Editoriale | Star Wars: cosa resterà della trilogia sequel e come è cambiata la saga
La Trilogia Sequel di Star Wars si è conclusa. Qui un'analisi complessiva della sua storia.
Qualche considerazione di base, alcune vi sembreranno scontate, ma sono vitali per il discorso che si andrà costruendo. La prima cosa (scontata, ovvio) è che l’universo di Star Wars rappresenta quanto più di vicino possa esserci alla contaminazione tra sacro e profano nel mondo del cinema; ogni singolo membro appartenente alla fan base più estrema è disposto a morire pur di difendere i valori del credo fondato da Lucas.
La seconda considerazione è che sono passati più di quarant’anni da Episodio IV e, parlando appunto di profano prima che sacro, un prodotto cinematografico è destinato ad evolvere, rinnovarsi e adattarsi con il passaggio del tempo. Lo stesso Lucas è stato il primo a mettere in discussione alcune colonne portanti del suo lavoro con la sua Trilogia Prequel, che infatti ha scosso notevolmente i fan di primo pelo, costretti anche ad accettare il fatto che nuove tipologie di amanti stavano nascendo ovunque e altre ancora sarebbero nate. Al giorno d’oggi abbiamo diverse tipologie di pubblico e tutte quante hanno un peso specifico al box office.
La terza ed ultima è che nel momento dell’acquisto della Lucas da parte della Disney è stato delineato per Star Wars un futuro nel mondo della nuova serialità cinematografica, di cui la stessa casa di produzione americana è stata fautrice con l’utilizzo che ha fatto dell’universo Marvel. E non parlo di una nuova capillare distribuzione transmediale (l’Universo Espanso è lì a testimoniarlo, poi la Disney ha pensato bene di dar vita al suo canone), ma di un nuovo modo di creare storie per il cinema, con delle sue nuove logiche narrative e di mercato, con le prime molto spesso al servizio di quest’ulitmo.
Chiarito questo, partiamo.
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Star Wars: la chiamata di J.J. Abrams
Dunque nel 2012 la Disney ufficializza l’acquisizione della Lucas alla modica cifra di 4,05 miliardi di dollari e in ottobre annuncia la lavorazione della neobattezzata Trilogia sequel, il cui sviluppo, neanche a dirlo, diviene quasi subito la pre-produzione più chiacchierata degli ultimi anni.
Il primo nome intorno a cui si specula è quello del regista (si è parlato di Fincher, Bird e addirittura Del Toro) più visto come una vittima sacrificale che altro. In questo senso la cosa è veloce e indolore: in appena due mesi viene annunciato ufficialmente J.J. Abrams, con Lawrence Kasdan e Simon Kinberg nel ruolo di consulenti creativi, sullo sfondo la leggenda dell’incontro con Lucas e della consegna dei suoi trattamenti per la nuova trilogia alla Disney.
Ora, pensiamo al compito che attendeva Abrams: accontentare i fan duri e puri, i seguaci dei cambiamenti di Lucas, le nuove schiere di apasionados e gli spettatori che comprano il biglietto perché Star Wars è comunque Star Wars. Oltre a questo bisognava far fruttare un investimento di oltre 4 miliardi di dollari e creare le basi non solo per una nuova trilogia, ma per un nuovo universo narrativo. In sintesi, il regista avrebbe sbagliato, da una parte o dall’altra.
La scelta dunque ricade su una sorta di remake completamente al servizio del pubblico e delle logiche dell’industria cinematografica, in cui vengono riesumate le vecchie glorie, efficaci per le varie operazioni nostalgia, affiancate da dei personaggi che sono più che altro delle loro versioni alternative. Una grande e riuscita operazione di mercato che porta ad un incasso di oltre due miliardi di dollari complessivi e diventa il primo incasso del Nord America, il quarto maggior incasso di sempre della storia del cinema e, inutile dirlo, il maggior incasso della saga di Star Wars.
Naturalmente il cinema, in quanto creazione autoriale, non c’entra nulla con Episodio VII. Magari alla Disney non frega nulla, ma i soliti e terribili fan danno in escandescenza, lamentando di un film copia di Episodio IV, incapace di prendere la minima decisione e che quando fa qualcosa (o non la fa), sbaglia su tutta la linea. Credeteci o no, nonostante l’enorme successo al botteghino e il fatto che il film abbia garantito la possibilità di creare questo universo (eh si, Rogue One), si decide di cambiare rotta.
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Star Wars: il nuovo che avanza
Giugno 2014: arriva Rian Johnson, l’ispirato regista di Looper, che da il cambio ad un Abrams che si accomoda in panchina calciando qualche bottiglietta, ma non viene per questo mandato sotto la doccia (rimane produttore esecutivo).
