Nato a Casal di Principe: intervista a Bruno Oliviero e Alessio Lapice
Il regista Bruno Oliviero e il protagonista Alessio Lapice ci raccontano il loro Nato a Casal di Principe, storia vera che i due hanno portato al cinema con grande responsabilità, cercando di fare la loro parte attraverso la voglia di raccontare i conflitti e i sentimenti.
Presentato alla 74esima edizione del festival di Venezia, Nato a Casal di Principe è il nuovo film di Bruno Oliviero che va a trattare della vera storia di Amedeo Letizia, aspirante attore che ha dovuto affrontare il rapimento del fratello Paolo e combattere contro la criminalità di una terra ostile. Un racconto che trae la sua origine da fatti realmente accaduti e che hanno come base di partenza il libro autobiografico scritto da Letizia stesso con la collaborazione di Paola Zanuttini.
Di cosa ha significato per loro e per la comunità di Casal di Principe e della qualità artistica che ultimamente sta invadendo la cinematografia e la serialità italiana ce ne parlano nella nostra intervista il regista Bruno Oliviero e il giovane protagonista Alessio Lapice.
Bruno, nell’ultimo tempo il territorio campano sta presentato davvero una grandissima offerta sia dal punto di vista della serialità con Gomorra, con l’animazione di Gatta Cenerentola ed ora anche con il tuo Nato a Casal di Principe. Da cosa credi che dipenda questa capacità dello spirito campano di arrivare allo spettatore?
“Le espressioni sono molto diverse in questo momento, Napoli è sempre stato un territorio molto ricco di narrazioni, di artisti, poeti, teatranti. È un territorio molto vivo, non so perché i napoletani hanno questo bisogno di raccontare, raccontare a ancora raccontare. Immagino che sia perché abbiano tante cose da dire e poi perché i conflitti forti spingono alla narrazione. Quando hai delle polarità così forti come una banda criminale e un mondo di vittime, questo ti spinge a raccontare. Le storie di tal genere poi determinano un po’ il portato ideologico di ognuno di noi. Adesso poi ci sarà L’amica geniale, una cosa ancora più raffinata e diversa. Non tutti si riferiscono alla Camorra seppur anche appunto ne L’amica geniale ci sono degli elementi di guappi e criminalità delle origini. Penso che dove ci sono forti tensioni ci sono forti sentimenti, allora forse vanno raccontati.”
Bruno Oliviero e Alessio Lapice: “Questa storia era uno scrigno di cui ci hanno dato la chiave per poterlo aprire e poter raccontare.”
Alessio, nel film interpreti il ruolo del protagonista Amedeo Letizia, non solo una persona reale, ma colui che ha anche preso parte alla produzione del film. Questa condizione ti ha messo qualche tensione addosso?
A.L.: “All’inizio temevo non il giudizio, ma sicuramente il confronto perché molte volte nel nostro mestiere ti trovi a creare qualcosa che non esiste, hai quindi un copione e degli strumenti che ti permettono di realizzare qualcosa di nuovo. Invece in questo caso ci trovavamo in qualcosa che già esisteva e di per sé questo mette già più ansia. C’è la responsabilità di voler raccontare una storia nella maniera più vera e rispettosa possibile. In questo caso poi Amedeo era presente, ma c’è stata comunque una grandissima libertà. Amedeo c’era, ma come produttore, non è mai entrato nelle scelte artistiche né con noi né con nessun altro.”
B.O.: “Sì, c’è stata davvero grande libertà. È come quella frase dei supereroi: da grandi poteri derivano grandi responsabilità. In questo caso era invece: da grandi responsabilità derivano grandi poteri. Questa responsabilità la sentivamo molto, non tanto la pressione, ma il portare al meglio sullo schermo una storia complessa e che è fatta di sfumature, come la vita delle persone reali in quelle terre. Quelle che in molti film e serie tv contemporanei sembrano quasi assenti perché sono sempre sullo sfondo. È difficile raccontare le persone normali, anche se nella nostra normalità siamo tutti straordinari. Ma queste vittime solitamente non fanno né caldo né freddo dentro le lotte intestine dove invece c’è chi si oppone, ci sono giudici e altro. Proprio verso questa massa di persone sentivamo una grande responsabilità. Questa storia loro ce l’hanno data, ma toccava a noi universalizzarla per portarla a tutti.”
A.L.. “È vero, loro ce l’hanno donata. Io la ipotizzo come un oggetto, qualcosa di prezioso che c’è stato consegnato e forse la cosa più bella è che è stato consegnato in una libertà e in una serenità estrema, ma che inevitabilmente quasi ti angoscia, perché ti chiedi come è possibile che tu ce l’hai e loro no. Questo ti mette sempre in dubbio.”
B.O.: “Alessio usa sempre questa metafora dello scrigno. Ma la cosa interessante era che nessuno sapeva in questo scrigno cosa c’era, nemmeno chi ce lo ha donato. Insieme però c’è stata data anche la chiave per aprirlo ed io aggiungo che in questo modo noi abbiamo potuto trovare dentro qualcosa che neanche loro conoscevano. Infatti il film è una specie di psicanalisi per quella gente, lo ha detto anche il sindaco del territorio.”
A.L.: “E probabilmente anche loro adesso rivedendolo sono rimasti colpiti. Mi è capitato dopo la proiezione del film di parlare con la mamma di Amedeo e ora che hanno rivisto il film è come se fossero in grado di capire meglio delle cose. Come se ci fosse quasi uno stop in cui rivedere bene e poi premere finalmente play e riprendere. Questa storia adesso è di tutti e finalmente si può andare avanti. Penso che loro siano andati avanti già prima, ma si trattava di un racconto solo di questa famiglia, invece mi auguro che dopo Nato a Casal di Principe possano trovare una strada che sia una continuazione. Noi abbiamo cercato di fare la nostra parte.”