Scambi di genere oltre Ocean’s 8 – 10 film (e serie tv) gender swap da vedere
Chiamatelo gender swap, gender switch, o più semplicemente scambio di genere: il cinema sta attraversando una radicale trasformazione e ridefinizione dei ruoli maschili e femminili, attraverso remake/reboot/spin-off di vecchi film a ruoli invertiti.
Chi ha paura del gender swap? Nell’epoca del #metoo e dello scandalo Harvey Weinstein è scoppiata una nuova tendenza cinematografica, che cavalca l’onda della realtà in corso: lo scambio di genere, lo slittamento dell’identità di uno o più personaggi verso il genere opposto. Se in passato la sostituzione di personalità/corpo è stato sdoganato come intrattenimento da non prendere troppo sul serio o come semplice turning point narrativo, oggi il discorso si è fatto politico, sociale, umano: che si tratti di commedia, film d’azione o di heist movie, assistiamo – al cinema ma anche nella serialità – ad un importante e non casuale riequilibrio delle parti in gioco. È solo un nuovo abile trucco di Hollywood per reinventare se stessa o una rivoluzione è davvero in atto? Tra passato, presente e futuro, cerchiamo di scalfire la superficie del gender swap, attraverso alcune opere che hanno ribaltato le consuetudini e gli stereotipi maschili/femminili.
10 film sul gender swap e sui ruoli maschili che diventano femminili
Ranma ½ (Rumiko Takahashi, 1989)
Se si parla di gender swap, non può non venire in mente il Giappone: all’interno della cultura manga e anime la pratica è piuttosto abituale, con personaggi ai quali viene cambiato sesso. Se per le nuove generazioni trattasi di normale amministrazione (pensiamo a One Piece o al recente Your Name., in cui due adolescenti – una studentessa di un piccolo paesino e un liceale di Tokyo – si risvegliano una mattina una nel corpo dell’altro), nel 1996 la programmazione televisiva italiana di Ranma ½ fece scandalo.
Nella serie – che pure giunse sui nostri piccoli schermi a distanza di 7 anni dalla sua creazione – si parla di un giovane esperto di arti marziali che a causa di una maledizione si trasforma in ragazza, qualora entri a contatto con l’acqua fredda. Cult immediato, all’epoca Ranma ½ andava visto quasi di nascosto, sulle reti che avevano il coraggio di proporlo; un po’ come accadeva per Ken il guerriero, con la differenza che se quest’ultimo esaltava la violenza estrema, l’anime di Rumiko Takahashi propugnava una inedita e pruriginosa idea di fluidità di genere.
Nei panni di una bionda (Blake Edwards, 1991)
Dal maestro della commedia anni ’60 Blake Edwards (Colazione da Tiffany, La Pantera Rosa, Hollywood Party) il film precursore che non ci si aspetta: Nei panni di una bionda – in originale significativamente intitolato Switch – racconta di uno sciupafemmine che, passato a miglior vita, potrà permettersi il Paradiso solo se tornerà sulla Terra e troverà una donna che gli voglia veramente bene. Tutto questo però, appunto, nei panni inusuali di una bionda.
Agli inizi dei Novanta, dunque, comincia a muoversi qualcosa: Pretty Woman (1990), Thelma & Louise (1991) e Nei panni di una bionda (1991), per quanto da un punto di vista prettamente maschile se non maschilista, iniziano ad offrire nuovi punti di vista sull’emancipazione culturale femminile. Il discorso è sottotraccia, camuffato dal sentimentalismo, dall’on the road e dalla deriva fantastico-comica; ma se le tre pellicole sono rimaste così potentemente nella memoria collettiva, tutto sommato è anche per motivi extrafilmici.
Karate Kid 4 (Christopher Kain, 1994)
In pochi se ne ricordano, ma Hilary Swank – prima di portare a casa ben due Oscar con Boys Don’t Cry, 1999, e Million Dollar Baby, 2004 – è stata anche protagonista di uno dei capitoli della saga di Karate Kid. Si potrebbero trarre delle interessanti conclusioni in merito (la ricerca di un equilibrio viene favorita dal bullismo maschile di cui è vittima a scuola, e alla fine sarà lei a salvare e difendere il suo ragazzo a sua volta preso di mira dal gruppo), anche se in verità il desiderio principale è quello del semplice rilancio del franchise, conquistando nuove fette di pubblico.