La missione di Johnson è quella di dare una svolta alla saga, facendo ricredere tutti coloro che chiedevano a gran voce che a Star Wars venisse dato un futuro nuovo, invece che rimanere intrappolato in un loop infinito, soprattutto per colpa di attempati ricconi a cui interessa solo guadagnare qualcosa in più. E in un certo senso la svolta arriva: Episodio VIII prende la sceneggiatura del suo predecessore e con una penna rossa segna tutto quello che ha funzionato e non, aggiungendo e togliendo, senza preoccuparsi troppo di dare un senso reale e organico a quello che si vedrà poi sullo schermo.
La trama diventa di una povertà assoluta, la regia è di una monotonia disarmante e il senso di rottura che si cerca di dare ad ogni costo, passando sopra i mille campanelli di allarme, arriva solo nel finale con un colpo di coda estremo, senza essere riusciti per tutto il resto del minutaggio a creare un accenno di nuovo percorso, accontentandosi di darne il sentore (scusate se vi sembra una recensione, ma questo è il film autoriale della nuova trilogia, quindi ne parliamo no?). In compenso i protagonisti della saga non sono mai stati così in vena di scherzare.
Comunque il film si conclude bene, nel senso che in qualche modo riesce a consegnare al terzo atto la base per prendere questa benedetta nuova piega e, nuovamente, il botteghino risponde presente (1 miliardo di dollari di incasso dopo appena 16 giorni di programmazione e complessivamente secondo maggior incasso della saga), su questa nuova onda si può continuare. Ma indovinate chi non è d’accordo? Proprio loro, gli stessi fan che si lamentarono della ripetitività di Episodio VII, ma questa volta si aggiungono anche le altre tipologie di pubblico, perché la colpa di questo film è stata non avere avuto la capacità di accontentare nessuno.
Ergo, si cambia ancora. Se poi il risultato di questo cambio di direzione politica è stato il successivo Solo, non si può non essere d’accordo.
Star Wars Episodio IX e X
Se siete rimasti interdetti nel leggere la parte in cui si accennava al non gradimento di Abrams riguardo la sua sostituzione alla regia, vedetela così: laddove Johnson ha cercato di correggere il tiro in modo da indirizzare la storia verso un lido più personale; con il suo ritorno in prima linea, il regista newyorkese ha completamente rinnegato qualsiasi aspetto del capitolo precedente e, per rendere la cosa più chiara possibile, ha deciso direttamente di riscriverlo, mettendo nel calderone dei 140 minuti di film materiale sufficiente per il doppio del minutaggio.
E dunque Episodio IX (e X) non è altro che il ritorno della saga all’interno della propria zona comfort. Un ritorno alla luce del sole, anzi, a tratti persino ostentato (le cose accadono perché devono accadere, bisogna cancellare tutto e subito), come se il merito maggiore di questa pellicola fosse rintracciabile proprio in questo, una cosa abbastanza triste a dire il vero.
Ancora una volta di cinema non si parla o si parla poco, nonostante la solita prestazione di Abrams, che il cinema di Lucas lo conosce molto bene, perché la pellicola ritorna ad essere densa di puro e dilagante fan service, continue strizzatine d’occhio, colpi di scena visti e rivisti, presenze inutili e enormi parti che ci riconducono al remake (stavolta l’interessato è Episodio VI), d’altro canto questo torna ad essere uno Star Wars con un’epica all’altezza del suo nome e una riuscita finale che fa uscire dal cinema con la pancia piena. Un’altra grande operazione di marketing, ma stavolta accompagnata da un non trascurabile senso di rivalsa del regista.
A neanche una settimana dall’uscita il terzo atto della Trilogia Sequel ha diviso la critica, mentre le previsioni parlano di una proiezione di incasso più meno in linea con i due capitoli precedenti. Da parte del pubblico ci si aspettano le solite lamentele, ma Episodio VIII può fare, in questo senso, la differenza.
Star Wars: cosa è cambiato nella Trilogia sequel?
Si è chiusa una trilogia senza una scrittura organica, figlia della paura, dell’approssimazione e della voglia di accontentare tutti (prima per un verso e poi per un altro) e, beh, non si è andati da nessuna parte. La lezione maggiore è per l’intera fanbase: forse sono proprio loro il freno alla saga, vogliosi di avere qualcosa di nuovo e all’altezza, ma incapaci staccarsi e di accettare alternative alle storie e ai personaggi che tanto amano. Poi, capiamoci, “nuovo” non vuol dire necessariamente “riuscito”, forse il reale problema sta proprio lì.
Quello che ci si deve domandare allora è: cosa sarebbe potuto cambiare? Non avremmo avuto una trilogia in grado di ribaltare le sorti della saga (come detto sopra, credo neanche nessuno lo volesse), ma magari una con una struttura appena sufficientemente forte da non cambiare in base alle reazioni dei fan si, anche perché, come i numeri testimoniano, la Forza, quella attrattiva, di Star Wars, volenti o nolenti, è ancora con noi.