Curon: la colonna sonora della serie italiana di Netflix
Non azzeccatissima la colonna sonora della serie Netflix ambientata in Trentino Alto-Adige, che finisce per distrarre più che arricchire la visione.
Tanta elettronica, qualche firma internazionale, musica classica e un paio di traditional. Si basa grossomodo su questo la musica di Curon, la serie italiana Netflix di Indiana Production uscita in catalogo lo scorso 10 giugno, che non manca di movimentare la sua colonna sonora con incursioni nel rap e nel rock, che sono però estremamente minoritarie rispetto al tema musicale dominante, tema che si inserisce spesso in modo invasivo nella narrazione con mano pesante, andando a influenzare troppo, per il modo in cui le puntate di Curon sono costruite, il sapore delle scene. Il risultato è che il commento sonoro della serie ambientata nel paesino del Trentino Alto-Adige, tanto nei suoi toni più drammatici quanto in quelli più sorridenti, finisce più per distrarre e infastidire la visione piuttosto che arricchirla.
Curon: i momenti di suspense sono per la maggior parte accompagnati da intermezzi elettronici, che vanno a sostituire i più classici sottofondi sonori cinematografici da thriller
Si parte con Zombies di Childish Gambino, il primo brano a darci il benvenuto nella colonna sonora di Curon. Il pezzo è rappresentativo di ciò che spesso avviene, a livello musicale, all’interno della serie: dopo una scena marcatamente drammatica attacca una canzone di tenore opposto, come ad accompagnare, in maniera un po’ forzata, lo spettatore fuori dalle tenebre. Fa esattamente questo il pezzo del rapper e attore statunitense, al secolo Donald Glover, quando scorre lungo la strada buia che Anna, protagonista del format, e i ragazzi stanno percorrendo a qualche minuto dall’inizio della serie diretta da Fabio Mollo e Lyda Patitucci. Al contrario, i momenti di suspense sono per la maggior parte accompagnati da intermezzi elettronici, che vanno a sostituire – ma non sempre – i più classici sottofondi sonori cinematografici da thriller: è il sequencer che detta i tempi dei passaggi marcatamente horror o emotivamente intesi di Curon.
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Con brani come Deep Impact di Yellow Days, Field of Vision di Richard Charnock, My Empire dei Fischerspooner e Moon (And it Went Like) dei Kid Francescoli il mondo dell’elettronica ha dunque grande spazio nella serie e non mancano le occasioni in cui Daria e Mauro, i ragazzini al centro di Curon, e i loro compagni si divertono – o ci provano, considerando il lugubre contesto, fitto di misteri, nel quale si trovano immersi – sulle sue note.
Non rap, rock o elettronica: i pezzi più in linea con le atmosfere della serie tv finiscono per essere i componimenti classici e i traditional
Non sempre, anzi raramente, l’accostamento è piacevole e le scelte migliori finiscono per essere probabilmente quelle che ricadono sui componimenti classici e sui traditional, più in linea con le atmosfere del paesino a pochi chilometri dal confine austriaco. Fanno la loro figura, ad esempio, la marcia funebre del 1900 L’Etoile de Mer di Teho Teardo, Mozart, Rossini, ma anche Scarborough Fair – noto ai più per l’interpretazione del 1966 di Simon & Garfunkel – nella versione del Music Lab Collective e l’early country di Run On, materiale sicuramente più azzeccato di pezzi come PAZZESKA di Myss Keta e Gué Pequeno o del rap di Paul Money e Yvng CSR con Serpe.
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A metà strada tra questi due opposti si collocano invece pezzi come Nothing’s Going to Keep Me Down del giovanissimo Yellow Days, con le sue ascendenze soul, il basso incalzante del post punk di un brano come Life in Monochrome o anche Machine Gun dei Portishead. Non fosse per gli stacchi davvero troppo improvvisi – su tutti, il momento in cui i ragazzi, accompagnati da Anna, conoscono Albert, è forse il più rappresentativo – queste scelte sonore avrebbero potuto dare anche di più.