Vangelo secondo Maria – intervista a cast e realizzatori: ” questa creatura bellissima è un’ipotesi, noi non riscriviamo la storia”
Vangelo secondo Maria riscrive la vita della Madonna, accanto e non contro i Vangeli. Storia di libertà e ribellione: parola al regista Paolo Zucca, alla scrittrice Barbara Alberti e ai protagonisti Benedetta Porcaroli e Alessandro Gassmann.
In sala il 23 maggio 2024 per Vision Distribution, produce La Luna con Vision Distribution, Sky e Indigo Film, Vangelo secondo Maria è un’interessante ipotesi/riscrittura/deformazione costruita intorno a una vicenda centrale nel percorso religioso di miliardi di persone. Il film, diretto da Paolo Zucca, è l’adattamento per il cinema del romanzo omonimo della scrittrice (qui anche sceneggiatrice) Barbara Alberti; controstoria mariana, racconto della vita, delle aspirazioni e delle necessità di Maria, oltre la tradizione cristiana. Il cast è dei più prestigiosi: Benedetta Porcaroli, Alessandro Gassmann, Lidia Vitale, Fortunato Cerlino e Maurizio Lombardi.
A portare Paolo Zucca sulla strada giusta è stata proprio Barbara Alberti, come ci racconta l’autore sardo in occasione della presentazione del film alla stampa, qualche mese dopo il passaggio di Vangelo secondo Maria, Fuori Concorso, al Festival di Torino 2023. “Il progetto risale a circa quindici anni fa, era il 2009” spiega “quando feci vedere a Barbara un mio corto, si chiamava L’arbitro, ambientato in Sardegna e girato in bianco e nero. Mi disse che ci trovava dentro qualcosa di biblico e mi consigliò di leggere il suo romanzo. Fortuna che non l’abbiamo girato all’epoca, Bendetta andava ancora alle elementari! Gli attori, li abbiamo presi nell’età giusta per interpretare i personaggi”. Il finale del film è diverso rispetto a quello del romanzo, c’è una ragione. “Mi sono poggiato sul concetto tema vs. controtema. Il controtema è il destino, il tema è il libero arbitrio: siamo liberi di fare quello che vogliamo, o tutto è già scritto? Nel romanzo è il tema a vincere, c’è l’estrema ribellione di Maria. Nel film, in pieno accordo con Barbara, abbiamo optato per una sintesi tra i due elementi. Spetterà allo spettatore, dipenderà dalla sua lettura, decidere chi ha vinto”.
Barbara Alberti scrive il romanzo in risposta (rabbiosa, certo, ma piena di umorismo e vitalità) a un’educazione soffocante. “Volevo innalzare Maria, farla sorridere. Il libro è del 1979 e c’è un abisso tra quel mondo e l’educazione che si dà oggi alle ragazze. Noi venivamo educate nella paura e se c’era un modello cui riferirsi era proprio Maria. Scelta da Dio, partorisce senza conoscere l’uomo e poi torna vergine. Ricordo che, ogni volta che mi imbattevo in qualche sua immagine, la trovavo raffigurata sempre piangente. Ho scritto il romanzo per farla sorridere”. D’altronde nei Vangeli la figura di Maria è, per lo più, marginale. “Solo nel Vangelo di Luca si apre un pochino di più. Per il resto è un icona d’obbedienza. Mi sono trovata davanti questa ragazzina cui tutto era proibito: però a un certo punto si apre per lei una porta. Va in sinagoga, scopre la conoscenza, l’immaginazione e si monta la testa. Concepisce la rivolta estrema: scappare su un asino vestita da ragazzo per andare ad Alessandria, la città dei libri”.
Vangelo secondo Maria: un film su una donna e per le donne, ma non contro gli uomini
Il film è su una donna, per le donne e da una donna proviene, per quel che riguarda l’originale romanzesco. Ma il suo femminismo, spiega Barbara Alberti, non prevede la condanna senza appello del maschio. Tutt’altro. “Non contrastiamo il genere maschile, semmai ne contestiamo il potere. Giuseppe è il maestro di Maria e da lì nasce un amore più grande, forse, di quello divino”. Sul set, si avvertiva il senso di un’esperienza fuori del comune. “La fine delle riprese sembrava la presa in giro della cerimoniosità giapponese: tutti che si ringraziano e fanno inchini. Abbiamo fatto qualcosa che a noi importa molto, non so se lo sia in assoluto. È anche un guanto di sfida al femminismo piagnone: basta piangere, lamentarsi”. Non poteva crederci, Benedetta Porcaroli, quando le hanno proposto la parte. Si è fidata anche se, all’epoca, “di Paolo non avevo visto nessun film. Maria, per essere libera, ha bisogno di conoscere”. Il film non manca di nulla. “C’è l’aspetto mistico, la sete di conoscenza e c’è l’amore. È una creatura bellissima questa Madonna raccontata da Barbara. È un’ipotesi che mi piacerebbe fosse vera”. Completa il discorso Barbara Alberti. “Per il nulla che si sa di Maria, ognuno è autorizzato a fare ipotesi”.
