Aspromonte – La terra degli ultimi: il regista parla del film con Marcello Fonte e il resto del cast
I produttori, il regista e il cast ci svelano qualche dettaglio su Aspromonte - La terra degli ultimi.
Aspromonte – La terra degli ultimi, tratto dal libro Via dall’Aspromonte di Pietro Criaco, è l’ultima fatica del regista Mimmo Calopresti, che ne ha anche curato la scrittura insieme a Monica Zapelli, già autrice de I cento passi, con la collaborazione di Fulvio Lucisano.
La pellicola è una produzione Italian International Film (la società di Lucisano Media Group) in collaborazione con Rai Cinema, prodotto e Fulvio e Federica Lucisano, con il contributo di Regione Calabria.
Aspromonte – La terra degli ultimi vanta un cast composto da Marcello Fonte, Valeria Bruni Tedeschi, Francesco Colella, Marco Leonardi e Francesco Rubini, che insieme al regista e il produttore Fulvio Lucisano e Rai Cinema hanno svelato qualche dettaglio sul film, al cinema dal 21 novembre 2019.
Mimmo Colapreti ha raccontato alla stampa la nascita del film e la collaborazione con Fulvio Lucisano: “Sono partito dalla lettura del libro di Pietro Criaco, di cui mi ha colpito, oltre alla tematica e alla realtà raccontata, soprattutto il fatto che ci fosse una storia al suo interno, un cuore che poteva essere raccontato, e andai da Fulvio proprio per questo. Così cominciammo a scavare, noi due insieme a Monica, e, man mano che si andava componendo il cast e che iniziava il lavoro sul set, questa storia ha preso vita, rivelandosi anche di grande attualità. Un’attualità che ci ha messo di fronte agli “ultimi” del titolo, quelli che vivono anche nella società contemporanea, costretti a scegliere tra i propri sogni e il sostentamento personale e familiare. Senza possibilità di vincere. Quando un film è vivo, prende forma durante i giorni di lavoro sul set, grazie alla passione di tutti, anche, in questo caso, delle tante comparse che, con grandissimo entusiasmo, ci hanno aiutati”.
Fulvio Lucisano è anche protagonista a sorpresa di una sequenza importante del film, sulla quale si è così espresso: “In realtà io non avevo assolutamente intenzione di comparire nella pellicola: non ci penso minimamente a far l’attore. È il regista che ha insistito, invitandomi ad essere protagonista di questa sequenza finale. Devo dire che sono molto contento di questo film perché mi coinvolge personalmente: mia nonna era di Santo Stefano d’Aspromonte ed è una terra che mi ha sempre attratto e in cui sono tornato e torno sempre molto volentieri”.
Scendendo nei dettagli del film e in particolare nella scena poetica dell’assaggio della caramella e quella in cui è custodita la battuta finale sulla necessità di sognare, il regista spiega: “Vorrei partire da questa ultima parte, ribadendo non solo l’importanza di sognare, di poter sognare, sia da parte degli ultimi che dei primi, ma soprattutto di credere che i nostri sogni siano realizzabili. Infine la scena della caramella è stata ripresa da un reportage degli anni ’50 perché ci è sembrata allo tempo sia poetica che esemplificativa di come un mondo chiuso possa reagire ad un elemento nuovo, proveniente dall’esterno”
Sulla scena del sogno torna anche Marcello Fonte: “Sognare non costa nulla, quindi tutti possono farlo, anche gli ultimi. Permette a chiunque di viaggiare e serve a dare vita alle azioni e alle passioni delle persone.”
Interrogato sulla terminologia del film Mimmo Calopresti ha raccontato che c’è stata una scelta precisa dei termini da usare, come “disfattismo” per esempio. “C’è stata una ricerca riguardo la terminologia di quegli anni e una parola che indicasse l’aggregazione, il “dover fare” invece di pontificare era quanto mai opportuna”.
È Valeria Bruni Tedeschi a cominciare il giro degli interventi del cast , parlando del suo misterioso personaggio: “Ho lavorato molto su questa parte segreta del personaggio: la sua solitudine e la sua tristezza, e penso che un po’ tutti noi, quando siamo infelici, possiamo trovare conforto nell’atto, anche egoistico nelle intenzioni, di dare. Io mi riconosco molto in questo e così ho cercato di capire e di empatizzare con il mio personaggio, che decide di occuparsi degli altri per uscire dall’angoscia e dalla solitudine. In più, ho trovato una grande familiarità con il suo lavoro, quello di insegnante, perché è il primo a cui mi sono dedicata in maniera molto seria, sia con le bambole, ma anche con mia sorella, che a 3 anni sapeva infatti già leggere e scrivere. Nelle scene nella classe rivedevo la mia infanzia e questo mi ha molto commossa. In più ho trovato molto bello interpretare un personaggio con una missione così importante come quella di liberare gli altri attraverso l’insegnamento”.
Dopo di lei arriva il turno del coprotagonista Marcello Fonte: ” Ciccio Italia è una figura legata al passato di Mimmo, che veniva chiamato, appunto, Poeta. E io dalla sua descrizione sono partito, seguendo un po’ l’idea di dover interpretare una figura vicina allo scemo del villaggio e poi da lì mi sono evoluto. In questo ruolo ho cercato di restituire la verità e la sincerità del mio personaggio, che, come un ubriaco, dice solo quello che pensa, risvegliando le coscienze di chi gli sta intorno e dicendo alle persone cose che neanche loro vorrebbero sentirsi dire. Lui è il custode dei libri, colui che ambisce alla libertà attraverso la cultura e la conoscenza di sé e di quello che lo circonda.”
