Quentin Tarantino e il foot fetish: una bizzarra storia d’amore lunga 30 anni
La passione di Quentin Tarantino per i piedi femminili – ma non solo – riemerge di prepotenza grazie ai 10 minuti di foot fest di C'era una volta a... Hollywood. Ma quali sono le migliori sequenze di feticismo della sua carriera?
Il cinema di Quentin Tarantino (come del resto quello di ogni grande cineasta) è attraversato da passioni e ossessioni, temi ricorrenti e trademarks che mandano in solluchero i fan. Il linguaggio cinematico del regista di C’era una volta a… Hollywood è fin dagli albori abitato, fra le altre cose, da violenti risvegli (da un’overdose, come Mia Wallace in Pulp Fiction, o da un lungo periodo di coma, come la Sposa in Kill Bill), da scene di danza (una su tutte, la Stuck In The Middle With You ballata da Mr. Blonde in Le iene), da sequenze di tortura assortita, da stalli alla messicana e dai cosiddetti corpse POV (inquadrature in cui in soggettiva viene mostrata la visuale del personaggio morto/morente).
Tuttavia, ad attirare da sempre in modo predominante l’attenzione dell’opinione pubblica è la cura quasi (o troppo?) maniacale che il regista di Knoxville riserva molto spesso ad una specifica parte del corpo umano, perlopiù femminile: i piedi. In quasi tutta la sua filmografia le estremità inferiori hanno un ruolo non solo importante, ma persino fondamentale: servono ad identificare le caratteristiche di un personaggio, rappresentano una svolta essenziale della trama, diventano a loro volta parte integrante della narrazione. Che Quentin Tarantino sia (e abbia) un foot fetish, insomma, sembra cosa appurata. Ma quali sono i momenti cinematografici in cui il due volte Premio Oscar ha saputo sfruttare al meglio questa sua fissazione?
I piedi nel cinema di Quentin Tarantino: Mia Wallace e Pulp Fiction (1994)
Il famoso – e, per qualcuno, famigerato – pulp tarantiniano nasce con Pulp Fiction, summa di una poetica e di uno stile che da quel momento diventerà inconfondibile. Il citazionismo spinto, la saturazione narrativa e visiva, il gusto sadico e assieme parodistico per la violenza, lo straordinario respiro post-moderno che mixa diabolicamente tutto ciò che abbiamo già visto al cinema dandogli un nuovo significato e una nuova veste: tutto questo è il pulp, al massimo del suo splendore.
E molto pulp è anche la protagonista Mia Wallace interpretata da Uma Thurman, feticcio e musa di Quentin (nonostante all’inizio l’attrice scelta fosse Julia Roberts, accantonata poi per divergenze sul compenso). Mia Wallace è la annoiata moglie del boss Marsellus, a cui deve badare lo scagnozzo Vincent Vega. Tra un’improbabile cena e un’overdose accidentale di eroina, i due finiscono in una gara di twist, che vinceranno danzando sulle note di You Never Can Tell di Chuck Barry. A piedi nudi, ovviamente, per muoversi più liberamente sulla pista da ballo.
I piedi nel cinema di Quentin Tarantino: Carol Hathaway e E.R. – Medici in prima linea (1994)
In seguito al successo di Pulp Fiction, Tarantino viene corteggiato anche dal mondo della serialità televisiva. Sono gli anni della seconda golden age televisiva, quella che lentamente ma inesorabilmente porterà alle serie tv per come le conosciamo oggi. Passano alla storia due curiose collaborazioni di Quentin: quella con il mitologico E.R. – Medici in prima linea, di cui dirige l’episodio 24 (Maternità) della first season; e quella con CSI – Scena del crimine, che lo vede dietro la cinepresa per ben due puntate (Sepolto vivo, prima e seconda parte) della quinta stagione.
In E.R., in particolar modo, Tarantino è scatenato: trionfano le sequenze dal sapore grandguignolesco e gore (il caso dell’uomo rimasto infilzato in un gancio da macellaio) e, all’interno della messinscena normalmente castigata del medical drama, spuntano qua e là i beneamati piedi. In particolar modo quelli dell’infermiera Carol Hathaway (interpretata da Julianna Margulies, la futura Good Wife), che sul finire della puntata si riposa sul tetto del County General Hospital, dopo l’estenuante giornata lavorativa.
