Vinyl: considerazioni finali post stagione
Vi siete sentiti meno rock ‘n roll questa settimana? Si? E sapete perché? Perché è finito Vinyl, una tra le serie meglio riuscite in casa HBO. Per chi ancora non lo sapesse, Vinyl è stata la serie evento HBO prodotta da Martin Scorsese e Mick Jagger. A capo del progetto uno sceneggiatore di tutto rispetto, cioè Terence Winter, già collaboratore di Scorsese con la serie Boardwalk Empire e la pellicola The Wolf of Wall Street con Leonardo Di Caprio. Ci siamo lasciati due mesi fa con l’entusiasmo e l’adrenalina a mille, subito dopo la visione del pilot. Ma le premesse del lunghissimo, e perfetto, episodio pilota, avranno soddisfatto le aspettative?
Prima di rispondere a questa domanda, vediamo brevemente di cosa parla Vinyl.
Ambientato tra gli anni sessanta e settanta, Vinyl gira attorno al mercato discografico e la politica, quella sporca a ritmo di sesso, droga e puro rock, che governa nelle case discografiche.
Vinyl è un concentrato di energia, musica e qualità. Non delude le aspettative!
Focus particolare è sull’American Century Records, fondata dal talentuoso produttore Richie Finestra (Bobby Canavale). Richie però, oltre ad avere un orecchio sopraffino, capace di scovare qualsiasi artista, non riesce a stare per troppo tempo fuori dai guai. Presto droga, debiti, fantasmi del passato e un presente scosso da un terribile, e quasi accidentale, tragico incidente, lo metteranno a dura prova. Molti sono i personaggi che affiancano Richie in questa vicenda, dalla bellissima moglie Devon (Olivia Wilde) – ex attrice modella della factory di Andy Warhol – al socio Zak Yankovich (Ray Romano), fino ad arrivare all’aspirante, e scatenata, agente discografica Jamie Vine (Juno Temple) e la sua recente scoperta, l’inglese Kip Stevens (James Jagger).
I semi lanciati dal pilot vengono perfettamente raccolti nello scorrere dei nove episodi seguenti, lasciando anche modo di intendere un felice proseguimento nella confermata seconda stagione. Non tutti i nodi, infatti, vengono al pettine; un leggero senso di insoddisfazione l’ultimo episodio lo da, ma senza quella tipica pesantezza di quando gli avvenimenti non sono stati narrati nel verso giusto. Inevitabile non ammettere è la netta differenza, a livello tecnico, che c’è tra il primo episodio e gli altri. La regia di Scorsese è un marchio di fabbrica, e l’azione ne risente non poco, senza però perdere quella sua qualità che, per fortuna, contraddistingue tutta la serie. Ogni episodio è costellato da molteplici omaggi. Alcuni unici, come per esempio la bellissima puntata dedica a David Bowie con una cover di Life on Mars da mettere brividi, altri invece si intervallano nello stesso episodio.
La musica è un personaggio perennemente presente ma, al tempo stesso, non invasivo. Diventa flusso di coscienza o rappresentazione sonora dei sentimenti dei personaggi o delle situazioni entro le quali si muovono. Nelle scene troppo drammatiche, si è trovato il giusto escamotage per alleggerirle, senza far perdere loro una certa solennità, attraverso l’inserimento di un omaggio con la rappresentazione scenica del cantante in questione, senza però allontanarsi da quella stessa scena. La musica è, ormai lo abbiamo assodato, protagonista indiscussa. Fulcro di bene e male al tempo stesso.
Sebbene alcuni episodi non sempre spicchino per dinamismo, dando spazio a dialoghi molto verbosi, le differenti linee di trama vengono sviluppate nel modo giusto. Come già detto prima, in sospeso viene lasciato davvero molto poco, se non quel tanto che basta per fidelizzare il rapporto con lo spettatore. Del resto Vinyl parla proprio di dipendenza. C’era da aspettarselo che l’effetto collaterale che avrebbe potuto provocare nello spettatore, sarebbe proprio stato renderlo schiavo delle sue immagini, dei suoi personaggi, della meravigliosa musica che non lascia un attimo di tregua.
A mandare soprattutto avanti la storia è Richie, sul quale ci si concentra anche di più per lo sviluppo del suo personaggio. Non a caso, è proprio su Richie che rimangono in sospese alcune questioni, pur riuscendo a chiudere l’episodio con armonia e senza forzature. Non si ha la sensazione che si stia tagliando bruscamente qualcosa. In un modo o nell’altro, tutto è più o meno rientrato al suo posto. La recitazione degli attori, primi fra tutti Bobby Canavale, è straordinaria. Tutti perfettamente immersi nel loro personaggio. Dalle movenze alle parole, ogni loro mossa è altamente credibile. Siamo con Canavale per tutti e dieci gli episodi. Incredibile e realistico. Sofferente, drammatico e folle al punto giusto da farsi odiare e amare al tempo stesso. Nota di merito anche per il giovanissimo James Jagger. Un prova da vero professionista, riuscendo a essere molto efficace soprattutto nelle esibizioni. Del resto, con un cognome del genere, ci si sarebbe stupiti del contrario.
Molto brava anche Juno Temple, sensuale e spigliata. Un po’ groupie e un po’ donna di successo. La parte le sta a pennello, facendo emergere ancora di più i lati infantili e non ancora pronti, per quel mondo, del suo personaggio. Viene, invece, un po’ dimenticata nel corso degli episodi Olivia Wilde, interprete della bellissima e carismatica Devon. Soprattutto sul finale, quando questo personaggio avrebbe potuto aver molto più spessore, non viene sfruttata al meglio, lasciando un po’ tutta la relazione tra i due al caso.
La fotografia è sempre ben studiata, evocativa e simbolica. Un gioco di luci perfettamente bilanciato su ogni sequenza, su ogni differente mood di episodio. Vinyl è un prodotto altamente confezionato con cura. Al suo interno ruggiscono feroci le tematiche più esplicite ed estreme che ormai sono diventate un marchio di fabbrica per HBO. Ed è proprio questo che ci piace vedere. Una serie che non ha paura di raccontare un periodo storico con violenza, andando a scavare nel suo animo più grezzo e rude, quello più sporco e seducente. Vinyl è come un disco di buon annata, un evergreen intramontabile. Anche quando ti ha stancato non puoi fare a meno di ascoltarlo, perché la sua perfezione risiede proprio in quei dettagli resi ancora più spigolosi dal tempo.
Vintage ma sofisticato, osceno ma non volgare, profondo e doloroso. Un meraviglioso omaggio a un periodo storico e musicale che solo uomini come Scorsese e Jagger, in modi assolutamente opposti, hanno vissuto da vicino, a volte osservandolo semplicemente, altre vivendolo e costruendolo. Se ancora non l’avete vista, il consiglio è quello di dedicarvi una bella giornata in compagnia di Vinyl. E incrociamo le dita per la seconda stagione!