The Bear 3: il cast parla della serie, tra implicazioni romantiche, segreti e pressione sul set

Jeremy Allen White, Ayo Edebiri e Ebon Moss-Bachrach, insieme al resto del cast, ci spiegano cosa dobbiamo aspettarci dalla terza stagione di The Bear, su Disney+ dal 14 agosto 2024.

Ayo Edebiri e Jeremy Allen White rispondono all’unisono, o quasi. È la domanda da un milione di dollari (se ne è parlato, in chiave di gossip, anche per il loro privato) e ci tengono a far piazza pulita dagli equivoci. Per Carmy e Syd, oltre la partnership culinaria, c’è dell’altro in vista? “No!” risponde subito lei. “Non si è mai parlato di implicazioni romantiche” aggiunge Jeremy Allen White.

Attesa spasmodica e dove trovarla: c’è poco o nulla, oggi, che stia al pari di The Bear. La terza stagione dello show culinario creato da Christopher Storer, incentrato sulle vicende dell’omonimo ristorante di Chicago – da locale di quartiere a raffinato ristorante – arriva su Disney+ il 14 agosto 2024. Le prime due stagioni risalgono al 2022 e al 2023; consenso critico, pubblico impazzito, pioggia di premi e un posto assicurato nel pantheon della moderna cultura pop. Per i protagonisti Jeremy Allen White, Ayo Edebiri, Ebon Moss-Bachrach e non solo (senza scordare l’impressionante lista di guest star, da Bob Odenkirk a Jamie Lee Curtis per finire con Olivia Colman!), la terza stagione è il momento in cui la pressione, il peso delle aspettative, cominciano a farsi sentire. Ma è il prezzo del successo e la cosa non sembra spaventarli troppo. Un esempio è l’attitudine riflessiva di Ebon Moss-Bachrach. Nello show è Richie, forse il personaggio cresciuto di più, nel tempo. Dell’attesissimo nuovo capitolo ci spiega che “la terza stagione comincia poco dopo la fine della seconda. Quanto a Richie, è entrato in contatto con uno stile di vita più evoluto di quello cui era abituato. È come se vedesse un nuovo sentiero davanti a sé, ma un conto è trovarselo davanti e un conto è mettersi in viaggio. Come ogni percorso di crescita individuale è un tira e molla, un passo avanti e uno indietro. Non c’è una sola direzione”.

The Bear Ayo Edebiri - cinematographe.it

Matty Matheson, nella doppia veste di produttore esecutivo e interprete (è Neil), cura il dietro le quinte culinario dello show. Racconta di trovarsi molto bene a lavorare con “Courtney Storer, anche lei produttrice, e il suo staff. Siamo noi a ideare i piatti che vengono presentati nella storia. Per riuscirci, cerchiamo di capire a cosa pensano Carmy e Syd quando li scelgono, perché scelgono proprio quelli e come si rifletta, la loro personalità, nel cibo che cucinano. Ci sono alcune cose davvero complicate da preparare”. Centrali in questa terza stagione di The Bear sono i “non negotiables” (non negoziabili, ndr), tutti gli aspetti nella vita del ristorante (e non solo) su cui non si può transigere. Si chiede al cast se ce ne siano anche sul set e queste sono le risposte. Ayo Edebiri. “Non saprei. Sii gentile con gli altri! O magari impara le battute! Arriva al lavoro…” completa Jeremy Allen White “… preparato. E in tempo!”. Di nuovo Edebiri “idratati…” e per finire Abby Elliott “e prendi tanta vitamina C!”.

Lo scambio di battute, senza pensieri e senza prendersi troppo sul serio, tradisce la grande sintonia tra i membri del cast. Spiega una parte, anche se non tutto, del successo della serie. Abby Elliot è Natalie, la sorella di Carmy. Se l’elaborazione del dolore è il filo rosso della serie, lei “fa i conti con il suo dolore mentre sta per diventare madre e intanto riflette sul fatto che la relazione con sua madre (Jamie Lee Curtis, ndr) e suo fratello non è come la vorrebbe”. Sarebbe sbagliato pensare che al mondo esista un solo tipo di dolore, spiega Ayo Edebiri. “Ci sono tanti personaggi costretti a elaborare un qualche tipo di dolore. Ognuno lo sperimenta e lo affronta a modo suo”. Allargando un po’ lo sguardo, Ebon Moss-Bachrach è convinto che, “dal momento che il dolore è forse l’unico tratto comune nella condizione umana, la ragione del nostro successo, il motivo di questa grande connessione con il pubblico, è che il dolore è come un fiume che ci attraversa tutti “.