Visti i risultati poco soddisfacenti, questo tentativo verrà abbandonato a sé e di Karate Kid non si riparlerà più fino al 2010, anno di La leggenda continua: più che un seguito, un reboot che con un colpo di spugna cancella gli episodi precedenti, con protagonista l’allora 12enne Jaden Smith, figlio di Will.
The Third Woman (Zoran Tadic, 1997)
Nel 1997 la Croazia si lancia in una ardita e lungimirante produzione: la realizzazione di un film “specchio” dell’indimenticabile Il terzo uomo (1949) di Carol Reed, incentrato sulla storia di uno scrittore che indaga sulla misteriosa morte di un caro amico. Tutti i ruoli maschili diventano femminili, e viceversa: l’idea – fortemente politica, anche se rimasta relegata perlopiù ai confini nazionali – è quella della Storia che, pur cambiando connotati, si ripete uguale a se stessa.
Le macerie austriache di Vienna durante la Seconda Guerra Mondiale in cui si muoveva Orson Welles diventano le macerie jugoslave di Zagabria mentre è in corso la Guerra dei Balcani, attraversate dalla protagonista Hela Martinic. Anche in questo caso il gender swap messo in scena ci sembra un mezzo, più che un fine; ma è indubbio che la visione di tutti i ruoli sistematicamente ribaltati produca un significativo straniamento in chi guarda.
Ghostbusters (Paul Feig, 2016)
Più veloci delle continue voci che si rincorrono ormai da anni sulla realizzazione di un possibile Ghostbusters III (con Bill Murray che pare accetterebbe di far parte del progetto solo nei panni di un fantasma), il regista Paul Feig e un manipolo di comiche del Saturday Night Live (Melissa McCarthy, Kristen Wiig, Kate McKinnon e Leslie Jones) realizzano a sorpresa nel 2016 un Ghostbusters tutto al femminile, che ricalca passo dopo passo il film originale del 1984.
Si scatena la polemica: i fan della prima ora insorgono causa lesa maestà, parlando di strumentalizzazione priva di qualunque intento artistico o semplicemente prendendosela con gli autori per il tratteggio del segretario svampito interpretato da Chris Hemsworth. Resta la domanda: questo nuovo Ghostbusters segna davvero il riavvio ufficiale dell’omonima serie o verrà spazzato via appena ce ne sarà l’occasione? E se – ragionando maliziosamente – fosse tutta (ma proprio tutta) una abile trama ordita da Hollywood per riaccendere i riflettori sugli Acchiappafantasmi?
Nemesi (Walter Hill, 2016)
Conoscendo Walter Hill (I guerrieri della notte, 1979, Jimmy Bobo, 2012) diremmo che siamo dalle parti della pura exploitation. Eppure, la storia della chirurga che decide di vendicarsi di un killer cambiandogli sesso ci sembra una chiarissima dichiarazione di intenti. Tanto più che, nella sua nuova identità femminile, il sicario (Michelle Rodriguez) diventa il giustiziere delle ragazze vittime di soprusi.
Al netto dei mezzi limitati con cui è stato realizzato – il trucco posticcio di Rodriguez ad inizio film, quando dovrebbe essere di fatto un uomo, non solo non nasconde la sua vera identità ma la palesa –, Nemesi metaforizza forse più di quanto vorrebbe, lasciando poi sul campo svariati spunti interessanti ai quali non viene concesso approfondimento. Può darsi che Hill sfrutti banalmente un sottotesto alla moda senza crederci realmente, o può darsi che ci parli delle sue verità nell’unico registro che conosce; sta di fatto che la sua Nemesi lascia la sensazione del potenziale quanto incompleto alfiere dello scambio di genere.
