Pierre Morel: tutto quello che dovete sapere sul regista di Peppermint
La pellicola action Peppermint – L’angelo della vendetta con protagonista Jennifer Garner è pronta ad arrivare nelle sale italiane dal 21 marzo con Universal Pictures, Lucky Red e 3 Marys Entertainment, ma prima di andare a vedere il film è opportuno dare un’occhiata alla filmografia del regista Pierre Morel e cosa accomuna questa nuova opera alle precedenti realizzate.
A molti di voi il nome Pierre Morel suonerà nuovo, a tanti altri invece sembrerà di averlo già sentito e alcuni, forse i più appassionati di cinema d’azione, avranno già avuto modo di vedere tutti i suoi lavori precedenti in veste di regista, nonostante egli abbia iniziato la sua carriera in un altro dipartimento creativo. Nato in Francia il 12 Maggio 1964, Morel intraprende gli studi di cinema in una scuola specializzata e debutta nel 2000 come operatore di ripresa ma è l’anno successivo che comincia davvero il suo percorso all’interno del mondo del la settima arte lavorando come direttore della fotografia con Louis Leterrier, Phillip Atwell, Nancy Meyers e, soprattutto, Luc Besson, di cui diventa stretto amico e collaboratore, in film tanto diversi che è difficile trovare un filo conduttore tra di loro. Si passa da commedie a film thriller fino ad arrivare ai modelli del film d’animazione Arthur e il popolo dei Minimei. Il ruolo di direttore della fotografia, però, gli sta evidentemente stretto e ben presto decide quindi di percorrere un’altra strada parallela a quella appena cominciata.
La carriera da regista di Pierre Morel: non solo il film con Liam Neeson!
Nel 2004 si approccia per la prima volta alla regia con Banlieu 13, ambientato nei ghetti malfamati di Parigi nella quale si muove un agente speciale della polizia che deve indagare sulla sparizione di un’arma di distruzione di massa. Il film ottiene un ottimo riscontro da parte della critica e del pubblico, tanto da generare pochi anni più tardi un sequel e un remake americano intitolato Brick Mansions, con Paul Walker nei panni del protagonista. Morel proseguirà poi su questa scia caratterizzata da pellicole pregne della peggior criminalità urbana con quello che probabilmente è il suo film più conosciuto, ossia Taken, noto in Italia col titolo Io vi troverò, con Liam Neeson che veste i panni di un ex agente segreto della CIA che cerca di salvare la figlia da un circolo di prostituzione tenuto dalla mafia albanese. La pellicola si rivela inaspettatamente un enorme successo di pubblico e diventa il più grande incasso per un film francese sul suolo americano, tanto da convincere i produttori a proseguire la storia con due sequel e un prequel sotto forma di serie TV, i quali non si dimostrano all’altezza delle aspettative e nei quali il regista non è in alcun modo coinvolto.
Dopo il plauso ottenuto con Io vi troverò per Morel inizia un periodo non propriamente florido in cui, stando alle reazioni della critica e del botteghino, sembra aver perso il suo tocco magico. Nel 2010 dirige From Paris with Love con protagonisti John Travolta e Jonathan Rhys Meyers e nel 2015 The Gunman con Sean Penn. In seguito, Morel si prende una piccola pausa dalla regia e produce l’action-thriller Overdrive con Scott Eastwood, per poi tornare dietro la macchina da presa nel 2018 con Peppermint – L’angelo della vendetta, in uscita il 21 marzo nelle sale italiane, in cui per la prima volta sceglie una donna come protagonista delle vicende.
Pierre Morel: il filo rosso sangue della violenza e della società corrotta nella sua filmografia
Lungo tutta la sua filmografia, si può chiaramente identificare una linea ben tracciata che collega i vari film diretti da Morel, sia dal punto di vista tematico che stilistico. È chiaro che il regista preferisca una forma sporca e naturale che svisceri tutta la corrotta e marcia società che fa da fiera protagonista delle sue opere senza però tralasciare un occhio di riguardo alle scene d’azione, sempre trattate con un’estrema cura e perizia di particolari, quasi come se non ci si dovesse perdere nemmeno una goccia del sangue che viene versato e un assordante scricchiolio delle ossa che vengono spezzate.
Un cinema per persone con lo stomaco forte che riescono a reggere sia le incredibili deformità del crimine che realmente esistono fuori dallo schermo, sia per come esse vengono rappresentate senza il minimo pudore e, anzi, sembra compiacersi di quanto più possa risultare sanguinolento e crudo. È forse proprio quest’aspetto del trattare la violenza come se fosse qualcosa di ordinario e genuino da mostrare in tutta la sua interezza che ha generato il successo delle prime due pellicole, andandosi poi inevitabilmente a dissipare lungo il percorso.
Peppermint: un elogio a Nikita?