The Bear è una dichiarazione d’amore a Chicago e serve anche a capire come si “costruisce” uno chef

The Bear 3 trailer - cinematographe.it

Carmen “Carmy” Berzatto è quel tipo di personaggio. Quello che cambia dall’oggi al domani la carriera di un attore, se arriva al momento giusto e nel modo giusto: lo chef stellato, tornato a casa a Chicago per ripartire da zero rilevando il locale del fratello (Jon Bernthal) morto, riluttante a lavorare sui suoi demoni. Dopo tre stagioni, Jeremy Allen White lo inchioda con il minimo sindacale di parole. “In questa terza stagione Carmy continua a fare quello che gli riesce meglio, cioè evitare di fare i conti con i suoi problemi”. Una questione importante da affrontare, sul lato tecnico, è la modalità di fruizione della serie. The Bear è il tipico show da binge watching, visione immersiva e senza limiti. Di regola esce con tutti gli episodi in contemporanea (per la terza stagione saranno dieci), ma c’è chi si interroga se non funzionerebbe lo stesso anche in modo più tradizionale, con un episodio a settimana. Matty Matheson, che non aveva mai recitato prima ma ha acquisito centralità man mano che la sua abilità veniva riconosciuta da Christopher Storer, afferma di non essersene “mai occupato direttamente, anche perché la cosa è al di sopra del mio grado retributivo”.

La risposta arriva da Ayo Edebiri. “Non c’è nessun obbligo a guardarla in un modo piuttosto che in un altro. Con le serie a cadenza settimanale, per esempio, io lascio che finiscano e poi le guardo secondo i miei ritmi. Il pubblico può regolarsi come vuole”. Matty Matheson, per cui nulla, qui, è davvero finzione, dal momento che lui è sul serio uno chef, chiarisce un aspetto importante del background della serie. “Carmy, come molte persone di successo, è cresciuto lavorando sotto molti chef. È così che funziona: rubi un po’ qui e un po’ lì e ti costruisci, nel bene e nel male. Quando frequentavo la scuola di cucina, uno chef ci raccontava di aver lavorato per una trentina di cuochi diversi, in giro per l’Europa, e che proprio questo gli aveva permesso di imparare il mestiere, perché di mestiere si tratta. Così funziona: acquisendo con il tempo le più diverse abilità – non si smette mai di imparare – diventi la persona che sei. La nostra intenzione è di mostrare che tipo di persona Carmy è diventato e come ci è arrivato”.

Il cast ama girare per Chicago, sperimentando la ricca offerta culinaria della città. È un modo per “vivere” il cibo lontani dalla confusione della serie, con i toni sopra le righe e il caos che regna sovrano. Sono in tanti a sottolineare il clima collaborativo che si è sempre respirato in città, dal supporto fornito dai veri chef alle strutture messe a disposizione per le riprese. Ancora Matty Matheson. “Credo che il nostro lavoro rifletta l’amore che proviamo per Chicago. Una delle cose che più ci piace è gettare luce sui tanti aspetti fantastici della vita in città, presentandoli nel modo più positivo possibile”. Ma non è tutto rose e fiori. Si è parlato di elaborazione del dolore. Se, spiega Jeremy Allen White “quello che succede in questa terza stagione è che Carmy finalmente riesce a uscire dal refrigeratore e si fa sommergere dal lavoro, mettendo alla prova se stesso e, conseguentemente, chi gli sta intorno”, le cose non sono poi così diverse per Liza Colón-Zayas e la sua Tina. “Lei lotta, cerca di essere la versione migliore di se stessa, affrontando i demoni del passato”.

La terza stagione di The Bear segna il debutto alla regia di Ayo Edebiri. L’ha adorato, perché “se è fantastico, da attrice, lavorare con il nostro team, a maggior ragione te ne accorgi se ti occupi della regia. Ho avuto l’opportunità di dirigere alcuni degli attori che amo di più al mondo, è stato insieme un dono e una master class. Credo sia il miglior lavoro del mondo, o forse il migliore a pari merito con la recitazione”. La scelta dell’episodio è stata un mix di imposizione dai piani alti e input dell’attrice. “Un po’ di entrambe, è vero. (Chris Storer, ndr) ne aveva uno in mente. Fortunatamente, ci viene sempre data l’opportunità di leggere i copioni in anticipo, così possiamo parlarne a lungo. So che ci sono state delle discussioni con i produttori, per decidere la distribuzione degli incarichi. Quando ci siamo confrontati (Chris) mi ha chiesto quale volessi dirigere. Gli ho risposto che avrei dato il mio figlio primogenito, che per la cronaca non c’è ancora, pur di dirigere l’episodio di Liza, per lavorare con lei in un certo modo. E lui è stato d’accordo”.

