Un Amore e Via con me. Così la canzone di Paolo Conte spiega la serie TV
Paolo Conte scrive Via con me nel 1981. Quarant'anni (e tanto successo) più tardi, la canzone diventa il perfetto sottofondo per il sentimento che lega i protagonisti di Un Amore, la serie Sky Original disponibile dal 16 febbraio 2024.
L’amore di Anna e Alessandro, i protagonisti di Un Amore – la serie Sky Original disponibile in esclusiva su Sky e in streaming su NOW dal 16 febbraio 2024 – è un’esperienza totale. Sarebbe a dire che l’idea della serie è di coglierne l’essenza da ogni angolazione. C’è la dialettica tra passato e presente (di qui il doppio cast, Beatrice Fiorentini/Micaela Ramazzotti e Luca Santoro/Stefano Accorsi), la vacanza (Spagna) e l’ordinaria amministrazione (Bologna), il rapporto tra i protagonisti e la loro vita ufficiale, il mare di lettere che si scrivono e i silenzi, la delicatezza delle parole e il sesso, le mille possibilità alternative e la vita com’è. Poi c’è la musica, la comunicazione non verbale – meglio, non solo verbale – che porta i protagonisti a un livello di verità sentimentale più profondo. Ogni amore ha la sua colonna sonora. Quella di Anna e Alessandro, ci racconta Un Amore (qui la recensione), ha un nome e cognome: Paolo Conte. E un titolo, Via con me.
L’enorme successo di un cantautore fuori dagli schemi
È la canzone di Anna. La accenna in treno ad Alessandro la prima volta che si incontrano, in Spagna, verso la fine degli anni ’90. E rimane la loro canzone, sempre, nonostante le distanze che si impongono e che la vita impone loro. Scelta insolita, per una ragazza poco più che maggiorenne. Avrebbe potuto innamorarsi di un successo, estemporaneo ma onnipresente, pescato casualmente nel calderone delle hit di quegli anni lì e invece no. Via con me è il pezzo più celebrato dell’album più celebrato di Paolo Conte. Si chiama Paris Milonga, è del 1981 ed è distante una quindicina d’anni dal momento in cui Anna, con un guizzo rétro, se ne appropria. Verso la fine del decennio (e del secolo e del millennio), la sua è già una storia di successo internazionale. Imitata, usata, abusata, rievocata, celebrata. Comincia Roberto Benigni con una cover nel 1983 per il suo film Tu mi turbi. Perfeziona – ma è solo uno dei tanti casi – Lawrence Kasdan nel 1995 con il suo French Kiss, protagonista Meg Ryan. Quante volte ancora capiterà di ascoltare una canzone italiana, pressoché nella sua interezza, in un film americano?
Ironico è che il pezzo e il suo successo, l’incredibile impatto sulla cultura popolare, portano alle stelle la carriera di un cantautore schivo e (felicemente) riluttante, quando si tratta di stare al gioco del successo e della sensibilità mainstream. Paolo Conte nasce ad Asti nel 1937 e cresce in un ambiente musicalmente molto aperto, in un equilibrio sottile e provvidenziale tra sonorità alte e popolari (per quello che vale questo tipo di distinzione). Laureato in giurisprudenza – l’avvocato Paolo Conte ed è così che tutti lo conoscono – e fino al 1981, fino a Paris Milonga, è l’uomo che scrive successi, soprattutto per gli altri. Azzurro, nella rilettura popolarissima di Adriano Celentano, è il caso più emblematico ed è la canzone che più di ogni altra definirà la carriera del cantautore astigiano, proprio insieme a Via con me.
Se diamo retta al verbo critico, al parere degli esperti, Paris Milonga è l’album che apre la musica di Paolo Conte a sensibilità e suggestioni che oltrepassano il perimetro abituale delle influenze – sarebbe a dire il Piemonte delle origini e l’Italia tutta – per andare oltre. E quest’oltre è la Francia e l’America Latina, sul fondo di jazz, cabaret, swing e vaudeville, l’eleganza disincantata di un suono moderno per fluidità e trasversalità. Paris Milonga è l’album che cambia la carriera di Paolo Conte esattamente perché è l’album che contiene Via con me. È il pezzo – della durata di 2 minuti e 45 secondi appena – a trainarlo e non il contrario. La canzone spiega e illustra l’album, il bisogno di libertà e la voglia di emanciparsi dalle convenzioni. In questo senso, è la canzone perfetta per raccontare Anna e Alessandro. E il loro amore.
Un pezzo classico, per spiegare l’amore (e Un Amore) da ogni prospettiva
La classicità di Via con me è questione di grazia compositiva, di qualità intrinseche del pezzo. Ma anche e soprattutto di libertà, libertà totale, nei confronti delle mode, dei preconcetti e del tempo. Un classico anche perché, partendo dall’intreccio di generi che ne colora l’impasto, non appartiene in via esclusiva a nessuna epoca. E quindi va bene per tutte. Naturale che Anna, la protagonista femminile di Un Amore, ne sia particolarmente attratta, nonostante il gap anagrafico che la separa, non solo dalla canzone, ma anche, soprattutto, dal suo autore. Nascosta nel testo, c’è la promessa più seducente per una coppia di giovani amanti: la libertà.
Parte swing e parte jazz, Via con me è un invito a camminare insieme, liberandosi dei pesi superflui; cristallizzazione in musica del sogno definitivo, la fuga d’amore. Anna e Alessandro si incontrano per caso su un treno in Spagna e nell’apertura alla vita, nella disponibilità del pezzo, c’è la parte migliore del loro rapporto: l’aver trovato nell’altro/a un partner per la vita. Ma Un Amore non si limita a giocare con la canzone, la manipola con intelligenza, portandone il senso alle estreme conseguenze. Accettandolo e insieme rovesciandolo. Anna e Alessandro condividono una vicinanza che è solo spirituale; fisicamente sono lontani. Una non storia d’amore, la loro, che è anche la più classica (ancora una volta, l’aggettivo) delle storie d’amore. Via con me è fotografia in suoni e parole dell’amore totale che la serie insegue con tanta ostinazione: la promessa e la realtà, la strada da fare insieme e la lontananza, la fuga verso la libertà e le responsabilità da cui non si può e non si vuole evadere. La realtà del sentimento e le sue promesse, intrecciate in maniera problematica, ma vitale.