Timothée Chalamet presenta A Complete Unknown: “L’endorsement che spero di ricevere? Quello di Francesco Totti!”
Timothée Chalamet, Edward Norton, Monica Barbaro e il regista James Mangold presentano alla stampa italiana A Complete Unknown, il film su Bob Dylan in sala il 23 gennaio 2025.
La sorpresa più bella, al pubblico romano, Timothée Chalamet l’ha fatta in conclusione dell’affollatissima conferenza stampa di presentazione del suo nuovo film. Non si poteva non menzionarla nel titolo, ma bisogna pazientare a raccontarla. C’è tanto da dire – prima – su e a proposito di A Complete Unknown, il biopic musicale – non esattamente biopic, non esattamente musical – che James Mangold (Logan) ha dedicato al genio immortale e all’anima imperscrutabile di mr. Bob Dylan. Accompagna l’eclettico e carismatico protagonista un super cast che comprende, tra gli altri, Edward Norton, Monica Barbaro, Elle Fanning, Scoot McNairy e Boyd Holbrook. Il film – uscita in Italia il 23 gennaio 2025 – è l’adattamento del libro dell’americano Elijah Wald Dylan Goes Electric! (2015), cronaca della vita e della carriera del musicista americano tra il 1961 e il 1965. Dall’arrivo a New York del giovane e ancora sconosciuto Robert Zimmerman, immediatamente adottato dalla locale comunità folk, alla svolta elettrica che gli alienò il favore dei puristi, attirandogli persino accuse di tradimento.
Timothée Chalamet a Roma per presenta A Complete Unknown
Ce n’è voluto di tempo per prepararsi al ruolo e al film, ci spiega Timothée Chalamet, ma ne è valsa la pena. “La preparazione è durata cinque anni e mezzo. Vado fiero del mio lavoro con James Mangold, non riesco a immaginare un’altra versione di questo film. Abbiamo dato tutti il 150% e ne sono molto orgoglioso. D’altronde, avevamo solo tre mesi, tre mesi e mezzo circa, per essere Bob Dylan o Johnny Cash (Boyd Holbrook nel film, ndr), e il resto della vita per essere noi stessi”. Non si parla a caso di Johnny Cash, perché la leggenda country era stata il soggetto – protagonista Joaquin Phoenix mentre June Carter era Reese Whiterspoon – dell’altro celebre biopic musicale di James Mangold, titolo Quando l’amore brucia l’anima – Walk the Line (2005).
Anche stavolta, a guidare il regista americano c’era un fortissimo bisogno di verità. “A un certo punto del film Timothée dice che noi del passato ricordiamo solo quello che ci conviene. Pensiamo a Dylan; ancora oggi, nonostante tutto, è percepito come un favolista, un cantastorie. Ho parlato con tantissime persone e letto ancora più materiale per prepararmi al film, per non parlare dei documentari. Mi ha colpito che non ci fosse un aspetto della sua vita su cui non si accumulasero montagne di contraddizioni; ognuno dava la sua versione dei fatti. Ma è naturale, perché le testimonianze venivano da persone che si trovavano magari davanti alla macchina da presa, perfettamente consapevoli di questo e portate a raccontare la loro storia tralasciando gli errori e parlando solo del successo. Volevo cercare la verità, un processo che riguarda tutti noi e non va limitato a Bob Dylan. Volevo raccontare la vita dei personaggi prima che diventassero culturalmente rilevanti, catturando le cose come erano successe, per la strada o negli studi di registrazione”.
A Complete Unknown tra i meriti di YouTube, le virtù terapeutiche di James Mangold e le differenze tra ieri e oggi
Il grande Edward Norton è Pete Seeger, paladino della scena folk, fratello maggiore, amico, mentore e alla fine, suo malgrado, avversario di Bob Dylan. Gli chiedono come si è preparato al ruolo e lui va dritto al sodo. “YouTube, ecco come. Vent’anni fa la preparazione mi avrebbe preso un anno, oggi invece è tutto più facile. Basta cercare e qualcosa si trova sempre: per esempio, un concerto di Pete in un bar di Berlino nel ’63! Mi ha davvero aiutato, permettendomi di ingerire il personaggio in voce e postura. Il nostro regista, James Mangold, è un terapeuta, perché ci ha sempre ricordato che non dovevamo raccontare la Storia ma piuttosto parlare di rapporti umani. Certe cose non le puoi fingere”. La parola passa alla bravissima Monica Barbaro (Top Gun: Maverick), che è il corpo e la voce di Joan Baez, icona folk e partner artistica-sentimentale di Bob Dylan. Un continuo tira e molla, il loro rapporto.
“Quando interpreti un personaggio come Joan hai sempre in mente i fan e sei portata fare qualcosa che sia riconoscibile. Ma è stata proprio lei a dirlo, e bene, in un articolo uscito all’epoca delle riprese: se le cose sono troppo perfette, non puoi essere interessante. Joan non avrebbe mai sacrificato la sua personalità e non ci siamo mai sentiti invitati a girare una biografia. Sapevamo di poter essere umani nelle scene”. Si intromette scherzosamente Edward Norton, per precisare alcune cose a proposito del suo regista. “Ho detto che Jim è un terapeuta, è vero. Ma ricordo anche la sua voce roboante sul set che mi ripeteva in continuazione: non devi raccontarmi quello che succede, questo è un film, non una pagina di Wikipedia!”. Non si fa attendere la risposta di James Mangold. “Gli aneddoti dei mei attori sono come le storie su Bob Dylan, crescono con il tempo!”.