Il clima sul set è stato decisivo per il successo di The Bear

the bear stagione 3 cinematographe.it

A testimonianza del clima che si respira sul set – il successo aiuta, in questi casi, o rende le cose molto più complicate, niente vie di mezzo – le parole di Jeremy Allen White. “Separarsi è diffile. Ne abbiamo parlato recentemente. Abbiamo finito di girare qualche settimana fa e, anche anche se amiamo molto la vita che facciamo, è davvero speciale stare insieme il più a lungo possibile”. Si era parlato di girare le stagioni 3 e 4 in rapida successione. Ayo Edebiri spiega che “in un certo senso è così che è andata. Anche se non esattamente. Quanto ai premi” prosegue, spostando l’attenzione sui numerosi riconoscimenti ottenuti dalla serie “non lavoriamo con quest’idea in mente”. Completa il pensiero Jeremy Allen White. “La prima stagione l’abbiamo girata senza particolari aspettative. Arrivati alla seconda, ci siamo chiesti se era possibile ripetere l’esperienza. Ci siamo riusciti e questa sensazione è esplosa ulteriormente dopo la seconda stagione. Ancora una volta ce l’abbiamo fatta a creare un nostro spazio creativo, che ci tenesse lontani dal resto”. Nella vita, è quanto di più lontano si possa immaginare dal perfezionismo esasperato di Carmy. “Sono l’esatto opposto. Ammiro questa parte di Carmy, mi piacerebbe somigliargli. Ma non lo vedo come un tratto in comune tra noi. Io faccio molta più fatica”.

Sa come tenere a bada le zone d’ombra della storia, i momenti più intensi. Non porta a casa le scorie del set anche perché, “lo ripeto sempre, il set è un posto davvero gioioso. Se una mattina ti trovi a girare una scena molto forte, tempo due ore e sei insieme agli altri a ridere e scherzare. Anche se provassi a portare a casa il lavoro, non credo che ci riuscirei”. Uno degli ingredienti chiave di The Bear è l’intreccio di atmosfere, come ci spiega Ebon Moss-Bachrach. “Si possono trovare spunti d’umorismo persino in situazioni molto dolorose, la serie parla anche di questo. Va tenuto presente che le riprese durano mesi. Non riusciremmo a mantenere non stop un simile stato d’animo, finiremmo svuotati. Quindi quello che facciamo è: lasciarlo sul set, riposare e poi tornare a prenderlo”.

La terza stagione prevede, tra l’altro, una proposta di partnership presentata a Syd da Carmy. Per Ayo Edebiri, che si è confrontata con molte professioniste del settore e ha capito che i problemi di una donna al comando, nell’alta cucina e nello show business, si somigliano, “la cosa è un po’ più caotica, per Syd, rispetto a come se l’era immaginata, idealizzandola, all’inizio”. Per Jeremy Allen White, la proposta è il tentativo di Carmy “di aprirsi con lei. Non lo definirei il miglior comunicatore del mondo, il suo modo di provarci è appunto attraverso questi grandi gesti. E non è per niente facile, per chi gli sta intorno, capire quello che gli passa per la testa. Vedremo che effetto avrà sul loro rapporto; è il suo modo di avvicinarla a sé”. Per il resto, spoiler sulla terza stagione (comprensibilmente) non arrivano. Lionel Boyce/Marcus non sa, dopo l’omelette di Sydney (stagione 1) e la torta al cioccolato (stagione 2), quale ricetta andrà per la maggiore. “Questa è una cosa che proprio non avevamo previsto, ne parlavamo sul set. Chi avrebbe immaginato che sarebbe stata la torta a catturare l’immaginazione del pubblico?”.

L’amicizia e il set disteso non bastano a sbarazzarsi della pressione. E la pressione, come ci conferma Jeremy Allen White, non puoi semplicemente ignorarla. “La pressione è reale. Non mi pare di aver lavorato, nell’intervallo tra le ultime due stagioni. Venivamo dalla stagione dei premi e comprensibilmente ero un po’ ansioso, anche se conoscevo la forza degli script. Quindi, è vero, la pressione si sente. Ma bastano poche settimane con la troupe e il cast perché ogni cosa vada al suo posto. E tutto diventa divertente e ogni cosa è possibile”. L’amicizia, la vicinanza, quella che in gergo si definisce chimica, aiutano a gestirla. Per Ebon Moss-Bachrach “un ambiente caloroso come il nostro ti aiuta a scendere più in profondità. A prenderti, con il personaggio, quei rischi che rendono la storia più dinamica. Il nostro è un set collaborativo, in cui tutti hanno voce in capitolo”. Chiusura con Ricky Staffieri, silenzioso per la gran parte del tempo. Nella serie è Ted e tutti sono d’accordo con lui quando si tratta di scegliere la parola chiave, quella che più di ogni altra riassume la forza della terza stagione di The Bear. “Elevazione”. Non negoziabile.