Sottolineando il grande feeling sullo schermo tra il personaggi di Fonte e della Tedeschi, viene chiesto a Calopresti se dei tagli avessero impedito loro di consumare al meglio il loro rapporto, il quale risponde così: “C’è una versione di due ore e venti della pellicola, che abbiamo deciso coscientemente di tagliare per avere un montaggio più breve, ma, nonostante questo, la storia è rimasta intatta nella sua prima forma, così come la avevamo concepita. Stessa sorte riservata alle scene con i due personaggi: volevamo il loro rapporto in un determinato modo e così è rimasto. Era chiaro per noi come i due fossero legati da un’innocenza e da una ricchezza da donare agli altri: per la maestra la cultura, per lui un nuovo modo di vedere le cose, staccato dalla visione comunitaria dedita solo al lavoro e la sopravvivenza. Loro sono forse i veri “ultimi” di cui parla il film: una donna colta, laureata, inserita in un contesto sociale più ricco, che decide di abbandonare per cercare la felicità tra chi è ai margini del mondo e un uomo che coscientemente rimane in quel luogo, nonostante abbia una visione più ampia, un respiro che va più lontano dell’orizzonte delle persone tra cui vive.”
Valeria Bruni Tedeschi e Marcello Fonte nel cast di Aspromonte – La terra degli ultimi
Riprendono gli interventi del cast con l’intervento un visibilmente trasportato Francesco Colella: “Io voglio dire una cosa, abbattendo qualsiasi galateo e sò che quello che dirò può passare come un messaggio promozionale, ma io sono innamorato di questo film. Mimmo ha avuto il coraggio dei poeti nello scriverlo perché ha lottato senza seduzioni e senza scorciatoie per raggiungere l’innocenza e la semplicità, quelle che sono del pane, ma di un pane fatto con un lievito madre antichissimo che è la Calabria. Descrivendo una comunità bellissima perché, seppur poverissima, è capace di vivere con una dignità enorme la sua condizione. Il loro tentativo di risollevarsi è un’utopia, incarnata dalla strada che faticosamente costruisce. Oggi certe condizioni di miseria e disperazione sono viste come maleodoranti dalla nostra “evoluta” società, si preferisce non guardare, far finta di niente e ad ignorare i sentimenti, ecco, questo film è bellissimo perché insegna ad apprendere i sentimenti.
A lui fa seguito Marco Leonardi, che, riprendendo le tematiche affrontate dai colleghi, così si è espresso: “Intanto, legandomi alla domanda precedente, volevo dire che io sono cresciuto con le favole e continuo ad amarle ed ogni favola vive dei suoi personaggi, ognuno con la sua particolarità. Il mio personaggio, Spaccapietre, è un uomo silenzioso, molto attento, capace di percepire ciò che succede intorno a lui. Se dovessi metterlo in un campo di calcio per me lui sarebbe l’uomo-assist, colui che dà l’input, che fa riflettere lo spettatore sulle tematiche portanti del film. Apro e chiudo parentesi: ho amato la scena della caramella, metafora di una beffa del mondo esterno, che tanto ti dà e tanto ti toglie. Questo film l’ho sentito molto mio perché parla della Calabria, che è la mia Calabria.”
A chiudere il cerchio degli interventi del cast ci ha pensato Sergio Rubini: “Questo film è molto attuale perché manda un messaggio riguardo la necessità e la scelta di costruire una strada verso l’esterno, totalmente in controtendenza con il mondo in cui viviamo oggi, dove ci si preoccupa di erigere muri e di chiudersi in se stessi. Il mio personaggio mi piace perché mi permette di fare cose che non so fare: io non ho le palle di fare il cattivo nella vita. Il mestiere dell’attore in questo senso è compensatorio, ti permette di pensare e fare delle cose che non saresti mai in grado di fare senza esso, un po’ come la psicanalisi, e, in questo senso, aiuta a vivere. Per il resto, beh, sono morto tra le braccia della Gregoraci, quindi sono “morto bene”. A parte gli scherzi, spero che il film trovi una sua strada perché se lo merita. Voglio infine aggiungere solo una cosa: trovo meraviglioso che Lucisano, un pezzo di storia del cinema italiano nel momento migliore della sua carriera, abbia deciso di investire in un racconto che lo riguarda personalmente. Quando un grande produttore, un grande distributore, decide di raccontarsi attraverso un film è sempre bellissimo.”
Un pensiero da Elisabetta Gregoraci: “Mia madre è siciliana, ma io sono nata e cresciuta in Calabria e, com’è stato per Valeria, anche per me girare questo film è stato un po’ come tornare indietro nel tempo. Specialmente nella scena in cui si vede il mio personaggio lavare i panni al fiume, cosa che facevo spesso insieme a mia nonna quando ero piccola. Il mio personaggio è una donna forte, che sceglie un uomo e, anche dopo la sua morte, gli rimane fedele contro tutto e tutti. E’ stato bello interpretarlo e far parte di questo film.”