Torna serio per un attimo. “Ci sono due piani nel film, quello esterno – la ricostruzione di un’epoca – e l’interiorità dei personaggi. Non volevo che l’esteriorità distraesse dall’interiorità. Cercavo equilibrio, nessun piatto della bilancia doveva sopraffare l’altro. Era importante, per me, che questo fiore crescesse in questa serra”. Timothée Chalamet e Bob Dylan non si sono mai incontrati perché, spiega l’attore americano, “la sua priorità è occuparsi della sua arte, punto”. Se Dylan è un maestro, la sua lezione è “l’autocreazione, è sempre stato un favolista. Parte come Robert Zimmerman, diventa Bobby Dylan e poi Bob Dylan”. Nel mondo raccontato in A Complete Unknown era la cosa più naturale del mondo che un artista comunicasse in maniera politica, a differenza di oggi. Sempre Chalamet. “Non c’ero negli anni ’60, ma credo che fosse un mondo più ottimista e a suo modo più sincero, se pensiamo a quanto è cambiata la musica di Dylan nel corso degli anni. Oggi, se provi a incidere un pezzo politico la gente alza gli occhi al cielo e si chiede: che c’è sotto? Non voglio essere troppo cinico, però. Magari qualcuno riuscirà a invertire la tendenza”.
L’appeal trasversale del Dylan uomo e del Dylan artista
James Mangold apprezza molto la natura schiva di Bob Dylan. “Il suo essere guardingo dipendeva dal fatto che voleva proteggere la sua stella polare, assicurandosi di avere libero lo spazio vicino alle orecchie. Ogni idea e ogni sentimento comportano il rischio di banalizzare le cose, che invece sono magiche. Trattenerci è un modo come un altro di sottolineare che le cose sono importanti e non vogliamo sprecarle”. Da qui si passa a una valutazione sullo stato dell’arte…cinematografica e non. “Viviamo un’epoca anestetizzata, al cinema e per quel che riguarda la musica almeno è cosi. Facciamo per lo più cose che non ci disturbano. Una volta la parola d’ordine era: sorprendimi. Oggi, anestetizzami”.
C’è un aspetto della personalità di Bob Dylan che Timothée Chalamet sente suo. “Bob non aveva degli archetipi da inseguire, come quelli che esistono oggi. Si è creato da solo, a mano a mano, tirando fuori chi voleva essere. In questo mi identifico con lui. Anch’io voglio essere qualcosa di più grande, senza sapere come e cosa fare per arrivarci”. Dopo l’uomo, si parla dell’appeal trasversale del musicista. C’è l’esempio Blowin’ in the wind e del suo messaggio pacifista, valido sempre. Per Monica Barbaro, la forza della sua arte è precisamente questa. “Abbiamo sempre la sensazione che la storia si ripeta ma nei versi di Dylan, a parte quelli che fanno riferimento a un periodo o a una guerra specifica, c’è sempre qualcosa di vago, al punto che si può immaginare denuncino l’ipocrisia umana o il fatto che perdoniamo sempre il nostro comportamento. Joan si è innamorata dei suoi versi, ma lui non puntava il dito in una direzione precisa. I problemi di cui parla sono senza tempo”.
Edward Norton si tira fuori dal dibattito, ma non per reticenza, è solo che la pensa come Dylan. “Sono d’accordo con lui quando sosteneva che parlare del significato di una canzone ne riduce il potere. Non sto evitando di rispondere, ma penso sia il pubblico a dover trovare un senso. Sono riluttante a imporre un’interpretazione a qualcosa che ho fatto”. Monica Barbaro ironizza su Hollywood e l’atteggiamento degli studios verso la sua carriera. “Dopo Top Gun mi proponevano solo storie in ambiente militare, ora invece sono tutti musical! La cosa che mi piace di James Mangold è che non puoi etichettarlo. Racconta le sue storie in maniera fantastica e ti porta in un genere diverso, per cui non puoi affibbiargli un’etichetta”.
Nessuno lo sa, ancora, ma Timothée Chalamet sta per consegnare la conferenza stampa all’immortalità. Prima si e ci emoziona, ricordando “di aver visto il film in sala in America, a dicembre, in una sala piena di gente che aveva vissuto quei momenti; è stato bellissimo”. A questo punto gli parlano dell’endorsement di Neil Young, che ha parlato alla grande del film e della sua interpretazione, e lui stupisce tutti quelli che non conoscono il suo amore per la Roma e infiamma gli altri, che invece lo sanno. Dice, “è fantastico sentirsi apprezzati da una leggenda come lui. Ma l’endorsement che mi sta davvero a cuore è quello di Francesco Totti! Spero proprio che veda il film!”.