle donne in cui è intrappolato in un universo tra sogno e incubo, in cui vivono ferventi femministe ma lui non ne capisce segnali e linguaggi, o Ginger e Fred dove si presenta invecchiato mettendo in luce il desiderio di tornare indietro ad un passato splendente ormai lontano. In Otto e mezzo il suo Guido Anselmi, incarnazione di una mascolinità italiana, è tormentato e afflitto da una profonda indecisione.
Mastroianni racconta in più di un’intervista quanto Fellini sia stato fondamentale per lui e ricorda quando venne scelto per La dolce vita e di quanto le parole forse non lusinghiere del regista siano state per lui motore: “ti ho scelto non perché sei un bravo attore ma perché hai un volto anonimo, non voglio una superstar ma cerco una persona normale”. Forse non è stato un complimento ma per Mastroianni che non voleva avere una dimensione eroica era forse il massimo e gli dà la possibilità di dare il tutto e per tutto.
L’attore che vuole scardinare gli stereotipi
Quel completo con la cravatta, gli occhiali scuri, lo sguardo da uomo che ha tutte le donne in pugno è una dimensione con cui ha dovuto fare i conti da subito. Le tante donne che Marcello Mastroianni ha avuto, l’incapacità ad essere fedele, sono però una certezza. La prima moglie, Flora, Faye Dunaway, Catherine Deneuve sono alcuni dei suoi amori ma ne ha avuti molti altri, si narra che ciò che ama di più sia la conquista. Il ruolo del grande amatore però gli sta stretto e, in una celebre intervista al Dick Cavett Show assieme a Sophia Loren riflette proprio su questo. Mentre Loren dice che di sicuro lo è perché Marcello è bello, simpatico, affascinante, l’attore non crede di incarnare un Latin Lover dovrebbe essere “operaio dell’amore”, “macchina dell’amore” e lui non lo è. Ironicamente dice di “non funzionare un granché”, eppure nonostante i suoi sforzi per lo star system è il tipico maschio italiano, una sorta di Rodolfo Valentino più moderno – non è un caso, lo ha interpretato in teatro. Ancora in un’altra intervista l’immagine dell’amatore si scontra con quella del mammone, ammette che l’unica donna, quella del cuore, è proprio la mamma che lo vezzeggia, lo blandisce e lo cura cucinandogli lauti pranzi.
Mastroianni, insomma, tenta di scardinare lo stereotipo, per questo accetta più volte ruoli che mettono in dubbio quell’immaginario: sceglie di essere impotente, il furbo ma inetto uomo che ama le altre pur stando con una moglie che non lo attrae per niente, l’omosessuale che viene perseguitato. Lui è spesso un marito tradito, un pietoso seduttore, un uomo fragile che rompe l’aura del virilismo divino che lo attornia, questo perché, così lo descrivono colleghi, registi, critici, è un bambino, non è un caso che lui definisca il ruolo dell’attore con il termine fracese jeu, di una morbidezza femminile che non ci si aspetta.
Marcello è il bell’Antonio (nel film di Bolognini del 1960), è il Barone Cefalù in Divorzio all’italiana (Pietro Germi, 1961) in cui crede di essere molto furbo ma in fondo è un inetto che anela con passione e desiderio alla giovanissima cugina Angela (una meravigliosa Stefania Sandrelli), è l’ex cronista omosessuale e antifascista in Una giornata particolare (Ettore scola, 1977), per arrivare poi ad essere l’uomo anziano che sposa una giovane nana in Di questo non si parla (María Luisa Bemberg, 1993). Vuole insomma rappresentare la natura instabile della virilità italiana, di solito tutta muscoli, forza e coraggio, e decostruisce tutto ciò grazie alla figura dell’inetto, in un clima politico, sociale, sessuale, economico, culturale preciso, l’Italia del secondo dopoguerra. Si tratta di uomini fragili, falliti, imbrigliati spesso in una mediocrità borghese, non destinati al successo. Non è un maschio attivo ma passivo, non è coraggioso ma codardo, e quindi è fisicamente o anche emotivamente impotente.
Si mostra anche invecchiato, non ha paura di “andare al cinema” come pallida immagine di ciò che è stato, non è più il bell’Antonio, è un uomo di un’altra età e non ha paura di mostrarlo.
Marcello Mastroianni: la malattia e l’amore per il suo lavoro
Mastroianni non ha mai voluto lasciare il palco, il set, voleva lavorare perché era quello che amava di più. Al collega Sorel dice che è meglio fare un film dimenticabile – perché nella carriera dell’attore i film migliori possono essere 3 o 4 – che non farlo per nulla. Forse per questo il tumore al pancreas non lo ha portato via dalle scene, lo ha scoperto mentre era sul set, durante la lavorazione del suo ultimo film (Viaggio all’inizio del mondo di Manoel de Oliveira), torna però al teatro, recita nella commedia Le ultime lune. A causa delle tre fleboclisi al giorno recita quasi sempre seduto e molte date previste non vengono realizzate a causa dell’aggravarsi dello stato di salute. Dopo un malore, è l’attore stesso a chiedere di non andare avanti con la tournée e l’ultima rappresentazione è a Napoli. Si racconta che, durante una serata, in platea ci fosse Gassman, in una delle più oscure fasi della depressione. Non ricevendo la visita del collega, Marcello lo chiama speranzoso di avere un commento, sentendo la profonda sofferenza che gli impediva quasi di parlare, chiusa la telefonata, confida che era quasi sollevato di avere quel male sicuramente doloroso ma meno drammatico rispetto a quello dell’amico. Questo testimonia la purezza d’animo di uno dal profondo sentire.
Chi ha avuto il piacere di incontrarlo lo descrive un pigro dal cuore gentile, dalla sensibilità acuta, un uomo abitato dalla grazia della normalità, per questo il pubblico lo ha amato così tanto: le donne erano attratte da lui, gli uomini avrebbero voluto essere lui. Marcello Mastroianni rappresenta l’uomo dalle molte sfaccettature, ironico e profondo, divertente e affascinante, è uno che non si tira indietro mai e che si dà senza troppi schemi. Incarna il maschio che sta cambiando, l’Italia che sta cambiando e che è cambiata e con i suoi film ha saputo dare corpo a molte delle gioie e dolori di chi lo apprezza, mostrare nei e tic, paure e ossessioni; è proprio vero, è l’italiano ideale dal volto normale e forse, come ha detto Fellini, anonimo, eppure forgiato da una luce “splendidamente divina”.