Doctor Who (Sidney Newman, 2017)
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Quand’è che un ruolo prettamente e storicamente maschile può diventare femminile? Dopo oltre mezzo secolo, la saga di James Bond sarebbe pronta per sostituire Daniel Craig con il primo 007 donna? Pare, ad oggi, di no. E – allargando lo sguardo – dopo Barack Obama, gli Stati Uniti sarebbero stati capaci di accogliere la prima Presidentessa donna? La risposta la conosciamo. Nel 2017 la serie tv Doctor Who getta a sorpresa il cuore oltre l’ostacolo: dopo 13 Signori del Tempo uomini, fa il suo esordio la Signora interpretata da Jodie Whittaker.
Un esempio di gender switch dalla lunghissima gestazione (se pensiamo che la serie classica nasce nel 1963) che palesa un profondo e inamovibile sessismo in una fetta non trascurabile di fan, che hanno mal digerito la notizia. Tra le accuse principali quella di aver tolto veridicità alla serie (che, ricordiamo, parla di alieni e viaggi nel tempo) e di aver voluto solo seguire una moda. Più che una moda, a noi sembra una piccola ma significativa rivoluzione.
Ocean’s 8 (Gary Ross, 2018)
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Colpo di scena: Danny Ocean/George Clooney ha una sorella! Il rilancio della Ocean Saga necessita di un pubblico consapevole, che abbia visto – o perlomeno conosca – i capitoli della trilogia passata. La domanda nasce ora spontanea: la storia di Debbie Ocean/Sandra Bullock che assolda sette donne per organizzare un colpo avrebbe lo stesso appeal se presa a sé, senza il paragone con i film precedenti? Probabilmente no, e possiamo anche già immaginare cosa accadrà in futuro: la conclusione di una trilogia al femminile (episodi 8, 9 e 10) e il cross-over che ricongiunga fratello e sorella.
Un aggiornamento che può fare scuola, riaprendo le porte a vecchie saghe da riesumare e riaggiornare nel nome – prima che della parità di genere e dello smantellamento degli stereotipi – di una nuova, inedita e furbissima commercializzazione.
Overboard (Rob Greenberg, 2018)
Prima di Pretty Woman (1990) e Se scappi, ti sposo (1999), Garry Marshall mette in scena nel 1987 un’altra storia di amori impossibili: Una coppia alla deriva, incentrato su una ricca donna dell’alta società (Goldie Hawn) che perde la memoria e viene sfruttata da un dipendente bistrattato (Kurt Russell). Aggiornato alla nostra contemporaneità, Overboard ribalta i ruoli: stavolta è una madre single che raggira un milionario colto da amnesia, per il proprio tornaconto.
Con un taglio giocoso e sentimentale da disimpegnata commedia estiva, il film di Greenberg – a differenza di Ocean’s 8 – non pretende la conoscenza dell’opera originale, in quanto ne costituisce il superamento. Overboard è un remake, ma non viene annunciato come tale perché non ce n’è bisogno: vive di vita propria, rendendo inutili i paragoni col passato. E aspirando semmai a divenire lui stesso termine di paragone per il futuro.
What Men Want (Adam Shankman, 2019)
Avete letto bene: a gennaio 2019 dovrebbe uscire nelle sale americane il remake a ruoli invertiti di un piccolo/grande cult della commedia di inizio Duemila, What Women Want. Un progetto che sembrava inevitabile, e per il quale nutriamo una certa curiosità. Se nella pellicola originale Mel Gibson riusciva a leggere nella mente delle donne, con conseguenze tragicomiche, nel rifacimento sarà Taraji P. Henson a poter sentire ciò che tutti gli uomini pensano.
Da Quello che le donne vogliono a Quello che gli uomini vogliono, ma faremmo meglio a dire Quello che gli spettatori vogliono: come per l’originale non ci aspettiamo una grande riflessione psicologica e sociologica sulla natura degli esseri umani, quanto una garbata commedia capace di incontrare ancora una volta il volere trasversale del pubblico, oggi ben più smaliziato e avvezzo alle tematiche di genere rispetto agli albori del 21° secolo.