Scarface: storia vera di un boss, diventato eroe nel film di Brian de Palma
1983, Brian de Palma conquista il mondo con quello che è oggettivamente il suo film simbolo: Scarface, ispirato a una storia vera. Il pubblico di tutto il pianeta impazzisce di fronte alla straordinaria interpretazione di Al Pacino, che sullo schermo dette vita a uno dei personaggi più leggendari di sempre… roboante, eccessivo, coraggioso, sprezzante, in bilico tra pazzia e lungimiranza, il suo Tony Montana è ancora oggi un personaggio tra i più amati e conosciuti della cinematografia mondiale.
Scarface è tratto da una storia vera. Quale?
Il film era in tutto e per tutto un remake di un capolavoro di cinquant’anni prima, quello Scarface diretto da Howard Hawks che aveva lanciato il magnetico Paul Muni nel firmamento hollywoodiano.
Tuttavia era collegato anche a Little Caeser di Mervyin LeRoy, con Douglas Faribanks Jr. e Edward G. Robinson, in particolare per il tema dell’omosessualità latente. Pur con qualche differenza tutte queste pellicole mostravano il percorso di un uomo capace di sconfiggere ogni nemico, superare ogni avversità nella sua scalata al potere verso il vertice della criminalità. Si tratta di capolavori, connotati da una violenza tanto esagerata quanto centrale dal punto vista tematico, e tutti e tre si attirarono enormi critiche da parte dei benpensanti, che mal accolsero l’aver trasformato un criminale assetato di sangue in un eroe cinematografico.
Scarface e Al Capone: la storia vera dietro la finzione cinematografica
Ma ciò che hanno in comune entrambi gli Scarface e Little Caeser è la storia vera a cui sono ispirati e non semplicemente il titolo, né l’aver ambientato la vicenda in una grande metropoli americana dove regnano droga, alcool, vizi e la legge sembra solo una chimera. A conti fatti è la storia vera, il personaggio a cui si ispirano tutte queste pellicole ad unirle in un abbraccio che ci permette di gettare luce su uno dei personaggi più leggendari della storia della criminalità: Al Capone.
Nato a Brooklyn, nel 1899, Al Capone era figlio di immigrati provenienti da Castellammare di Stabia e da Sangri e fin da giovane fu costretto a lottare in un ambiente povero, degradato e dove solo il più forte o il più furbo poteva sperare di sopravvivere.
In breve tempo Al cominciò a frequentare piccole bande, piccoli criminali coetanei assieme ai suoi fratelli, per poi approdare nella banda di Jonnhy Torrio, una delle più temute di New York.
Scarface è tratto dalla storia vera del boss Al Capone: piccolo, tozzo e attaccabrighe. Un bullo ossessionato dalla fama e dalla popolarità
Qui conobbe altri due personaggi destinati a fare una notevole carriera nel mondo del crimine: Frankie Yale e sopratutto Lucky Luciano. Cominciò a lavorare come gorilla e buttafuori in uno dei locali di Torrio, dove fu ferito in una rissa da un colpo di rasoio, rimediando una cicatrice che gli fece guadagnare il suo soprannome: Scarface. Al era piccolo, tozzo e benché non fosse un colosso era un vero e proprio attaccabrighe, un bullo ossessionato dalla fama e dalla popolarità.
In questo assomigliava molto ad altri gangster di quel periodo come Albert Anastasia, Dutch Schultz, Butchy Siegel, Mad Dog Coll e tanti altri.
Al capì che a New York le possibilità non erano così tante come sperava e decise di trasferirsi in quella Baltimora che è ancora oggi una delle città più pericolose degli States. A seguito della morte del padre però fu costretto a tornare a New York, per poi chiedere di essere mandato a Chicago, dove sperava di poter aver più fortuna.
Per farlo però fu costretto a riconoscere l’autorità di quel Joe Masseria che sarebbe stato una spina nel fianco per molto tempo. Al Capone si fece strada tra prostituzione, gioco d’azzardo, racket, estorsioni e fu uno dei più attivi nei pestaggi e nelle violenze che accompagnarono la campagna elettorale per il sindaco di Chicago del 1923, dove però il corrotto William Thompson perse contro l’integerrimo William Dever.
Al Capone fu costretto quindi a spostarsi poco distante da Chicago, a Cicero, dove in breve costruì una testa di ponte da dove espandere la propria influenza nella capitale dell’Illinois dove le sparatorie e le lotte per il potere erano all’ordine del giorno.
A partire dal 1926 Scarface divenne poco a poco l’imperatore del crimine di Chicago, dove non si fece problemi a uccidere poliziotti, magistrati, testimoni e altri gangster, in un gioco efferato che culminò con eventi entrati nella leggenda come “Il Massacro di San Valentino” o gli omicidi di Franke Yale, o ancora quello di tre concorrenti che massacrò personalmente a colpi di mazza da baseball.