I piedi nel cinema di Quentin Tarantino: Santanico Pandemonium e Dal tramonto all’alba (1996)
La fama del feticismo di Tarantino trova la sua piena e incontrovertibile affermazione in Dal tramonto all’alba, scritto dal nostro ma diretto dal sodale Robert Rodriguez (con cui nel 2007 porterà a compimento il progetto Grindhouse). Come dimenticarsi di Santanico Pandemonium, la principessa dei vampiri (omaggio al film messicano La novizia indemoniata, 1975) interpretata da una luminosa Salma Hayek, che col suo ingresso modifica il corso del film facendolo deragliare e meravigliosamente impazzire?
La prova di forza e di sottomissione di Santanico viene vissuta da Quentin in prima persona, che si ritaglia qui uno dei suoi rari ruoli da attore protagonista: durante il suo sensuale ballo, la donna seduce Richard Gecko, che beve tequila letteralmente dai suoi piedi, fra lo sguardo attonito dei presenti. Inizia qui la mitologia del foot fetish di Quentin Tarantino, e nulla sarà più come prima: tutti i suoi film precedenti (compreso l’incompiuto My Best Friend’s Birthday, di cui è possibile recuperare i 36 minuti di girato grazie a YouTube) verranno riletti alla luce di questa sua anomala passione.
I piedi nel cinema di Quentin Tarantino: Jackie e Jackie Brown (1997)
Omaggio al sottogenere cinematografico della blaxploitation (in voga negli anni ’70, e caratterizzato da attori afroamericani, colonna sonora soul/funk e bassissimo budget), Jackie Brown nel 1997 spiazza pubblico e critica perché diverso dalle pellicole precedenti di Tarantino. Niente esibizionismi, niente eccessi: solo puro ed elegante noir, seguendo fedelmente il romanzo Punch al rum di Elmore Leonard da cui il film è tratto. Cast di primissimo piano – Samuel L. Jackson, Robert De Niro, Michael Keaton – e due importantissimi ripescaggi: Pam Grier (icona un po’ dimenticata del sopraccitato black cinema) e Bridget Fonda.
È su loro due che si concentra l’attenzione del regista: Jackie e Melanie Ralston – rispettivamente contrabbandiera e compagna del mercante d’armi Ordell Robbie – rappresentano in due modi diversi il desiderio di libertà e di affrancamento. E quale miglior modo per metaforizzare questa tensione verso l’autonomia se non quella di mostrarle spessissimo scalze? Jackie, in particolar modo, gira sempre a piedi nudi per casa, territorio “neutro” e franco, in cui mettere a punto il proprio complesso piano.
I piedi nel cinema di Quentin Tarantino: Beatrix Kiddo e Kill Bill (2003-2004)
Fateci caso: quasi tutte le svolte principali dell’epopea della Sposa (alias Beatrix Kiddo, alias Black Mamba) passano attraverso un’inquadratura dei suoi piedi. Dal risveglio dal coma, con l’intensa sequenza in cui verifica il funzionamento dei suoi arti inferiori nella Pussy Wagon, al duello finale con Bill nella sua Hacienda, passando per il feroce scontro con Elle Driver nella roulotte. Ma il film è una vera e propria foot fest, e a moltissimi personaggi viene concesso il proprio momento di gloria podologica: Bill, Budd Gunn, Sofie Fatale, O-Ren Ishii, persino il gruppo musicale giapponese che si esibisce alla Casa delle Foglie Blu.
A ben guardare, l’attenzione maniacale di Tarantino è rivolta al corpo nella sua interezza, qui più che in altre sue opere. La cinepresa stringe anche sugli occhi e sugli sguardi, sulle teste (compresa quella mozzata di O-Ren Ishii), sugli arti tagliati di netto (con una esagerata e caricaturale perdita di sangue). Kill Bill indaga la corporeità e la sua corruzione, in modo paradossale rispetto all’approccio fumettistico – e dunque bidimensionale – della narrazione. L’utilizzo sfrenato dei piedi inizia a diventare quindi una sorta di inside joke, di bizzarra presa di coscienza dell’autore che gioca col suo pubblico.
