EXCL Sognare è vivere: il significato della parola tenebre nella clip del film di e con Natalie Portman
"Mio padre diceva che la parola ebraica per mancanza di figli è legata alla parola che significa tenebre e la parola che significa tenebre è legata alla parola che significa dimenticare [...]"
Svelata in esclusiva su Cinematographe una clip tratta da Sognare è vivere, il film diretto e interpretato dalla bellissima e bravissima Natalie Portman e basato sul romanzo di Amos Oz, Una storia di amore e di tenebra.
Nella clip esclusiva che potete vedere di seguito insieme al trailer siamo tra le strade di Gerusalemme, nel periodo che precede la nascita dello Stato di Israele. Quello che ci viene narrato altro non è che il racconto abbastanza personale dell’autore, appartenetene a una delle tante famiglie ebree fuggite dall’Europa tra il 1930 e il 1940 per evitare le persecuzioni.
In questa clip esclusiva di Sognare è vivere una frase in particolare ci fa riflettere e tocca le corde dell’intelletto:
“Mio padre diceva che la parola ebraica per mancanza di figli è legata alla parola che significa tenebre e la parola che significa tenebre è legata alla parola che significa dimenticare […]”
Sognare è Vivere, presentato Fuori Concorso a Cannes 2016 col titolo A Tale of Love and Darkness, è in uscita nelle sale cinematografiche italiane il prossimo 8 giugno 2017.
Fanno parte del cast, oltre a Natalie Portman nei panni di Fania Klausner, Gilad Kahana in Arieh Klausner, Amir Tessler in Amos Klausner, Ohad Knoller in Israel Zarchi, Makram Khoury in Halawani, Shira Haas in Fania Mussman.
Sognare è Vivere TRAMA
Sognare è Vivere è basato sui ricordi di Amos Oz, cresciuto a Gerusalemme negli anni precedenti alla nascita dello Stato di Israele con i suoi genitori: il padre Arieh, studioso e intellettuale e la madre Fania, sognatrice e poetica. La sua è una delle tante famiglie ebree scappate dall’Europa in Palestina tra il 1930 e il 1940 per sfuggire alle persecuzioni. Il padre Arieh è cautamente ottimista nei confronti del futuro.
Fania invece vuole molto di più. Dopo la paura della guerra e della fuga, la noia della quotidianità opprime il suo animo. Infelice della vita matrimoniale e intellettualmente soffocata, per rallegrare le sue giornate e divertire suo figlio Amos di dieci anni, Fania inventa storie di avventure e di viaggi nel deserto. Amos è completamente affascinato quando sua madre gli legge poesie, gli spiega le parole e la lingua in un modo che avrebbe poi influenzato la sua scrittura e la sua stessa vita.
Quando l’indipendenza non porta il rinnovato senso della vita che Fania aveva sperato, la donna scivola nella solitudine e nella depressione. Incapace di aiutarla, Amos deve imparare a dirle addio prima del tempo. Mentre assiste alla nascita di una nazione, deve cominciare ad affrontare un suo personale nuovo inizio.