L’ipotesi letteraria e cinematografica di Vangelo secondo Maria restituisce umanità e spessore a figure cristallizzate, non potrebbe essere altrimenti, dal sentimento religioso. Maria e Giuseppe non più icone, qui, ma un uomo e una donna. Ne parla Alessandro Gassmann, il maturo Giuseppe che fa da maestro a Maria. “Sono personaggi terreni, hanno passioni terrene e difetti terreni. È la molla che mi ha fatto innamorare del progetto. Mi piace il confronto con attori più giovani di me. Con Benedetta è stato bellissimo: la sua è una profondità non esposta”. Tra i non protagonisti, Maurizio Lombardi nella parte di Erode ci spiega che “quando ti parlano di una parte come questa, quando vengono a dirti di fare Erode, è come se ti proponessero Amleto. Portare in scena un vero assassino non è stato per niente facile. Questo Erode rockstar, l’ho trovato in Sardegna (set del film, ndr), insieme a Paolo e Benedetta”. La sua caratterizzazione è piaciuta moltissimo a Barbara Alberti; la trova “da Oscar, da indulgenza plenaria”.
Lidia Vitale aveva letto il romanzo molto tempo prima di arrivare al film. La parte è quella di Anna (poi Sant’Anna), madre di Maria. Una donna che non capisce e non accetta la ribellione, l’impeto di emancipazione, della figlia. “Credo che la cosa più difficile in questa lotta di genere sia rompere l’introiettamento del patriarcato. Anna l’ha fatto, ha interiorizzato il patriarcato e lo replica sempre, in ogni suo comportamento. Nel profondissimo, però, c’è la speranza che le cose possano cambiare”. Quanto alla scelta di prestare voce e corpo a personaggi complessi e a tratti poco accoglienti, l’attrice romana spiega che “l’idea è di esplorare fino in fondo l’umanità che è in ciascun personaggio”.
Oltre le sterili polemiche e le facili strumentalizzazioni: il cuore del film è l’amore tra Maria e Giuseppe
Trattandosi di ipotesi di scrittura, della rilettura di passaggi della vita di un personaggio cardine della visione e della tradizione cristiana, c’è il rischio, per la Madonna raccontata da Vangelo secondo Maria, di esporsi alla polemica scatenata da sensibilità offese. Barbara Alberti, che non cerca la provocazione fine a se stessa, non ha paura delle offese. Anzi, secondo lei “dovremmo trovare il coraggio di offendere, per poi difenderci. Il libro era la risposta a un’educazione che nelle donne si imponeva come una violenza. I cattolici non si offenderanno, capiterà forse ai fondamentalisti. Io sono per litigare, per discutere. Credo che la paura di offendere sia una grande menzogna. Bisogna avere il coraggio di chiamare le cose con il loro nome”.
E se il finale del film è cambiato rispetto al romanzo, spiega Paolo Zucca, “non è per mancanza di coraggio. Noi non riscriviamo la storia, questa è un’ipotesi letteraria. Ci sembrava drammaturgicamente appropriato che i personaggi, alla fine, partissero insieme. Abbiamo pensato alle necessità del racconto e non a chi si offende. Questa è la nostra ipotesi e credo che i cattolici maturi la potranno apprezzare. Poi sono convinto che ci sia un po’ di resistenza (una sorta maschilismo interiorizzato dalle donne) di fronte all’idea di una ribellione al femminile; è un fatto che crea problemi”. Ha accettato di partecipare al film, Benedetta Porcaroli, perché ha sentito “l’urgenza di raccontare la storia. Come un bravo soldato, ho sposato la causa. Non abbiamo cercato di offendere nessuno”. Sta invecchiando, Alessandro Gassmann e la cosa non gli dispiace per niente. “Il prossimo febbraio compirò sessant’anni. Ho vissuto viaggiando, studiando e facendo errori. È arrivata l’età giusta per fare questo tipo di ruoli che mi piacciono moltissimo. Adesso che la mia fisicità cambia, le prospettive di carriera aumentano (risate in sala, ndr)“. Quando Maria gli annuncia il figlio in arrivo, la sua reazione al miracolo è molto umana.
“Si incazza, la sua reazione è terrena. Si comporta come farebbe ciascuno di noi. La conoscenza lo aiuta in questo percorso di responsabilità. Maria gli ha riacceso la vita, ridandogli la voglia di insegnare e viaggiare”. Non è il caso di parlare di pinkwashing, della rilettura femminista superficiale, forzata ruffianamente sul film per accattivare il pubblico puntando su un discorso molto in voga di questi tempi. L’ambizione di Paolo Zucca è diversa; tutta questione di integrità artistica e sguardo lungo. “Quando Barbara mi ha fatto leggere il libro ho pensato a un film capace di stare in piedi anche tra venti, trent’anni. L’ultimo dei miei pensieri era essere di moda. Mi sono occupato della drammaturgia”. A un certo punto, per esempio, “c’era questa scena, che poi ho tagliato, in cui Maria viene picchiata da uno dei genitori, mentre l’altro la copre di sputi. Barbara mi ha consigliato di farne a meno perché altrimenti sarebbe sembrato che Maria si ribellava per sfuggire a un contesto domestico problematico. E invece la sua molla è la sete di conoscenza, le storie dei profeti”.
L’elemento decisivo di Vangelo secondo Maria, oltre le sterili polemiche e le mode passeggere, è un altro. Ce lo ricorda Paolo Zucca e Barbara Alberti è d’accordo, ricordando che anche nei Vangeli l’aspetto sentimentale era centrale nei rapporti tra Maria e Giuseppe. “La cosa più importante” spiega il regista “è l’amore tra Giuseppe e Maria. Le scelte che abbiamo fatto rispetto al finale le abbiamo fatte consapevolmente, perché la storia chiedeva di essere portata in questo modo fino alla fine”. Chiude Barbara Alberti, riassumendo filosoficamente la postura dell’artista alle prese con la materia scottante, le aspettative del pubblico e le critiche, giuste o pretestuose. “L’arte nasce quando non te ne frega nulla di quello che pensano gli altri”.