I piedi nel cinema di Quentin Tarantino: Butterfly e Grindhouse – A prova di morte (2007)
Probabilmente il film più sottovalutato di Quentin Tarantino, A prova di morte fa parte del dittico formato anche dal Planet Terror diretto da Robert Rodriguez. Due pellicole molto diverse, create idealmente per essere proiettate come un double feature (due opere al prezzo di una, come andava di moda coi b-movie di terza e quarta visione in America negli anni ’70) e in Italia invece divise maldestramente in due (con l’idea distributiva di un doppio ghiotto incasso). Grindhouse è un distillato di marchi tarantiniani, espressi a briglia sciolta e per questo forse ancora più irresistibili.
I piedi qui sono veicolo di senso e contenuto, rappresentano i turning point della trama. Basti pensare alla minaccia incombente di Stuntman Mike, che accarezza di nascosto la pianta del piede sinistro di Abernathy mentre dorme in auto; o al terrificante incidente che mutila Jungle Julia tranciandole la gamba. Il nostro apprezzamento maggiore va, tuttavia, alla scena della lap-dance di Arlene detta Butterfly nel locale Guero’s, in cui la ragazza improvvisa in infradito una buffa e assieme sensuale danza sulle note di Down in Mexico dei The Coasters; un ballo che lascia intendere come le ragazze siano cadute in pieno nella trappola ordita dal killer.
I piedi nel cinema di Quentin Tarantino: Bridget Von Hammersmarck e Bastardi senza gloria (2009)
Il nazismo, secondo Quentin Tarantino. Rielaborando una delle pagine più gravi della Storia contemporanea, Bastardi senza gloria ci porta nel 1941 e nella Francia drammaticamente occupata dai nazisti. Il cuore pulsante della pellicola è l’operazione che mira a eliminare i leader del Terzo Reich, fra cui ovviamente Adolf Hitler. Fra squadre speciali di soldati ebrei, ragazze sfuggite miracolosamente alla morte in attesa di vendetta e infiltrati di vario tipo, trova spazio anche l’attrice tedesca Bridget Von Hammersmack, spia degli Alleati.
Il temibile e spietato colonnello Hans Landa, intuendo il complotto, smaschera la donna interrogando… i suoi piedi. In una delle sequenze più tese e rivelatrici del film, Landa intercetta l’attrice alla prima dello spettacolo dedicato all’eroe nazionale Frederick Zoller e le fa provare la calzatura trovata poco prima nella taverna, luogo in cui si è consumato un massacro ad opera proprio dei Bastardi. Qualora la scarpa calzasse, Bridget farebbe indiscutibilmente parte della congiura e la serata prenderebbe tutta un’altra piega rispetto a quella prevista dagli alti vertici del Reich…
I piedi nel cinema di Quentin Tarantino: Sharon Tate e C’era una volta a… Hollywood (2019)
Un minuto e 34 secondi per Leonardo DiCaprio, 39 secondi per Brad Pitt, un minuto per Margaret Qualley, un minuto e 26 secondi per Margot Robbie: C’era una volta a… Hollywood mostra 36 scene in cui gli attori sono a piedi nudi, per un totale di 9 minuti e 47 secondi. Il motivo per cui il foot fetish di Tarantino è tornato prepotentemente di moda è l’attenzione apparentemente eccessiva dedicata agli arti inferiori nel suo ultimo film. Parliamone: nell’economia di un’opera lunga 161 minuti, 9 minuti sono troppi? Troppo pochi? O iniziamo forse ad essere anche noi un po’ ossessionati dalla passione tarantiniana, quasi più dell’autore stesso?
Sia come sia, è la stessa Robbie a commentare l’espediente, dichiarando che per quanto riguarda il suo personaggio, i piedi nudi sono stati funzionali alla caratterizzazione. Pare infatti che Sharon Tate – ex moglie di Roman Polanski assassinata da Charles Manson – amasse molto stare senza scarpe. Non solo: a volte metteva degli elastici attorno alle caviglie per far sembrare che indossasse dei sandali, in modo da poter entrare nei ristoranti. Tutto nella norma insomma, o forse no. Il mito del presunto feticismo continua, e già in fondo sognamo uno Star Trek, uno 007 o un Kill Bill 3 (pescando nel mucchio dei progetti annunciati da Quentin per la chiusura della sua carriera) pieno di divertite, nascoste, ossessive e bislacche inquadrature di piedi.