Ma non è solo lo stile che accomuna le varie opere di Morel quanto gli argomenti che si ripresentano volta dopo volta e che rappresentano dei veri e propri chiodi fissi a cui aggrapparsi per analizzare a fondo le basi dalle quali si ergono i suoi film. Sin dal primo titolo Banlieu 13, nelle diverse pellicole emerge come elemento cardine un interesse squilibrato verso la criminalità organizzata di ogni tipo, non importa che essa sia un ingente traffico di droga o piuttosto la mafia albanese, fino ad arrivare ai loschi giri delle gang locali che si possono trovare dietro la propria abitazione. La malavita ricopre sempre un imprescindibile ingrediente che dà origine alla concatenazione degli eventi e fa affiorare il protagonista, con tutti i pregi e i difetti che lo caratterizzano. Non esiste un eroe senza macchia e senza imperfezioni, bensì si trova un personaggio principale alterato dai vizi o, ancor peggio come nel caso di Io vi troverò e Peppermint, trasformato in una macchina assassina a causa della vendetta e della necessità di regolare i conti per rimettere le cose al loro posto. Nelle pellicole di Morel non si ha semplicemente azione fine a sé stessa per il gusto di dare una scossa adrenalinica allo spettatore, quanto le motivazioni che spingono i personaggi ad agire, il lato emotivo che li accomuna e li accompagna nelle loro imprese.
E se in tutti gli altri film si parlava sempre di agenti della CIA, di spie o di forze speciali, chiaramente in grado di operare le peggiori soluzioni pur di sventare i piani della malavita, nell’ultimo Peppermint – L’angelo della vendetta si ha un capovolgimento dei personaggi, con una donna per la prima volta al comando della storia, ma soprattutto una persona comune che svolge un lavoro normale come tutti gli altri e che, per incontrare le sue esigenze, diventa un’abile assassina, cavalcando l’ondata femminista imperante dell’ultimo periodo e mostrando come il sesso femminile sia pericoloso quanto quello maschile, quasi facesse un debole richiamo alla Nikita del suo fedele collaboratore Luc Besson che stranamente, in questo caso, non ha curato né il soggetto né la sceneggiatura. La protagonista Riley North è la madre di famiglia che non ti aspetti possa inseguire la folle voglia di vendicarsi e che si autoimpone, di fronte a un giusto ed adeguato processo, la sua giustizia privata pur di far pagare con la stessa moneta coloro che le hanno portato via tutto. Un personaggio visto innumerevoli volte in versione maschile ma che raramente si vede al cinema sotto le vesti femminili e quasi innocenti di moglie e genitrice.
La giustizia e la moralità secondo Pierre Morel
Ancora una volta, Pierre Morel non si pone scrupoli a realizzare un mix di azione e thriller in cui si mostra non solo il lato peggiore di una società governata dalla criminalità organizzata ma viene inserito in modo altrettanto chiaro anche il concetto di giustizia e di moralità: se la legge e il sistema in cui viviamo non è in grado di proteggerci, è giusto farsi giustizia da soli? E quest’ultima si tratta semplicemente di vendetta fine a se stessa oppure è una nozione estremamente più complicata che va ricercata nella definizione di essere umano? Il regista approfondisce ulteriormente questi argomenti che già aveva trattato in passato, ponendo il suo sguardo a un’analisi profonda e intima, possibile solamente grazie alla presenza di una persona comune in cui è più facile identificarsi rispetto agli agenti speciali Bryan Mills di Io vi troverò e Jim Terrier di The Gunman. Un dibattito che sfocia nel chiedersi cosa sia realmente giusto e cosa sia sbagliato, ma soprattutto a domandarsi come sia possibile patteggiare in ogni suo film per un protagonista che compie scelte non propriamente morali una volta scattate le dovute circostanze. Morel ci fa capire come sia effettivamente possibile amare un personaggio nonostante i suoi terribili difetti e le decisioni tutt’altro che gloriose.
Pierre Morel: quale film ha in cantiere in questo momento?
Secondo quanto riportato alcuni mesi fa, Pierre Morel sarebbe al momento impegnato in un progetto ancora senza titolo che riguarda il famoso gangster francese e re delle evasioni Rédoine Faïd, considerato nel 2013 il criminale più ricercato in tutta la Francia. Il malavitoso è ossessionato dalle pellicole action hollywoodiane e, per i suoi colpi e le sue fughe dai carceri, si è ispirato proprio ad alcuni classici film americani quali Scarface, Le Iene e Heat, per cui non sembra poi così assurdo che presto egli avrà una pellicola tutta sua che racconta i reati che ha commesso nel corso degli anni. Il progetto sarà prodotto da Condé Nast Entertainment e Sentient Entertainment e si baserà su un articolo scritto da Julie Miller sulla rivista Vanity Fair intitolato How Hollywood Inspired France’s Most Daring Prison Escape. La pellicola è attualmente in fase di sviluppo e non sono ancora stati rilasciati maggiori dettagli a riguardo ma siamo sicuri che, con un personaggio di questo calibro e considerata la presenza di argomenti affini ai suoi precedenti film, Pierre Morel si troverà perfettamente a suo agio a dirigere una storia del genere e, forse, riuscirà anche a tornare ai fasti di una volta facendoci appassionare di nuovo al suo modo di fare cinema.