Snowpiercer: recensione della serie tv di Netflix

Prima del grande successo internazionale di Parasite (recensione QUI) con il trionfo alla notte degli Oscar, Bong Joon-ho si era fatto conoscere da un pubblico più ampio di quello orientale e del mondo cinefilo per Snowpiercer, il suo film del 2013 tratto dalla graphic novel francese Le Transperneige. Un film che come Parasite mette al centro il dualismo tra ricchi e poveri e la lotta di classe nella società, con molti rimandi alle problematiche del mondo odierno, nonostante l’ambientazione portata in un futuro distopico. Da qui nasce l’idea – con un percorso realizzativo particolarmente travagliato – di trasporre il film in un format seriale, facendolo approdare negli Usa sulla TNT e al di fuori sulla piattaforma Netflix.

Gli showrunner della serie tv di Snowpiercer sono il co-creatore di Orphan Black Graeme Manson e Josh Friedmann, sceneggiatore de La guerra dei mondi e Black Dahlia e del futuro sequel di Avatar. Al posto di Chris Evans e Tilda Swinton, protagonisti del film, nella serie troviamo Daveed Diggs e Jennifer Connelly, mentre Bong Joon-ho figura come produttore esecutivo.

Snowpiercer  riporta la storia all’interno del treno diviso in classi che viaggia incessantemente in un mondo post-apocalittico, ma incentra i suoi primi episodi sull’indagine in merito ad un efferato omicidio

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Seguendo la stessa premessa del film e della graphic novel, Snowpiercer racconta le conseguenze di un disastro ambientale che ha spazzato via la maggior parte dell’umanità dopo che un esperimento scientifico, volto a salvare il pianeta dal riscaldamento globale, è finito male portando la Terra ad una temperatura di oltre centro gradi sotto lo zero. La serie è ambientata sette anni dopo il disastro, mostrando i sopravvissuti che vivono all’interno di un treno composto da 1001 vagoni, dove si è formata una rigida società classista, che ha fortemente amplificato le differenze tra ricchi e poveri. Nei primi episodi ci viene presentato Andre Layton, un ex detective che vive nel Fondo del treno, popolato da coloro che non avevano un biglietto nel momento della catastrofe ma che sono riusciti a salire clandestinamente. Questi versano in condizioni di estrema povertà, esclusi dal resto del convoglio, diviso in Prima, Seconda e Terza Classe.  Layton, mentre sembra pronto ad avviare una rivoluzione assieme ai suoi compagni, viene convocato da Melanie Cavill – rappresentante della prima classe e gestrice per conto del misterioso Mr. Wilford  dell’organizzazione del treno – con la richiesta di usare le sue abilità investigative per aiutare a risolvere un omicidio avvenuto in terza classe, occasione che lo porterà alla scoperta delle altre classi del convoglio.

Snowpiercer  costruisce una crime story con alle spalle la rigida divisione in classi che caratterizza il mondo in cui la serie è ambientata

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Nelle battute iniziali all’interno dei vagoni del Fondo si respira la medesima sensazione claustrofobica del film, con la contrapposizione all’agio ostentato e borioso della prima classe e le diverse sfumature delle zone intermedie. Partendo da un impianto similare al lavoro del 2013, la serie prende però una direzione diversa che contiene pregi e difetti. Da un lato la scelta di non ricalcare pedissequamente la storia del film permette di esplorare nuovi terreni più consoni ad un prodotto seriale, dall’altro lo scivolamento – almeno per quanto riguarda questa prima metà della stagione – in un ambito fortemente poliziesco non convince pienamente. La serialità potenzialmente agevola la possibilità di approfondire le dinamiche delle varie classi,  ed in effetti c’è uno spazio maggiore per addentrarsi più compiutamente nelle strutture e nelle caratteristiche dei vagoni, così come l’indagine sull’omicidio consente di porre lo sguardo all’interno dei diversi strati sociali che compongono il treno. Tuttavia la volontà di puntare sull’aspetto crime della storia trasforma Snowpiercer in una sorta di poliziesco sui generis, dove vengono sacrificate le logiche sociali e gli aspetti legati alla lotta di classe. Un escamotage che porta ad un intreccio sufficientemente coinvolgente e funzionale alla logica di sviluppo della serie, ma che manca in parte di pathos e che non risulta sempre brillante.

La prima parte della serie non sviluppa ancora completamente i personaggi, ma emerge l’ottima interpretazione di Jennifer Connelly e la buona definizione della sua Melanie Cavill

Non troviamo quella frenesia senza respiro che nel film caratterizza l’incessante avanzata alla scoperta degli strati componenti il treno, un elemento comprensibile alla luce di un prodotto seriale dove il meccanismo narrativo procede ad una costruzione per step. Il limite sta invece nell’aver sacrificato troppo l’anima socio-politica che dovrebbe costituire l’essenza di Snowpiercer, semplificandola e lasciandola eccessivamente sullo sfondo rispetto alla vicenda investigativa principale. I personaggi non hanno ancora un costruzione complessa che permetta di legarsi a loro, ad eccezione della Melanie di Jennifer Connelly. Questa è infatti definita con una caratterizzazione sfaccettata e carismatica pienamente riuscita, complice anche l’ottima interpretazione dell’attrice che surclassa il resto del cast, al contrario non del tutto convincente. Gli altri personaggi che compongono il variegato mondo dello Snowpiercer sono per ora troppo abbozzati, nonostante le possibilità che il format seriale consente.

Un approfondimento risulta quindi necessario, a partire dal protagonista Layton, figura promettente ma non ancora sfruttata completamente. Emerge invece una buona resa degli aspetti tecnici – salvo qualche immagine del mondo esterno realizzata con una CGI un po’ spicciola – dove la regia si dimostra funzionale all’immersione del mondo rappresentato e soprattutto le scenografie si fanno notare per qualità e cura nel delineare i diversi ambienti, sostenute inoltre da una pregevole fotografia.

Snowpiercer  nella prima metà di stagione si dimostra un buon prodotto d’intrattenimento che però sacrifica l’aspetto sociale in favore del lato investigativo

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La serie in questa sua prima metà si rivela un buon prodotto d’intrattenimento, che cerca di trovare una sua strada rispetto al film del 2013 ma che per il momento non riesce ancora ad incidere pienamente, in primis sul lato sociale e psicologico. Viene infatti eccessivamente sacrificata la fantascienza distopica per concentrarsi sull’aspetto poliziesco, sacrificando così il giusto approfondimento sui meccanismi e i ruoli interni delle classi e sulle dinamiche che intercorrono tra le varie componenti che popolano i vagoni del treno. Ciò nonostante la premessa ha un potenziale interessante, che può essere sviluppato a dovere nella seconda metà della stagione, qualora si decida di addentrarsi adeguatamente nella lotta di classe e nelle cospirazioni finora solo accennate. Un risultato dunque per il momento interlocutorio, la cui riuscita finale dipenderà molto dalla direzione che deciderà di intraprendere nei prossimi episodi. Con l’auspicio di una definizione completa delle caratteristiche e logiche umane che animano lo Snowpiercer, ribaltando le proporzioni con la crime story dal momento che questa potrebbe essersi già sufficientemente esaurita.

I primi due episodi di Snowpiercer saranno disponibili su Netflix da lunedì 25 maggio, mentre il resto della stagione verrà rilasciato successivamente con un episodio a settimana.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.3

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