Recensione da letto – Il Sapore del Successo
Lui: Il Sapore del Successo, film di John Wells con Bradley Cooper
Lei: spettatrice discinta e scarmigliata, intenta a contenere un brontolìo crescente allo stomaco.
– Senti, dimmi una cosa…
– Cosa?
– Perchè “Il Sapore del Successo”? Non potevi rimanere “Burnt” anche in Italia? Cos’è, avevi paura che imparassimo una parola nuova? Che la comprensione di un gioco di parole in una lingua straniera strappasse qualcuno al proprio provincialismo?
– Tesoro, lo sai che non dipende da me. Piuttosto, non mi è sfuggito che ogni tanto storcevi il naso: la scena del bacio tra Adam e Helene non ti ha convinto, lo so…
– In effetti no, sembra che ce l’abbiano messa dentro a forza…
– E anche il finale, vero?
– Eh… Da uno come Steven Knight mi aspettavo qualcosa di più. Mettiamola così, Il Sapore del Successo: sei il pacchetto standard della storia di redenzione. Il tuo protagonista era uno dei migliori sul mercato, ha scazzato di brutto e adesso vuole tornare. Lieto fine e titoli di coda…
– Ho capito… Mi rivesto e vado, stammi bene…
– Aspetta, non hai capito. L’idea di base è un po’ moscia, d’accordo, ma tu non sei per niente male. A tratti fai storcere il naso, ma sei maledettamente godibile.
– Parli sul serio?
– La tua scena iniziale è geniale. Mostri Adam Jones, un cuoco di livello mondiale sul finire del suo auto-esilio. Per espiare le sue colpe ha scelto il contrappasso perfetto: aprire un milione di ostriche in una bettola di New Orleans. A fine giornata, segna su un libretto quante ostriche ha aperto. Il giorno che arriva a un milione molla tutto e se ne va, senza una parola.
– Esatto. Non male come inizio, no?
– Assolutamente no. Nell’arco di due minuti metti perfettamente in chiaro che il protagonista è arrogante, mezzo matto e in balìa delle proprie passioni.
È uno che è passato attraverso la vita come un carro armato in un campo minato, si è preso una pausa ed è pronto a ricominciare.
È una delle introduzioni più cazzute ed eloquenti di cui ho memoria. Siamo al livello delle scene iniziali di Schindler’s List. O di Blues Brothers.
– Oh, questo mi lusinga… Pensavo che mi avresti sbattuto in faccia la ridicola comparsata di Uma Thurman. O di Alicia Vikander. O di Riccardo Scamarcio nei panni del cuoco ex-carcerato…
– Eggià. Hai una valanga di personaggi, è difficile descrivere tutti in modo efficace. Per fortuna il tuo protagonista è ben scritto e ben interpretato: Bradley Cooper ha seminato molto bene ed ora sta raccogliendo. Lui e Sienna Miller ti risolvono buona parte dei problemi. Ma sai qual è la cosa che preferisco di te?
– Illuminami.
– Sei un film ambientato in una cucina, ma riesci ad essere più brutale di un film di guerra e più adrenalinico di un film d’azione.
– Merito del mio regista.
– Esatto. John Wells unisce un ritmo vorticoso ad una analisi quasi feticista dei piatti che vengono mostrati. Riesce a rendere l’idea che, da un certo livello in su, la cucina di un ristorante è un campo di battaglia in cui si combatte per la vita e la morte, in cui la democrazia non esiste, le convenzioni del vivere civile sono un ricordo lontano e lo chef è un despota spietato e punitivo.
– Sì, alla fine è a questo che voglio arrivare. Tutto il resto è di contorno…
– Va bene, non brilli per originalità, Il Sapore del Successo. Ma non devi buttarti giù. Alla fine dei conti, i tuoi punti di forza superano i tuoi punti deboli. Non sarai ricordato come il film migliore del 2015, ma fai passare un paio d’ore piacevoli a chi ti viene a vedere.
– Quindi non ti secca se mi fermo a dormire?
– No, tesoro. Però…
– Cosa?
– Mi hai fatto venire fame… Andresti a mettere su due uova?