Quest’ultimo episodio della vera storia di Al Scarface Capone è stato rievocato con alcune modifiche nel celebre Gli Intoccabili (sempre di De Palma) con un leggendario De Niro nei panni del nostro Sfregiato.
In breve tempo J. Edgar Hoover, l’onnipotente capo dell’FBI, mise Al Capone in cima alla lista dei nemici pubblici
Al Capone il sanguinario, il modaiolo, l’eccessivo, che non si nasconde e che non ne vuole sapere di restare sotto le righe o non dar spettacolo; ama le luci della ribalta, i giornali, ama che si sappia che è lui il grande capo a Chicago.
Tutta questo amore per i media però nuoceva alla volontà della nuova criminalità, comandata da Luciano ed altri, di rimanere nell’ombra, di agire di nascosto, di modo da non avere addosso poliziotti e giornalisti.
In breve tempo J.Edgar Hoover, l’onnipotente capo dell’FBI, mise Scarface in cima alla lista dei nemici pubblici, così come era successo con Joe Dillinger e Baby Face Nelson (anche loro innamorati della propria leggenda oltre il consentito). Al Capone cominciò a essere braccato in ogni città, collezionando arresti su arresti per i più futili motivi e altri per accuse ben più gravi. Quando non ci riusciva la cauzione, era la corruzione, e sopratutto le minacce a testimoni, giurati e giudici a fargli evitare la galera.
Ma dovette comunque accomodarsi dietro le sbarre per un paio di brevi periodi.
A segnare la sua fine fu non solo l’offensiva capitanata da Eliott Ness e i suoi “Intoccabili” (su incarico del segretario al Tesoro Mellon) ma anche il fatto che ormai il Proibizionismo era agli sgoccioli e dopo aver sconfitto anarchici e sindacalisti, l’ordine costituito aveva deciso di fare i conti con i gangsters. Naturalmente lo scontro tra Ness e Capone ha poco a che vedere con il capolavoro di Brian De Palma, con la storia vera di Scarface, ma rimane uno dei momenti storici più importanti di quel periodo statunitense.
Esso segnò infatti il tramonto del gangster da palcoscenico in favore della mafia vera e propria.
Accusato di evasione fiscale e violazione sulla legge degli alcolici, Al Capone non riuscì a cavarsela coi soliti sotterfugi, venendo condannato a undici anni di carcere. All’inizio le cose non sembravano andare poi male, nel carcere di Atlanta in Georgia infatti il gangster continuò a governare il suo impero del crimine, in una cella personalizzata e con tutti i comfort, che ancora oggi è visitata da molti turisti e curiosi.
Da quella comoda sistemazione però Al Capone fu trasferito ad Alcatraz, dove gli era impossibile curare i propri interessi ed estorcere favori speciali.
Il duro trattamento divenne ancora più drammatico quando gli venne diagnosticata la sifilide, contratta da ragazzo, che lo costrinse al ricovero in infermeria. Alla fine Scarface scontò solo metà della pena, il resto gli fu abbonato per buona condotta e problemi di salute, che si aggravarono tanto da portarlo ad avere una sorta di demenza senile (uno degli effetti della sifilide).
Ricoverato dalla moglie presso una clinica a Baltimora, trascorse gli ultimi giorni a Miami, dove morì nel 1947 a soli 48 anni.
La vita di Al Capone, che è poi la storia vera a cui si ispira Scarface, può affascinare ma alla fine il popolare gangster non aveva nulla di poetico o anche solo di vagamente accattivate.
Tutti (Luciano in primis) lo consideravano stupido, bolso, vizioso e inaffidabile ed è probabile che dietro la sua rovina vi fosse una sorta di patto tra la nuova mafia e Hoover (che fu sempre molto tenero con Cosa Nostra). Ma ciò non toglie che Al “Scarface” Capone abbia sempre colpito l’immaginario collettivo per le sue caratteristiche, il suo personificare, a modo suo, il sogno americano.
In breve fumetti, romanzi popolari e, come abbiamo visto, anche il cinema si impossessarono della sua storia, ambientandola ora nella Miami cocaineggiante degli anni Ottanta, ora cercando di rimanere fedeli all’epoca che lo partorì.
A parte Bob De Niro, Paul Muni, Al Pacino, Jason Robards, Ben Gazzara e Rod Steiger, ci sentiamo di consigliarvi la grandissima serie Boardwalk Empire, dove un talentuoso e simpaticissimo Stephen Graham ci ha regalato una interpretazione davvero vicina alla vera storia di Scarface, al quel povero ragazzo di quartiere che per un breve periodo fu un Piccolo Cesare.