Gomorra – Il ritorno della serie

Dopo lo straordinario successo della serie “Gomorra”, venduta in 50 paesi, sta per tornare la seconda serie con nuovi personaggi e nuove location. Il regista Stefano Sollima questa volta punta in alto, mirando ad una competizione con altri telefilm esteri, magari americani. La ricetta vincente è sempre la stessa: raccontare storie nostre italiane; raccontarle attraverso il genere rivisitato e corretto grazie ai mezzi di oggi e soprattutto non barando. La realtà è più potente di qualsiasi romanzo. Basta fotografarla così com’è per realizzare un prodotto spettacolare. A farla da padrone saranno ancora Scampia e la Terra dei Fuochi, sulle quali c’è ancora molto da dire, con un occhio critico però a nuove location che con i loro paesaggi forti daranno un’impronta cruda e vera di quello che è lo spaccato di vita di questa terra. I luoghi, secondo il regista e secondo Saviano, sono importanti per rendere l’idea di un mondo sconosciuto, lontano eppure vicinissimo.

Gomorra

Una scena della nuova serie

Un mondo insomma, che entra prepotente nella serie. Con la prima serie Sollima e Saviano, che lavorano in tandem, hanno far voluto conoscere al loro pubblico: i quartieri, le persone, i pensieri e la mentalità di posti come Scampia, Casoria e Fuorigrotta, troppo spesso dimenticati dal nostro Paese; ma siccome c’è ancora molto da dire hanno deciso di proporre un secondo capitolo più reale e cruento del primo. Per quanto riguarda qualche anticipazione su questa seconda serie, possiamo svelare con certezza che si tratterà di 12 puntate. L’incertezza invece cade sulla loro messa in onda da Sky, che ha portato il made in Italy nel mondo con grande successo, si pensa però al 2015. La critica più diffusa a Gomorra è l’assenza di “buoni”. Infatti è un serie in cui manca completamente la figura del buono: non ci sono poliziotti, non c’è il cattivo che si redime, non c’è nemmeno il cattivo un po’ meno cattivo. Saviano risponde a questa critica spiegando che la sfida era raccontare il male dal suo interno. “Non volevamo raccontare la camorra al mondo, ma al contrario raccontare il mondo attraverso la camorra”. Lo spettatore, in maniera simbolica, non doveva avere tregua, come no  ha tregua chi vive nei territori di guerra. Quindi nessuna via di fuga narrativa, nessuna quota di bontà pari a quella della cattiveria.